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Registi che contano nr. 17 - David Cronenberg: la filmografia, il talento e le ossessioni di un regista di culto.
di alan smithee
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David Cronenberg

A History of Violence (2005): David Cronenberg

Cronenberg: un nome che si traduce in passione, che, a sua volta, si tramuta in ossessione nei riguardi della mutazione della carne in un congegno meccanico, così come della pandemia virulenta che attacca e trasforma le sue vittime in altre creature spesso più aggressive, voraci e fuori controllo.

La notizia, approdata alla vigilia del 75° Festival di Cannes - che ha accolto in Concorso l’ultima, attesissima fatica dell’amato, anzi venerato maestro della mutazione dei corpi, ovvero il controverso e magnifico Crime of the future - che informa  come David Cronenberg sia già al lavoro sul suo prossimo progetto dal titolo Shrouds, ha suscitato entusiasmi incondizionati, tanta era l’attesa che ultimamente il gran regista era solito lasciare, non certo a causa sua, tra una sua fatica e la successiva.

Il fatto poi che la nuova opera del cineasta di Scanners, La mosca, Inseparabili e Crash si intitolCrimes of the future, ovvero allo stesso modo di uno dei suoi primi film di genere datato 1970, e pure quello incentrato sulla trasformazione e sulle “epidermidi” in mutazione, ha innalzato subito la già febbrile aspettativa che coglie il cinefilo incallito che soggiorna (per utilizzare un’espressione molto coerente con lo stile di questo regista) in noi.

Un tema, quello del cosiddetto “body horror”, che ha caratterizzato pressoché i tre quarti della notevole carriera dell’ammirato maestro del cinema di genere canadese, introducendo noi spettatori in un mondo che contiene le ossessioni più irresistibili e mostruose, legate alla mutazione incontrollata del corpo.

“Io credo che noi pensiamo che la nostra esistenza fisica sia relativamente stabile, ma io non penso che lo sia. Il nostro corpo è come un uragano: muta costantemente, è solo un’illusione che si tratti dello stesso corpo giorno dopo giorno, ma non è mai lo stesso da un momento all’altro. Per questo la questione dell’identità diventa ancora più urgente. Avvertiamo che siamo qualcuno che continua, che ha una storia, che ha un futuro, ma non lo puoi provare. È impossibile.“

 

La mutazione di corpo, membra, epidermidi, è per Cronenberg un fenomeno che produce ibridi e specie in evoluzione, in cui la mostruosità è più legata alla novità che si materializza in quel bozzolo informe e minaccioso che anela alla perfezione della farfalla in cui esso si completerà, forse, in futuro, contribuendo a rendere perfette le generazioni che seguiranno, secondo le regole peraltro a noi ben note legate all’evoluzione della specie.

Il trailer, che è seguito alla comunicazione del nuovo Crimes of the future in Concorso al Festival di Cannes, ha subito galvanizzato il folto pubblico di fan del regista, e, pur se quasi sicuri che il film abbia solo marginalmente a che fare con il film omonimo degli esordi sopra citato, di certo contiene inquietanti immagini che ci riportano al già accennato filone del “body horror” in cui Cronenberg si è sempre sentito a suo agio, rendendo arte il suo inconfondibile stile di regia e di narrazione.

In attesa di emozionarci con la visione del film, che in Francia verrà distribuito in sala già il 25 maggio prossimo, non ci resta che ripercorrere i passi salienti che hanno caratterizzato questa inquietante, ma assai coinvolgente ossessione per la mutazione del corpo, in capo a questo straordinario cineasta.

David Cronenberg

eXistenZ (1999): David Cronenberg

Nel 1967 un David Cronenberg ventiquattrenne dirige il suo secondo cortometraggio intitolato From the drain, ovvero “dallo scarico”, in cui, se ancora non si assiste a una vera e propria mutazione del corpo, il senso della contaminazione che devasta la mente ancora prima che il fisico, costituisce già un elemento chiave del piccolo film lungo solo 14 minuti.

Nel cortometraggio ritroviamo due uomini in apparente stato emotivo confusionale, rinchiusi in un angusto bagno, stesi entro una vasca, intenti a discutere concitatamente riguardo ad una ipotizzata contaminazione.

Da notizie esterne pare si tratti di due ex soldati ricoverati in un ospedale psichiatrico.

Uno dei due è particolarmente allarmato da tutto ciò che presenta un buco oltre il quale è impossibile accedere: in tal caso lo scarico della vasca stessa, lo porta ad una sorta di paranoia, che invece lascia piuttosto indifferente, o talvolta divertito l’altro.

Quando tuttavia qualcosa di misterioso pare uscire da quello scarico, un filamento che cinge il collo del paranoico fino a soffocarlo, ecco che la realtà si mescola incredibilmente con la più malata fantasia.

