Come la pensa la critica italiana sui film di cui tutti parlano?
Ho preso, a titolo di esempio, alcuni film di recente uscita o produzione che hanno suscitato un certo dibattito fra i cinefili: per ognuno di essi sono andato spulciare il tabellino dei punteggi di FilmTv, con i voti assegnati dai critici della rivista. Con una certa approssimazione, possiamo dire che ognuno di questi tabellini rappresenta, in linea di massima, il parere della nostra critica su quel film, essendo la rosa delle firme del settimanale abbastanza variegata per età, formazione culturale e mentalità di approccio ai film.
Adriano Aiello: 6
Pedro Armocida: 7
Mariuccia Ciotta: 5
Simone Emiliani: 10
Ilaria Feole: 6
Andrea Fornasiero: 8
Mauro Gervasini: 7
Filippo Mazzarella: 6
Rocco Moccagatta: 6
Giona A. Nazzaro: 7
Emanuele Sacchi: 6
Giulio Sangiorgio: 6
Roberto Silvestri: 4
Filippo Tassi: 5
Media: 6,4
Il range dei voti è fra il 4 e il 10, con una media che si attesta su una generale valutazione sufficiente. Niente male, in effetti, per un titolo che da molti (e con molti intendo "coloro che amano il Vero Cinema") è ritenuto una merda inqualificabile. Lasciamo pure stare i "nerdoni ossessivo-compulsivi", che saranno delusi a prescindere dal fatto che solo un critico gli ha messo 10, staccandosi peraltro da tutti gli altri. Ma è pur vero, all'opposto, che solo un critico gli ha messo 4.
Proseguiamo con l'incensato e discusso
The Northman di
Robert Eggers, ora in sala.
Pier Maria Bocchi: 5
Caterina Bogno: 5
Maria Sole Colombo: 7
Fiaba Di Martino: 7
Andrea Fornasiero: 8
Mauro Gervasini: 4
Matteo Marelli: 5
Filippo Mazzarella: 3
Rocco Moccagatta: 7
Emanuele Sacchi: 5
Giulio Sangiorgio: 6
Media: 5,6
Questa volta i voti oscillano fra il 3 e l'8, con una media inferiore di quasi un voto rispetto a quella di Spider-Man: No Way Home. Più della metà dei critici non gli ha appioppato nemmeno la sufficienza. Nessuno, ad ogni modo, si è spinto al 10. Piuttosto strano, verrebbe da dire, per un film che da molti (sempre "coloro che amano il Vero Cinema") è giudicato come un'opera d'arte formidabile diretta da Dio in persona. I "nerdoni ossessivo-compulsivi", invece, è già tanto se di questo film hanno visto in giro la locadina.
Proviamo allora a tornare indietro al lavoro precedente dello stesso regista,
The Lighthouse.
Andrea Bellavita: 5
Pier Maria Bocchi: 3
Caterina Bogno: 6
Maria Sole Colombo: 8
Adriano De Grandis: 3
Fiaba Di Martino: 7
Simone Emiliani: 7
Ilaria Feole: 7
Andrea Fornasiero: 7
Roberto Manassero: 4
Matteo Marelli: 6
Emanuela Martini: 4
Filippo Mazzarella: 4
Rocco Moccagatta: 7
Giona A. Nazzaro: 9
Luca Pacilio: 7
Emanuele Sacchi: 4
Giulio Sangiorgio: 7
Media: 5,8
Media voti più o meno uguale, range di voti più o meno uguale (fra il 3 e il 9), con un leggero rialzo dettato dal maggior numero di votanti e dal fatto che la maggior parte di loro gli ha dato un 7. Eppure, questo film è stato accolto da "coloro che amano il Vero Cinema" (sempre loro) come il più grande capolavoro degli anni Duemiladieci, partorito da un maestro che andrebbe venerato anche quando scorreggia (nel film in realtà lo fa fare a Willem Dafoe ma la sostanza cambia poco). Sui "nerdoni ossessivo-compulsivi" il discorso rimane il medesimo di The Northman: Eggers chi?
