
Come agiscono sul subconscio umano i flussi di immagini e informazioni provenienti dalla televisione, dal cinema e dai massmedia? Riflessione attuale ed espandibile ai nuovi mezzi di comunicazione, quella fatta da Ballard, ne La mostra delle atrocità, pubblicato per la prima volta nel 1970 e arrivato in Italia venti anni dopo.
Lo scrittore divide in un prisma esagonale la propria psiche, sei personaggi diventano proiezioni della sua mente. Il flusso narrativo non possiede coerenza razionale, è un montaggio di situazioni ed esplorazioni mentali, una costruzione lisergica sempre mutabile e senza punti fermi. Ballard compie un lavoro di editing applicando al proprio materiale narrativo gli esperimenti stilistici di William Borroughs, si sofferma soprattutto sui miti della società di massa della fine degli anni sessanta: Kennedy, Marilyn Monroe, James Dean e sui temi più scottanti di quel periodo: il Vietnam, la politica americana. Lascia i suoi personaggi in balia del bombardamento mediatico e analizza gli effetti provocati sulla loro psiche. Ogni piccolo blocco narrativo, alternato a note esplicative più o meno lunghe, che diventano parte integrante dell’operazione intellettuale dello scrittore, possiede invece una sua precisa nitidezza di pensiero. Ballard intuisce e comprende i grandi paradossi della nostra società e li porta ad un livello superiore, liberandosi da qualsiasi vincolo morale, agisce sulle capacità associative della nostra mente, unendo argomenti apparentemente scollegati tra di loro e trovando, in questo modo, nuovi significati. L’ossessione pornografica per il dettaglio, il montaggio intellettuale (da Ejzenstein) tra le parti del corpo umano, gli elementi dell’architettura, i pezzi delle automobili e le immagini delle atrocità della guerra porta la mente del lettore in una nuova dimensione, in cui si perdono i vecchi schemi cognitivi, per acquisirne di nuovi. La scrittura di Ballard (scientifica, chirurgica, psicopatologica, cinematografica) ha lo stesso effetto di una zolletta di zucchero imbevuta nell’acido lisergico. Apre nuovi orizzonti, sconvolge le normali percezioni, dirotta il cervello su nuovi modi di organizzare il pensiero.
La mostra delle atrocità riesce anche a prefigurare il nostro mondo, il caos di informazioni a cui l’essere umano contemporaneo è sottoposto, senza averne avuto adeguata conoscenza e preparazione. Il libro anticipa la situazione attuale, in cui la presenza invasiva dei mezzi di comunicazione, la Rete sopra tutti quanti, ha portato a modelli di vita ormai totalmente mediati da apparecchi meccanici (computer, telefoni, palmari, tablet) e a nuove forme di dipendenza. La schiavitù dal mezzo come oggetto necessario per comunicare sta creando una nuova società in cui gli uomini, senza un cellulare o un computer, senza un’interfaccia elettronica, non sembrano più capaci di parlare tra di loro. Il passaggio successivo, quindi, riguarda i rapporti umani. La sessualità. Ballard guarda al sesso in nuove forme e nuove modalità (alcune di esse saranno esplorate più approfonditamente in Crash). L’eccitazione arriva attraverso l’immagine, la sua grandezza, la sua visibilità. Il feticismo nei confronti di oggetti meccanici (le automobili), le corrispondenze tra le linee della carrozzeria e quelle del corpo di una donna, ampliando l’analisi si può pensare alla pornografia in Rete, a quanto non sia più eccitante quello che l’immagine digitale riproduce ma l’immagine stessa e ancora oltre il contatto fisico con il computer, l’accendersi dello schermo, il suo calore. Insieme a Cronenberg, che analizza gli stessi temi, ma con un altro mezzo espressivo, il cinema, Ballard sembra un chirurgo che disseziona il corpo mutante e ibrido di uomini e donne che hanno perso qualsiasi identità, nella speranza che riassemblando quei pezzi, in modo diverso, possano sorgere nuove forme di senso.
Ballard rielabora il proprio vissuto e lo inserisce in contesti urbani di assoluta alienazione, le strade in cui le macchine si muovono senza che ci sia possibilità di contatto tra gli automobilisti, architetture industriali che occupano spazi fisici quanto mentali, tutta la realtà, per niente oggettiva, ha un suo doppio nella nostra psiche e in quel luogo, la mente rielabora e trasforma, la mente razionale indaga, quella alterata viaggia e infine scopre.
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James G. Ballard era un autentico genio, confinato nell'ambito della fantascienza è in realtà uno dei grandi scrittori del XX secolo, in nulla inferiore a un Philip K. Dick (cui già da tempo è stato riconosciuto un valore che va oltre la letteratura di genere).
Gli dedicai anche io un post qualche anno fa, mi fa molto piacere leggere il tuo ottimo articolo e sapere che non sono l'unico ad avere la passione per questo talento (e già che ci sono aggiungo che un altro grande di cui sto attendendo la "riscoperta ufficiale" è Theodore Sturgeon).
Grazie a CHINASKI per aver ricordato un grande scrittore di sf che dopo aver avuto una certa popolarità, certificata addirittura da Spielberg (L’IMPERO DEL SOLE) sta un po’ “passando di moda”. E grazie di cuore a GIANNISV66 per aver ricordato Sturgeon, lui sì davvero troppo poco conosciuto dal grande pubblico. Temo che questi non siano i tempi giusti per riscoprire uno scrittore con la esse maiuscola, la cui caratteristica era non solo la qualità delle sue storie, ma anche uno stile sublime di scrittura.
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