In un bianco e nero un po’ approssimativo, e con evidenti mezzi di fortuna, un David Cronenberg in erba, ancora studente universitario, si dà ai compiti delle vacanze, girando un piccolo corto amatoriale un po’ rozzo ed approssimativo forse, ma dal quale tuttavia trapela già quella insana, eccentrica ma viscerale passione del futuro maestro di cinema nei riguardi della mutazione, del contagio, della pandemia virulenta che attacca e trasforma le sue vittime in altri esseri, altre forme di vita, spesso a loro volta più aggressive e voraci delle precedenti.

Tutto ancora abbozzato, ma certo coerente con i futuri eccellenti exploits da grandissimo autore visionario ed inquieto unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi autori di genere 6/10

David Cronenberg i primi film

Nel mediometraggio girato nel 1969, intitolato Stereo, Cronenberg anticipa l’argomento del condizionamento della mente e della telepatia che sarà al centro dello shoccante Scanners, oltre dieci anni dopo.

Un ragazzo con cappotto nero atterra con un piccolo elicottero nei pressi di una struttura dai tratti architettonici piuttosto futuristici. Scopriamo che si tratta di un volontario che intende sottoporsi ad esperimenti di telepatia, mettendo a disposizione la sua presunta attitudine e sensibilità in materia.

Secondo le teorie fantasmagoriche ed un po’ eccentriche del dottor Luther Stringfellow, il gruppo di volontari, se coinvolto in una relazione che contempli anche la sessualità, esercitata a seguito di una spontanea attrazione corporale, potrebbe sviluppare in modo più agevole questa intesa telepatica, volta a stabilire, definire e controllare una nuova e sperimentale forma di comunicazione tra esseri umani, agendo direttamente sul cervello, senza bisogno della parola.

David Cronenberg

La promessa dell'assassino (2007): David Cronenberg

Si arriverà a sottoporre i volontari addirittura ad alterazioni della laringe, in modo da favorire, con la mancanza della parola e dell’emissione di suoni, dell’approccio mentale e telepatico tra quel gruppo sempre più eroticamente affiatato. La situazione sfugge tuttavia al controllo quando la donna del gruppo comincia a sviluppare una seconda personalità che emerge su quella originaria: il rimedio di separare i volontari si rivelerà fallimentare e tragico, foriero di alcuni suicidi.

Film parallelo o gemello di Crimes of the future, appena successivo, e come quest’ultimo senza dialoghi, ma scandito da una o più voci narranti, Stereo è il primo lavoro nel lungo di Cronenberg.

L’ossessione per la contaminazione tra carne e mente, intelletto e materia, è già preponderante nel giovane autore canadese, come pure il desiderio di studiare e scandire le fasi di una trasformazione che sappia completarsi sia fisicamente, sia a livello di struttura cerebrale.

Ma anche l’elemento della sessualità è preponderante, della promiscuità sessuale e dell’impulso che fa soccombere l’essere umano che ci si abbandona, anticipando di un trentennio le tematiche torbide e maniacali del capolavoro Crash.

Cronenberg dirige, ma è pure autore della sceneggiatura, e si occupa altresì del montaggio, della fotografia, in una produzione a basso costo che è il trionfo della sperimentazione e della eccentricità. 6/10

Crimes of the future

Si arriva poi, nel 1970, al già citato e primo Crimes of the future, che  segue le bizzarre vicissitudini di Adrian Tripod, un direttore di una nota clinica dermatologica chiamata “House of skin”, rifugio e sicurezza per i sopravvissuti in seguito ad una epidemia che ha decimato tutti gli esseri umani dediti all’utilizzo di cosmetici, e quindi in particolare donne in età fertile.

Una situazione catastrofica che ha decimato la popolazione, mettendo a repentaglio futuri programmi di riproduzione della specie.

Alla ricerca del suo principale collaboratore, il folle ma abile dermatologo Antoine Rouge, sparito nel nulla, l’uomo vaga tra le avveniristiche architetture del centro di riabilitazione, ormai pressoché deserto, imbattendosi in strani personaggi, ormai tutti di specie maschile, ed esercitando su di loro ogni sorta di perversione legata in qualche modo al corpo, e alla pelle che lo ricopre.

locandina

Crimes of the Future (1970): locandina

Sorretto da un io narrante che sostituisce ogni sorta di dialogo, Crimes of the future ci proietta in un mondo apocalittico da incubo nel quale David Cronenberg ci introduce attraverso una delle sue ossessioni più irresistibili ed incontrollate: quella della mutazione del corpo, della mostruosità, della mutazione, come conseguenza di un processo evolutivo sul quale l’uomo stesso ha perso il controllo della situazione, finendo per divenirne succube e vittima primaria.

Il film, girato con pochi mezzi in una struttura architettonica suggestiva e per l’epoca piuttosto avveniristica, che finisce per divenire la scenografia ideale e pertinente alla vicenda, è un inno alla sperimentazione e all’approccio verso una narrazione che si libera dei vincoli più tradizionali, esprimendosi più per riferimenti indiretti, che tramite le conseguenze di ciò che ci viene presentato.