Adriano Aiello: 5
Pedro Armocida: 7
Mariuccia Ciotta: 10
Alice Cucchetti: 6
Fiaba Di Martino: 5
Simone Emiliani: 9
Ilaria Feole: 6
Andrea Fornasiero: 4
Mauro Gervasini: 5
Filippo Mazzarella: 10
Rocco Moccagatta: 6
Emiliano Morreale: 5
Emanuele Sacchi: 6
Roberto Silvestri: 10
Filippo Tassi: 6
Media: 6,7
I voti vanno dal 4 al 10 (come quelli di Spider-Man: No Way Home), ma la media è persino più elevata, essendoci stati addirittura tre critici che hanno assegnato al film un 10. Davvero niente male, per un prodotto che è considerato da "coloro che amano il Vero Cinema" come un prodotto seriale deprecabile, diretto da una lurida personcina senza arte né parte né dignità. Incredibile a dirsi, ma la lunghezza d'onda è più o meno la stessa dei "nerdoni ossessivo-compulsivi", convinti che si tratti del peggior film mai concepito dall'umana stirpe.
Adriano Aiello: 7
Andrea Bellavita: 7
Pier Maria Bocchi: 7
Caterina Bogno: 7
Maria Sole Colombo: 8
Adriano De Grandis: 7
Fiaba Di Martino: 8
Ilaria Feole: 8
Andrea Fornasiero: 8
Mauro Gervasini: 8
Roberto Manassero: 6
Matteo Marelli: 7
Emanuela Martini: 8
Filippo Mazzarella: 8
Rocco Moccagatta: 7
Giona A. Nazzaro: 9
Luca Pacilio: 6
Emanuele Sacchi: 8
Giulio Sangiorgio: 8
Media: 7,5
Nessuno dei critici gli ha dato meno della sufficienza. Solo due critici, peraltro, si sono concessi un 6. Uno è persino arrivato al 9. La maggior parte ha deciso per l’8 o per il 7. La media è decisamente abbondante. Tuttavia, mentre i "nerdoni ossessivo-compulsivi" non sanno nemmeno che questo film esista, "quelli che amano il Vero Cinema" magari lo sanno, ma fanno finta che non esista.
La domanda, ovviamente, sorge quasi automatica: chi sarebbero "coloro che amano il Vero Cinema"? Si tratta di quei cinefili convinti che esista un Cinema con la C maiuscola e un cinema (anzi: un non-cinema) con la c minuscola. Il Vero Cinema è Arte Pura, partorita da Autori che esprimono Simbolismi & Finezze con la loro Messa In Scena. Sotto di esso, c'è solo un abisso indistinto di schifezza ripugnante, commerciale e puzzolente, prodotta da un'industria che si prefigge il solo scopo di abbindolare le masse e fregare agli allocchi fior fior di dollaroni.
Costoro ritengono di possedere la Verità Assoluta su come capire la Settima Arte. E invadono i social network sparando a zero su chiunque "pretenda" di esprimere pareri da appassionato di film senza averne, a loro avviso, le necessarie conoscenze e il necessario gusto estetico.
The Northman è un film divisivo, ma solo nel senso che divide chi il cinema lo ama profondamente da chi non ha la più pallida idea di che cosa sia.
(Commento preso da Facebook sotto un post dedicato a The Northman)
Questo modo di pensare, lo dico senza alcun livore, è semplicemente fuori dalla realtà. È un modo di pensare obsoleto, dannoso, fatiscente e fazioso. Coloro che lo abbracciano, a dire il vero, lo fanno anche in buona fede, cioè con l'idea di arginare un capitalismo aggressivo e malato che minaccia la sopravvivenza di molte sale, che castra il cinema indipendente e che soffoca l'impeto creativo di certi registi. E lo abbracciano anche per contrapporsi idealmente a un'opposta (e non meno perniciosa) fazione di cinefili "fai da te" fissati coi cinecomic e coi franchise (ovvero coloro che ho definito precedentemente "nerdoni ossessivo-compulsivi").
La buona fede è giustificabile, ma quando la suddetta forma mentis "altezzosa" acquisisce delle forme dogmatiche e cristallizzate diventa davvero la quintessenza del fanatismo. Non meno, appunto, di quella dei "nerdoni ossessivo-compulsivi". È questo a cui mi riferisco quando utilizzo il termine "tifoserie". Le tifoserie sono l'opposto del pensiero critico. E purtroppo i social network hanno enormemente contribuito a svezzarle e a polarizzarle, costruendo le basi di una "nuova" cinefilia sempre più rancorosa e superficiale.
Entrambi questi gruppi (i "nerdoni" e gli "amanti del Vero Cinema") sono afflitti da cancri atavici. Mentre i primi si approcciano alla visione dei film con un occhio puramente emozionale, prestando attenzione soltanto alla coerenza del mondo di finzione e al trattamento riservato ai personaggi che hanno imparato ad amare attraverso fumetti, romanzi o videogiochi, i secondi sono spesso dipendenti (ovviamente senza averne contezza) dal luogo comune per cui la riuscita di un film è la sua riuscita tecnica.