Un’opera ambigua, spesso ostica ed indecifrabile, in cui tuttavia l’ossessione per la mutazione fisica diviene da quel momento un riferimento quasi inevitabile e primario per il grande regista che si sarebbe formato negli anni avvenire. 6/10

Horror anni 70

Dopo qualche altro cortometraggio girato su commissione (tra questi l’horror La sedia della menzogna, riuscito ma che poco ha a che fare con le ossessioni della mutazione e della pelle), è la volta del primo lungometraggio che segnala Cronenberg all’attenzione mondiale degli amanti del genere: Il demone sotto la pelle, datato 1975.

All’interno della quiete di un quartiere residenziale posto su un isolotto di fronte alla grande metropoli, e costruito ad uso e consumo di un ceto abbiente e desideroso di estraniarsi dal caos della quotidianità di tutti i giorni, un medico sperimenta, iniettandolo sottopelle su una sua amante minorenne, un parassita che avrebbe la caratteristica di riattivare gli istinti sopiti di una umanità troppo abituata a convivere nella comodità e carente di quegli istinti primari presenti ed essenziali negli animali selvatici e in libertà, esposti a mille pericoli atti a metterne a repentaglio la sopravvivenza.

Peccato che la ragazzina, piuttosto precoce e disinibita, finisca per contagiare gli altri suoi amanti, e quindi a far propagare senza più controllo il parassita tra le pareti del lussuoso residence.

Non basterà infatti uccidere la ragazzina e farla pure finita su se stesso: il parassita si propagherà.

Allan Kolman

Il demone sotto la pelle (1975): Allan Kolman

Il medico del villaggio residenziale tenterà di opporsi con tutte le sue forze alla proliferazione del nemico, che assumerà le vesti dei vari contagiati, presi per l’occasione da una furia aggressiva e da una potenza erotico-sessuale fuori del comune.

Shivers (questo il titolo in originale) è il film che ha fatto conoscere al mondo il genio di Cronenberg: un horror che si appoggia saldamente su una delle ossessioni viscerali del futuro gran cineasta: quello della contaminazione, del pericolo che proviene da dentro l’individuo, e si propaga di essere in essere, fino ad un contagio incontrollato e dilagante.

Presenti anche tematiche in qualche modo legate a quest’ultima, come l’attrazione per il corpo visto dal suo interno, dalle viscere, la sessualità che si insinua nelle viscere e vince sulla razionalità, rendendo succube l’individuo verso gesti ed azioni inconsulte a cui mai prima, in condizioni normali, avrebbe fatto ricorso.

Pur in debito nelle scene di massa con altri capisaldi horror come “La notte dei morti viventi” di Romero (i contagiati alla fine paiono degli zombie guidati pure loro dalla voracità, un appetito che tuttavia qui assume più connotati sessuali che famelici in senso stretto), Il demone sotto la pelle finisce per essere un horror d’annata che evita di prendersi troppo sul serio, sfoderando anche momenti di sana, crudele e sofisticata ironia, ed un pizzico di splatter, per quei tempi ancora piuttosto insolito e all’avanguardia.

Alcune sequenze con i vermiciattoli sotto pelle risultano incredibilmente realistiche e verosimili ancor oggi, sotto lo sguardo dei nostri occhi ormai sin troppo smaliziati ed abituati a ben più complesse e virtuali tecniche da effetto speciale.

Iconica, indispensabile, preziosa risulta la presenza della regina horror per eccellenza, ovvero di Barbara Steele.8/10

Temi forti

Nel 1976, con il cortometraggio intitolato Macchina italiana, Cronenberg ci anticipa no dei suoi temi forti, ovvero l’ossessione per la tecnologia e l’inevitabile mutazione a cui va incontro il corpo quando viene a trovarsi a stretto contatto con le macchine e la meccanica avanzata.

Aspettando quella meraviglia di Crash di vent’anni esatti successivo.

Quando il leader di una associazione di appassionati centauri viene a sapere che un collezionista ha appena acquistato uno dei rari esemplari di moto Ducati 900, un prototipo della celebre casa italiana prodotto in soli 40 esemplari, e che costui intende piazzarla al centro di un salotto della sua villa ad esclusivo scopo contemplativo, l’uomo impazzisce di rabbia e studia un sistema per venire in contatto col bizzarro e facoltoso collezionista d’arte, e sottrargli in tal modo quel capolavoro di meccanica, sprecato nelle mani di un voyeur incallito e senza vero costrutto.

locandina

Macchina italiana (1976): locandina

Assieme a due amici e complici, l’uomo si introduce nella villa del milionario spacciandosi per un giornalista di una rivista d’arte. Scoprirà ben presto ove è piazzato il gioiello, e noterà che tra i pezzi da collezione esiste pure un esemplare esteticamente piacente di uomo, pagato per fare da soprammobile.

Tramite costui, affetto da dipendenza da cocaina, il centauro riuscirà ad avere il gioiello italiano, tramite un singolare baratto.

Divertente corto di Cronenberg in cui l’autore canadese, in qualche modo, comincia a manifestare, seppure ancora sotto forma di abbozzo, una certa attrazione per il binomio carne/congegni meccanici, che costituirà poi una delle tematiche di base del regista maturo ed eccelso che di li a poco ci sorprenderà ogni volta con ognuna delle sue opere successive, specialmente quelle anni ’80 e ’90.