The Lighthouse è tecnicamente un film perfetto, eppure è un film che molti critici hanno giudicato come mediocre. Questo perché la forma è anche (e soprattutto) veicolo di una sostanza. La quale, peraltro, non dipende soltanto dalla forma. Esiste un numero pressoché illimitato di possibili variabili che influiscono sulla riuscita di un film e parecchie di queste non hanno quasi nulla a che fare con la tecnica: il ritmo, l'inventiva, la suggestione, la capacità di essere sintomo del presente, fra le tante.
Infatti esistono innumerevoli film che
tecnicamente sono
imperfetti, talora nemmeno poco, ma che si dimostrano
capaci di attivare dinamiche intelligenti che ne fanno delle opere comunque assai meritevoli. Un esempio abbastanza fresco?
Matrix Resurrections. Ma chi conosce il cinema (per davvero) sa benissimo, in realtà, che gli errori di montaggio ci sono anche nei capolavori di Alfred Hitchcock.
La forma è importante, ma lo è anche la sostanza. Anche
Zack Snyder's Justice League è tecnicamente un film perfetto.
Ma la perfezione tecnica è al servizio di che cosa? Di quali significati si fa garante? La stessa domanda andrebbe posta anche per
The Lighthouse. Ma ovviamente gli "amanti del Vero Cinema" se la pongono solo per
Zack Snyder's Justice League, in quanto prodotto commerciale adorato dai "nerdoni". Eppure l'espressione "
esercizio di stile" è nota a tutti. Ma secondo gli "amanti del Vero Cinema"
lo Stile è intoccabile, essendo l'Essenza dell'Arte dell'Autore.
Vaglielo a spiegare che l'arte non è qualcosa di opposto all'industria. Arte e industria si mescolano sempre. Spider-Man: No Way Home è arte e industria esattamente come lo è The Lighthouse. Poi entrambi, ovviamente, possono farsi piacere o non piacere, ma il primo ha una sua sagacia di riflessione che non è né scontata né svogliata, il secondo è citazionista e utilizza meccanismi attinti dal cinema di genere (e il genere è industriale per definizione, così come la citazione è anti-originale per sua natura). Il primo è anche arte, il secondo è anche industria. Magari lo sono in diverse percentuali, ma capire precisamente dove finisca l'una e cominci l'altra è un'operazione ai limiti dell'impossibile.
Diciamo pure che esistono dei film su cui gli "amanti del Vero Cinema" e i critici di
FilmTv sono anche d'accordo. Ma si tratta di quelle
opere che le firme della rivista hanno appoggiato quasi all'unanimità: ad esempio
The Irishman (con una media che raggiunge addirittura il
9, evento di estrema rarità),
Licorice Pizza (media di
8,8) e
West Side Story (media di
8,1), tutti film eminentemente autoriali su cui è difficile per chiunque esprimere perplessità.
Però, al di fuori di queste eccezioni, la critica tende sempre a dividersi molto (ed è giusto, sacrosanto e doveroso che sia così). Su tutti i film. Blockbuster e indipendenti. D'autore e non d'autore. Le categorie esistono solo nella testa di qualcuno. Il cinema è cinema. E ha sempre la C maiuscola, bello o brutto che sia.
Le cose sono due: o la critica italiana è formata per la maggior parte da venduti (?) o da incompetenti che non sanno una mazza di cinema (e francamente lo escluderei), oppure gli "amanti del Vero Cinema" sono vittime, poveri loro, di vetusti schemi mentali che impediscono alla loro intelligenza di capire il cinema per davvero.
Non ti è piaciuto The Northman? Tornati a vedere le cazzate Marvel, che è meglio...
(Altro commento preso da Facebook sotto un post dedicato a The Northman)
Spoiler numero uno: esistono film della Marvel più riusciti di The Northman. E non sono nemmeno pochi. Spoiler numero due: alcuni di questi film (non tutti, peraltro) sono diretti da autori. Ovvero: la realtà delle cose, gira che ti rigira, è sempre sfumata.
Infatti non è un mistero che esistano parecchi film alquanto discutibili seppur diretti da degli autori: è il caso di The Northman (e The Lighthouse). Così come esistono parecchi film eccelsi diretti da registi che non sono degli autori: è il caso di L'uomo invisibile, naturalmente ignorato dagli "amanti del Vero Cinema" essendo firmato da un mestierante.
La politique des auteurs di François Truffaut, secondo cui l'autore è un'entità che va venerata e che è immune al fallimento, è da prendere con le pinze, soprattutto nel pieno di un'epoca post-post-post-moderna come la nostra. Un brutto film di un autore è comunque migliore di un bel film di un mestierante in quanto firmato da un autore? Assolutamente no. Gli autori sono esseri umani, falliscono anche loro.