L’episodio è brillante, ironico, colmo di ironia, forte di personaggi bizzarri e sopra le righe che riescono a divertire senza celare il lato inquietante che maggiormente li caratterizza. 6/10

Rabid 

Nel 1976 Cronenberg dirige Rabid – Sete di sangue, ambientato, come già accaduto con Crimes of the future del ’70, in una clinica specializzata in trapianti di pelle.

Vi accede una bellissima ragazza, sfregiata a causa di un devastante incidente in moto.

L’operazione a cui viene sottoposta, pare essere riuscita, almeno sinché, sotto una delle ascelle, compare un bozzolo purulento che si scoprirà contenere un essere indipendente, pur se bisognoso di utilizzare corpi altrui come guscio, infettandoli e nutrendosi del loro sangue come un perfetto parassita.

Marilyn Chambers

Rabid - Sete di sangue (1976): Marilyn Chambers

Dopo Il demone sotto la pelle, questo altro film del regista canadese si innesta perfettamente nella materia filmica che interessa l’autore, e che trova una sintesi nella trasformazione e mutazione della carne che, partendo da un involucro esteticamente ed armonicamente perfetto, seppur fragile, anela ad una invulnerabilità che richiede un sacrificio in termini di estetica e di eterogeneità di materia prima.

Nel film si segnala la presenza della statuaria Marilyn Chambers, ex pornostar a quei tempi assai nota, la cui bellezza il film esalta e contrasta con la trasformazione che l’infezione da corpi estranei comporta. (8/10)

 

Nel 1979, dopo il piuttosto insignificante film su commissione ambientato nei circuiti automobilistici delle “funny cars”, intitolato Veloci di mestiere (3/10), che nulla ha a che spartire con l’ossessione per la mutazione corporea, è il momento di un altro film epico: Brood – La covata malefica, che vede al centro della “nidiata” infernale, una tranquilla famiglia americana, la cui madre di famiglia si fa soggiogare da un medico fanatico che la sottopone ad una sperimentale cura del sangue.

Per questo suo marito è costretto a lasciare la figlia dalla nonna, che sarà anche la prima vittima di un agguato perpetrato da esseri mostruosi che si scoprirà provenienti dal corpo della madre, completamente soggiogata dal medico folle e trasformata in un suo veicolo sperimentale utile a testare le sue sconvolgenti scoperte.

Forte di attori di calibro come Oliver Reed e Samantha Eggar, Brood si fonda nuovamente sull’ossessione del corpo che, pur armonioso ed esteticamente perfetto, si rivela impotente e indifeso, debole e per questo bisognoso di una radicale trasformazione che ne potenzi le caratteristiche, diventando a sua volta egli stesso una fucina generatrice di nuove mostruosità finalmente letali e in grado di difendersi e propagarsi. (8/10)

Il 1980 è l’anno in cui Cronenberg trasferisce la mutazione squisitamente fisica ed epidermica, ai confini più cerebrali della insondabile mente umana.

 

SCANNER

 

Nell’inquietante e magnifico Scanners, un individuo fa irruzione al congresso di una multinazionale del settore armamenti e riesce a farsi notare per la capacità del proprio cervello, di condizionare le menti altrui.

Tuttavia, incapace di controllare quel suo devastante potere, l’uomo provoca un vero e proprio corto circuito nella testa della sua vittima, il cui cranio finisce per esplodere in mezzo alla sala, generando panico e terrore.

Si scoprirà che questi esseri umani, denominati appunto Scanner, sono il frutto di una manipolazione genetica operata da un dottore sui suoi due figli.

locandina

Scanners (1980): locandina

Ma se uno è improntato a seguire i suoi istinti di conquista e sopraffazione, l’altro fratello intende usare il suo pericolosissimo potere a fin di bene.

Ne scaturirà una lotta tra bene e male che, a tutti gli effetti, si trasforma in una metafora del potere in un’epoca dominata dalla guerra fredda tra le due superpotenze, ognuna delle quali convinta di rappresentare il bene assoluto contro una minaccia maligna. Un thriller incalzante, che fa ricorso ad effetti speciali tutt’altro che ostentati, ma per quell’epoca davvero impressionanti. 8/10

La zona morta

Nel 1983 Cronenberg continua ad occuparsi di condizionamenti della mente e, nel tornare a dirigere un film, sceglie di trasporre sullo schermo l’omonimo famoso romanzo di Stephen King, intitolato La zona morta.

L’incidente stradale, il coma e il potere della mente tornano a solleticare la voglia di tradurre in immagini l’orrore che si annida nella psiche della vittima.

Un timido professore mette a repentaglio la propria vita accompagnando a casa la sua fidanzata in una notte di tempesta, durante la quale, al ritorno, rimane vittima di un tremendo incidente – un frontale con un’autocisterna – che lo riduce in coma per quasi un decennio.