Personalmente, lo ammetto, non sopporto parecchi film. Alcuni di essi sono anche d'autore. Così come amo parecchi blockbuster non d'autore. Dunque non ci capisco una mazza di cinema? In realtà sono laureato in Cinema col massimo dei voti. Il problema è che gli "amanti del Vero Cinema", per difendere il loro credo, arrivano addirittura al populismo più lercio (di retrogusto elitista): lo studio non vale una mazza, la Verità è un dono per pochi eletti (cioè loro e basta).
La distinzione fra "quelli che amano il Vero Cinema" e "nerdoni ossessivo-compulsivi" ho potuto osservarla già in ambiente universitario. E già mi inquietava. Se provavo a parlare con un "nerdone" di un regista che non fosse Wes Anderson o Quentin Tarantino, mi diceva di non conoscerlo e attaccava con l'elogio di Black Panther. Se dicevo a un "altezzoso" che non mi era piaciuto per niente l'ultimo Gaspar Noé (e men che meno i suoi exploit precedenti), mi guardava con una faccia un po' schifata. Ma i social sono proprio un'altra cosa. Quanto si siede di fronte a una tastiera o ha uno smartphone tra le mani, certa gente (parecchia) lascia andare totalmente i propri freni inibitori.
So che probabilmente desidero l'impossibile, ma mi piacerebbe poter discutere in un ambiente cinefilo depurato da queste scorie ideologiche deleterie. Credere che gli autori siano Dei è un luogo comune, non meno di credere che Spider-Man: No Way Home sia un capolavoro. Inoltre, il cinema non dovrebbe servire a gonfiarsi il petto, ma a vivere meglio (anche con chi ci circonda).
Avendo imparato fin da piccolo a godere del cinema come di qualcosa di bello e speciale, mi fa tristezza vederlo ridurre attraverso il web a un'arena di bassa lega per sfogare la frustrazione di una vita insoddisfacente. Lo sfogo dovrebbe essere il cinema stesso, che in questo modo diventa un mero pretesto per sparare cacca sugli altri e per appigliarsi a ipotetici "valori" in cui credere, che siano la fanfara degli Avengers o il Cinema Vero di Robert Eggers. Gli appassionati di cinema sono rimasti ormai pochi. E proprio per questo dovrebbero appoggiarsi vicendevolmente, anche nella differenza di vedute, non certo buttarla in caciara nel tifo da stadio.
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Ciao, un articolo interessante. La mia età - eh, sì, nonostante l'aria da ragazzo, comincio a farmi grande!, sigh - purtroppo non mi permette di ricordare "scontri tra nerdoni (lo ammetto, non so chi siano..., uffa) e cin(o)efili puri (boh) e per questo t'invidio. Quanto a me, faccio pena: chiedo scusa, davvero, pur avendo una comproprietà in un cinema (dove alla fine passo più tempo che a casa) ed avendo visto tantissime opere quest'anno non ho visto nemmeno uno dei film da te citati e non posso essere di supporto...alla causa! Quando mi laureai, ormai tanti anni fa, l'idea era che "non puoi studiare il cinema se vuoi fare il cinema" e quindi io, accettai il suggerimento (ma feci comunque la scuola di cinema) iniziando a lavorare nelle prime produzioni che mi toccavano. Sin da quei tempi, una cosa mi apparve chiara, però: l'industria che muove il cinema "arte" - come viene definito - e quella che muove i "blockbuster" è la stessa, a volte prestando le maestranze qui e lì, perciò è solo "l'occhio, l'idea e la (successiva) fama del regista " a farne un prodotto d'autore o di massa. Bisogna solo aggiungere che tutto questo parlare sui social (ahimè non ne discuto mai....film tv è una meravigliosa eccezione) alla fine non ha portato al cinema nessuno spettatore in più. Considerando che gli abbonamenti a Netflix sono crollati, mi chiedo dove sia il pubblico, adesso...PS secondo sempre Francois, parlare bene di un film fa meglio a chi ne scrive " e alla critica stessa: regge meglio nel tempo" e con mia grande meraviglia ho scoperto, negli anni, che a certi prodotti che non perdonavo nulla, oggi concedo più di qualche chance. Come dire, tutto si trasforma. Quanto ai registi, va detto che si realizza quello che si può con i mezzi a disposizione e a volte ti riesce, altre meno. Un caro saluto !