Al risveglio, riacquistata a stento l’autonomia motoria, l’uomo, distrutto psicologicamente anche dopo aver scoperto che la sua fidanzata nel contempo si è fatta una propria famiglia sposando un altro uomo,  scopre via via di possedere, nella propria mente rimasta attiva durante lo stato comatoso, una capacità di veggenza che, in concomitanza con la percezione tattile, gli consente di prevedere con una buona precisione, dettagli particolareggiati di futuri sviluppi che riguardano persone, o la intera collettività.

Il suo potere diviene di pubblico dominio, e persino la polizia saprà trarne beneficio, riuscendo – tramite l’intervento dell’uomo, a stanare un pericoloso assassino seriale che da decenni operava indisturbato con l’aiuto della madre-complice.

Il giorno in cui al nostro uomo capiterà di stringere la mano ad un politico in ascesa, egli percepirà di trovarsi di fronte al futuro presidente degli Usa, e in particolare all’uomo che sarà autore del primo vero conflitto nucleare mondiale.

Per questa ragione deciderà di mettersi al servizio dell’umanità, sacrificandosi per il bene dell’intera collettività.

locandina

La zona morta (1983): locandina

Un giovane David cronenberg comincia ad addentrarsi nei meandri insondati che si annidano nella psiche umana, celando misteri e poteri apparentemente incomprensibili e non umani, e riesce a rcavare, da un fosco romanzo di Stephen King, un buon film: un horror psicologico che non rinuncia all'azione e che, come Fury di De Palma, gioc sottilmente con le incognite della mente per sondare l'insondabile.

Ne scaturisce una pellicola forte e tesa, capace di catturare lo spettatore, ed in costante, calibrato bilico tra la spietatezza dell’azione e la suspense del lato oscuro del subconscio, risultando ad oggi ancora attuale e moderno, anche se trascorsi già trentacinque anni dal suo concepimento.  

Ottima la prestazione del protagonista, un Christopher Walken che per una volta si concentra a rendere la timidezza e l’introversione del suo personaggio ritroso e timido, beneficiato da un potere difficile da gestire, e foriero di gravi responsabilità da accollarsi e di cui rispondere moralmente, oltre che fisicamente.

Lo circondano attori di razza molto noti in pieni anni ’80: la carina Brooke Adams, un caratterista solido e macho come Tom Skerrit, uno generalmente più legato alle sorti della commedia o del film comico, qui invece in veste serissima, ovvero quell’Herbert Lom reso mitico ed esilarante dalla serie della Pantera Rosa, più Martin Sheen, politico apparentemente coscienzioso e misurato, insospettabilmente folle e “dal grilletto” facile. (8/10)

 

In quello stesso 1983, Cronenberg si ripropone con lo shoccante Videodrome, in cui la mutazione di un corpo che si arricchisce trasformandosi in un’arma letale, torna al centro delle ossessioni dell’autore.

Nel film troviamo il controverso direttore di un canale televisivo per adulti, Max (James Woods) ossessionato da trovare nuove idee per dare una svolta creativa alle sue trasmissioni un po’ in declino.

Scopre così l’esistenza di un programma di intrattenimento chiamato Videodrome, incentrato sulla tortura di ospiti che, invogliati dal cachet, si fanno convincere a partecipare al sadico programma.

Il suo conduttore, tal Brian, si scoprirà in realtà deceduto da tempo, e la conduzione mandata avanti dalla figlia, che trova in Max un possibile prosecutore del padre.

Ma Max diverrà succube del programma, tramutandosi egli stesso in un’arma utilizzata dal bieco inventore del programma per portare avanti il suo diabolico progetto di colonizzazione e condizionamento del mondo. Diventato un mostro che racchiude armi meccaniche costruite con le sue stesse ossa mutate e trasformate, Max cercherà di opporsi al folle progetto, fino a immolarsi per la riuscita del suo piano di riscatto, ma senza evitare di poter dare alla luce un nuovo essere mutato dalla sua già devastante trasformazione.

Cronenberg amalgama la suggestione cyberpunk con le teorie del filosofo McLuhan inerenti i condizionamenti della comunicazione sulla massa, dando vita ad un caposaldo del cinema di genere che usa il corpo e la mente umana per scopi di conquista e soggiogamento di massa.

Un film dagli inquietanti risvolti profetici riguardo al pericolo di un condizionamento da mezzi di comunicazione che si rivela un perfetto anticipatore di funeste profezie da soggiogamento da parte di un mezzo televisivo sempre più potente ed ossessionante, irresistibile per quanto qualitativamente scadente. 8/10

La mosca

Nel magnifico e sconcertante La mosca (1986), remake de L’esperimento del Dottor K del 1958 , costituisce il trionfo e la quintessenza del “body horror”.

Nel film un brillante scienziato riesce a costruire un complesso apparato utile al teletrasporto.

Ma quando si tratta di testarlo, e l’uomo decide di fare da cavia al suo stesso esperimento, una mosca si intrufola assieme a lui nella capsula del teletrasporto, combinando materiale genetico dei due, e dando vita ad un nuovo essere che, più potente, agile e letale dell’indifeso uomo da cui ha avuto origine, congloba in sé gli attribuiti del minuscolo insetto, in grado di trasformarlo poco per volta in un essere mostruoso, ma pressoché invincibile.

locandina

La mosca (1986): locandina

Il film fu un gran successo, lanciò come star Jeff Goldblum e rivelò la statuaria Geena Davis, creando altresì tra i due un legame sentimentale che li unì per qualche tempo.

Il film, dagli effetti speciali per quell’epoca incredibili, fu spiazzante, e creò anche qualche problema fisico-emozionale a spettatori piuttosto impressionabili accorsi loro malgrado in sala.

Ma David Cronenberg con quel film assurse al rango di autore di culto assoluto. 9/10

Inseparabili

Di bene in meglio, se possibile, e nel 1988 Cronenberg dirige Inseparabili, da molti, e per nulla a sproposito, indicato come il suo capolavoro assoluto.

I gemelli ginecologhi Mantle (un doppio Jeremy Irons nell’interpretazione più potente di tutta la sua notevole carriera) sono identici fisicamente quanto completamente differenti nella personalità e nelle attitudini morali.

Tanto spregiudicato e cinico uno, nonché brillante tombeur de femmes di successo, quanto riservato, umile e coscienzioso l’altro, uso a mettersi in disparte affinché il suo doppio possa trovare le sue soddisfazioni corporali e ludiche.

Riconoscerli è impossibile, e la loro stessa paziente ed amante Claire, finirà per frequentare entrambi, trovandosi imprigionata tra le malizie dell’uno e la cortesia altruistica dell’altro.

locandina

Inseparabili (1988): locandina

I due gemelli infatti finiscono per formare una identità unica completa ed affascinante, ma anche per creare, a lungo andare, un dissidio di due esseri che non riescono più a vivere una esistenza che escluda la presenza dell’altro, inseparabili come anticipa il titolo, ma divisi in un binomio bene-male che diventa l’unica soluzione per separarli.

Cronenberg si sofferma sui dettagli di strumenti ginecologici stravaganti ed innovativi, opera dei due gemelli, che diventano strumenti di salvezza o anche all’opposto di tortura, a seconda del gemello che li abbia in uso.

Un film magnifico, sempre incentrato sulla dicotomia tra bene e male e sullo sdoppiamento di personalità che stavolta si manifesta nei deliri degni di un De Palma ancor più freddo e cinico di quello apprezzato nei suoi più indimenticabili capolavori.

I camici sadicamente color rosso sangue che i due gemelli indossano durante le complicate ed ardite operazioni utilizzando gli strumenti ginecologici meccanici aguzzi come artigli di propria ideazione, sono già nella leggenda del cinema e dell’immaginario horror. 10/10

Il pasto nudo

Nel 1992 Cronenberg torna a trasporre un’opera letteraria, e con Il pasto nudo (1992) intraprende un percorso che appariva impossibile, ovvero quello di tradurre in immagini i deliri del celebre romanzo autobiografico dello spiazzante William Burroughs.

Nella vicenda uno scrittore drogato ed alcolizzato di nome Bill Lee, sopravvive disinfestando case ed ambienti da insetti mostruosi che si annidano nei meandri di pareti sempre aperte da crepe in movimento.

Un giorno, completamente ebbro, uccide per sbaglio la moglie giocando a tiro a segno.

Poi, non si sa bene se realmente o nella sua mente deviata dalle droghe, un essere mostruoso gli appare come un messia e lo incarica di una missione di spionaggio in quel di Tangeri, ove, nel redigere i rapporti, si accorgerà che la sua macchina dattilografica si sta trasformando in un repellente insetto gigante, in grado di trascrivere fantomatici rapporti che lo catapultano in un mondo sempre più avveniristico e popolato di mostri inquietanti.

I deliri di Burroughs costituiscono il presupposto per tradurre in immagini di mutazione e metamorfosi la suggestione malata di un autore letterario che diviene genio grazie al vizio che lo domina, e che permette invece al lucido ma non meno ossessionato Cronenberg di firmare un tassello imprescindibile della sua controversa poetica orrorifica della mutazione fisica e psicologica.

Nel cast ricco di nomi noti e spesso illustri, l’ex Robocop Peter Weller dà una svolta totale alla sua carriera fino a quel momento solo improntata sul commerciale, mentre Judy Davis si conferma interprete raffinata e coerentemente eccentrica come si conviene per la sua parte sacrificale, 8/10

M. Butterfly

Nel 1993, col raffinato melò M. Butterfly, tratto dalla pièce di David Hery Hwang a sua volta liberamente ispirata ad una storia vera, Cronenberg ritrova il grande Jeremy Irons a cui affida la parte del diplomatico francese in Cina, che si innamora di una sofisticata attrice di teatro (il divo cinese John Lone).

Salvo poi andare incontro ad una incredibile, per nulla preventivata, sconcertante verità che porterà a mettere in seria discussione quell’anelito amoroso che pareva devastante ed assoluto.

Per quanto trattenuto e poetico, anche questo film si trova in linea con le tematiche della transizione del corpo e dello spirito, che stavolta si dirigono su questioni di genere anticipatrici di tutta la scottante tematica di rivendicazione e dignità che ha caratterizzato i decenni successivi ed il nostro quotidiano.

Per la prima volta il gran regista canadese mette da parte la visione orrorifica della mutazione e lascia parlare il sentimento, in un film emozionante e struggente anche se sempre composto e trattenuto, che si trasforma in un melodramma gestito con finezza e scandito sentimento che non deraglia mai in inutili melensaggini. 8/10

Crash

Con lo sconvolgente Crash (1996) Cronenberg firma l’apoteosi del suo cinema della mutazione, andando incontro a sentimenti che alternano reazioni entusiastiche, ad atteggiamenti di convinta ostilità.

Ma il film, presentato in Concorso al Festival di Cannes, si aggiudica comunque il prestigioso il Premio Speciale della Giuria.

Un dirigente pubblicitario di nome (non certo a caso) James Ballard (James Spader), sposato con l’affascinante Catherine (Deborah Kara Unger), con la quale ha un rapporto amoroso che contempla reciproche svelate infedeltà con estranei, si rende responsabile di un grave incidente di macchina che lo vede fare un frontale con un’altra auto: l’altro guidatore rimane ucciso, mentre la moglie di costui, una certa dottoressa Helen (Holly Hunter), ferita in vari punti, ma viva.

I due incidentati si ritrovano nell’ospedale dell’aeroporto che li ha ricoverati, e dopo l’ostilità della donna, finiscono addirittura per divenire amanti, celebrando quell’attrazione proprio nel luogo ove sono stati depositati i resti delle reciproche auto.

L’incontro in ospedale del tecnico e fotografo Vaughan (Elias Koteas), esperto ed anzi atipico, morboso, quasi folle appassionato di incidenti noti occorsi a celebrità del mondo dello spettacolo (quello che, con la morte rese immortale James Dean come pure quello morbosamente pulp occorso a Jane Mansfield) assieme alla sua completamente deformata compagna (una Rosanna Arquette scolpita da ferite agghiaccianti), fa sì che Ballard, così come Catherine sua moglie, e la stessa Helen, si trasformino pure loro in appassionati seguaci di una sorta di congrega di individui che legano il piacere sessuale alla dinamica che rende affascinante, oltre che pericoloso e sin mortale, l’atto dello scontro cosciente e premeditato tra autoveicoli.

Dal libro scandaloso di James G. Ballard, Crash di Cronenberg si trasforma un percorso erotico, perverso e morboso tra le ferite e le lamiere degli incidenti d’auto, che divengono la forma ed il limite massimo per raggiungere il piacere e la soddisfazione sessuale.

Macchine e ingranaggi che diventano appendici del corpo umano, ammaccato e divelto per il piacere, come le lamiere delle auto dilaniate dalla follia incontenibile dei protagonisti.

Cronenberg ci sguazza di fronte a tali imbeccate, che sembrano il corollario irrinunciabile di tutto il suo notevole curriculum cinematografico, ove la mutazione del corpo ha sempre rappresentato, nel bene e nel male, una evoluzione indispensabile e obbligata della fragilità in carne ed ossa dell’essere vivente. 9/10

Existenz

La fine di un millennio istiga Cronenberg a tornare dietro al macchina da presa per dirigere il controverso eXistenZ (1999), incentrato sulla fogura d una programmatrice di videogiochi conosciuta come Allegra Geller (una tosta Jennifer Jason Leigh, affiancata da Jude Law), ideatrice di un intrattenimento in grado di integrarsi col sistema nervoso del soggetto che lo utilizza, catapultandolo in una dimensione che annulla i confini tra finzione e realtà.

Un film che spiazza, divide, e che, nonostante un riconoscimento al Festival di Berlino in cui venne presentato in Concorso, si dimostrò un mezzo fallimento quanto ad incassi.

Tuttavia eXistenZ resta un capitolo fondamentale per celebrare la continuità dell’ossessione del suo autore per l’ibridazione tra uomo e macchina, tra realtà e mondo virtuale, in un contesto in cui l’evasione dalla cupa o poco incoraggiante quotidianità rappresenta per l’utente una boccata d’ossigeno in grado di assicurare emozioni che non si discostano molto dalle sensazioni tattili di una esperienza reale di fatto impossibile da mettere a punto 7/10

Spider (2002) - il primo film di David Cronenberg del nuovo millennio.

Tratto dall’omonimo, inquietante romanzo del celebre scrittore Patrick McGrath, autore altresì della sceneggiatura adattata dal suo romanzo, il film è incentrato sulla figura compassata ed ombrosa, oltre che misteriosa, di Dennis Cleg, soprannominato dai pochi che lo conoscono, Spider.

La schizofrenia ha costretto il giovane a vivere in una clinica specializzata, che lo cura tendendolo a stordire per renderlo innocuo.

Ma i ricordi dei propri drammi e shock familiari non tardano ad assillare l’uomo, che si trova a riuscire a mettere in connessioni due mondi, due dimensioni, due età differenti di una propria vita devastata da una infanzia che ha lasciato segni indelebili, troppo superficialmente classificati come una forma di schizofrenia senza rimedio.

Un film complesso e cerebrale che si avvale di scenografie complesse ed inquietanti, e si fa forte di una prova magistrale da parte di Ralph Fiennes, coinvolto qui in una delle sue più straordinarie prove attoriali. (8/10)

Dopo i due splendidi noir con Viggo Mortensen protagonista, ovvero A history of violence (8/10) e La promessa dell’assassino (8/10), Cronenberg ritrova Mortensen nel film in costume (il suo primo fino ad oggi) A dangerous method (5/10) in cui si racconta della nascita del pensiero psicanalitico che trova il suo culmine con l’incontro dei due luminari dell’inconscio Sigmund Freud e Carl Jung.

Successivamente, nel 2012, si dedica alla trasposizione del claustrofobico romanzo di Don De Lillo, con il claustrofobico ma riuscito Cosmopolis (8/10) con un ispirato Robert Pattinson.

Nel 2014 è la volta di Maps to the Stars (8/10), in cui il regista ritrova Robert Pattinson e permette alla straordinaria Julianne Moore di aggiudicarsi al Festival di Cannes il Premio come miglior attrice. La pellicola, incentrata sull’ossessione per la celebrità da parte di una famiglia di attori e star, vede ancora il regista canadese discostarsi dalle sue tematiche cardine inerenti la mutazione corporale e psichica,  come peraltro è avvenuto lungo tutto un decennio ed oltre.

Passata l'edizione numero 75 del Festival di Cannes, ove Cronemberg risulta, non solo secondo i gusti di chi scrive, il vero ed unico autore in grado di entusiasmare e stupire ancora senza tradire le ossessioni che da sempre lo animano, eccoci finalmente ritrovare il gran maestro al centro di una vicenda in cui la metamorfosi delle carni con adeguati corredi sintetici, porta molta umanità a valicare i limiti più prudenziali ed opportuni per un corretto utilizzo della meccanica sul corpo.

In Crimes of the Future Cronenberg ritrova il “suo” Viggo Mortensen, entro un cast in cui figurano anche le splendide Lea Seydoux e Kirsten Stewart, e il cui trailer promette adeguato sconvolgimento e raccapriccio, nel segno della migliore sintesi cinematografica del grande Cronenberg.

 

CRIMES OF THE FUTURE 

 

Un ragazzino scopre di trovare soddisfazione nel nutrirsi di plastica, che ritrova su una spiaggia greca ricolma di detriti a seguito di un affondamento di una nave.

La madre, preoccupata ed impazzita di dolore per l'abbandono del padre, finisce per soffocare il bambino, lasciandolo inerte come un trofeo alla pietà del padre.

Parallelamente seguiamo le vicissitudini, sempre più macabre ed oscure, che occupano il tempo di una coppia di artisti il cui marito è afflitto da escrescenze e tumori che lo hanno reso quasi un mutante.

Quasi come a fare di necessità virtù, costoro scoprono, sulla pelle del malato, che le operazioni a cui si sottopone provocano nel paziente un piacere quasi sessuale, e che le interiora umane posseggono un fascino ed una attrazione sessuale che, al confronto, i canoni della bellezza esteriore, fino a poco prima di largo dominio, finiscono per stancare o rivelarsi inadeguati.

Il corpo è il tempio dell'anima, ma la bellezza e l'armonia si trasferiscono, in base a questa rivoluzionaria nuova consapevolezza, dall'artistica esteriorità, alla più cerebrale interiorità.

locandina

Crimes of the Future (2022): locandina

La performance della coppia è un arte consensuale in cui sì trasforma l'anarchia autodistruttiva del corpo in arte, secondo modalità in cui l'evoluzione della specie finisce per sincronizzarsi alla tecnologia.

Ecco allora che Cronenberg torna a capofitto ad incentrare tutto il suo discorso artistico e cinematografico sulla mutazione corporale, sulle cognizione e presa di coscienza di nuovi orizzonti di piacere, e del concetto di body sex in cui il corpo aperto si trasforma in un involucro che custodisce una forma d'arte, e l'atto di aprirlo e contemplarlo, fino a manipolarlo, fornisce una sensazione di contemplazione pari alla lettura di un poema, e alla più congrua e rispettosa valutazione di un'opera d'arte.

Qualsiasi sia l'evoluzione delle due tortuose e controverse vicende, che ad un certo punto vengono a collidere, questo secondo Crimes of the future di Cronenberg (dopo il film degli esordi del 1970) è un lavoro che concentra su di sé la rappresenta una celebrazione liturgica, eretica sino alla blasfemia, ma artisticamente sbalorditiva.

Cronenberg affronta il percorso sacrificale di una ossessione unica e, per quanto inquietante, travolgente: la stessa che ha reso epocale la carriera di questo straordinario cineasta canadese, capostipite assoluto, ora più che mai con questo film incredibile, del culto pagano del body horror. 9/10

 

 

 

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