Ti ringrazio per il saluto e per questo tuo commento, che amplia molto bene le riflessioni a cui cercavo di arrivare nel post: alla fine tutto il cinema è industria e tutto il cinema è arte. Proprio come dicevano i critici dei Cahiers, la messa in scena è un linguaggio universale. E non è un caso che Truffaut insistette sugli aspetti "meno dogmatici", per così dire, della politique quando si mise a sdoganare come "arte" dei registi che fino a quel momento erano considerati soltanto come "industria". E in effetti le convenzioni (collettive o personali) sono sempre rivedibili: certi film richiedono più "pazienza" per essere amati, mentre altri li si ama al primo sguardo ma poi magari si sgonfiano a suon di visioni nel corso degli anni. Idem per certi film che a distanza di decenni vengono ripresi in mano e rivalutati per la loro effettiva importanza (o non importanza). Essendo giovanissimo non posso esserne certo, ma ho l'impressione che la cinefilia di una volta fosse anch'essa, per necessità di cose, basata su certi cliché (magari diversi da quelli odierni), ma a irrigidire gli "schemi" di pensiero di quella di oggi è proprio la modalità di dibattito social, quasi mai mandata avanti da un amore e un interesse più profondi che vadano oltre il "mi ha fatto bagnare le mutande" (come dicono i nerd quando una cosa li conquista) o il "mi ha fatto cagare".
Riflessione molto interessante la tua con la quale è peraltro molto difficile non essere d'accordo. Aggiungo però, ampliando un po' il discorso, che tale campanilismo estremo, tale (sub)cultura del "o con noi o contro di noi", va ormai cristallizzandosi in tutti gli aspetti della nostra società. Mi viene alla mente la questione vax - no vax che mentre in altri Paesi è stata vissuta con una certa pace e tranquillità, in Italia si è trasformata, appunto, in due fazioni separate da un enorme fossato (e a volte dai celerini...). Non credo sia infatti normale/giusto/sano/edificante considerare tutti quelli che sono contrari al vaccino come dei minorati e/o pazzoidi criminali né, all'altro lato del fossato di cui sopra, considerare quelli che si si sono vaccinati come dei creduloni sempliciotti allineati. Ma venendo dall'estero questo è esattamente quello che ho riscontrato parlando con amici e parenti nel mio ultimo viaggio in Patria 5 mesi fa. Credere che li la pensa diversamente da noi ha sempre torto marcio è d'altronde la base su cui ha sempre poggiato ogni fanatismo. Ed è un vero peccato (mortale) che non si riesca ad imparare da errori gia compiuti mille volte in passato.
Buona serata e complimenti per questo post davvero ben scritto.
Marco
Grazie per i complimenti Marco! E hai ragione da vendere a far notare che certe polarizzazioni ideologiche sono tipiche, purtroppo, del becerume italiano: schierarsi sempre e comunque (e sempre nettamente), a costo anche di abdicare alla logica e al ragionamento più profondo. In Italia i politici sono riusciti a far passare il messaggio che farsi il vaccino era di sinistra e non farselo era di destra, vedi tu come siamo messi. E ora vogliono anche farci credere che mostrare anche la minima perplessità nei confronti della gestione europea della guerra in Ucraina significa essere pro-Putin. Diciamo che confrontarsi con chi la pensa diversamente (a partire dai no vax) dovrebbe essere la base della democrazia. E confrontarsi non significa "farsi convertire", ma ascoltarsi, uscire dal proprio guscio, evitare di irrigidirsi in maniera monolitica. Poi nel 99% dei casi si continuerà a pensarla come prima, ma almeno ci si è resi conto di quello che è il mondo al di fuori di sé. E indovina un po'? Un film che parla proprio di questo è quella "merda" di "Spider-Man: No Way Home", un film che ha il coraggio di dirci che i presunti "cattivi" non vanno uccisi o combattuti, ma aiutati. Ormai viviamo in un'epoca in cui non esiste più l'empatia verso il prossimo. Film come "The Father" (che cerca di farci "entrare" nella psiche di un malato mentale) o "Sound of Metal" (che ci fa immedesimare in una persona che diventa sorda) ci dicono molto proprio di una società in cui nessuno è più capace di mettersi nei panni dell'altro. E per fortuna che ad aiutarci a farlo è rimasto il cinema.
Complimenti per la disamina...sulla grande differenza dei voti io direi che conta pure l'età che si ha e se uno è più o meno tirato ...uno studio molto più piccolo del tuo lo feci anche io 10 anni fa...non sono bravo col PC e telefonini ma provo a mettere il link...puoi fare un confronto se vuoi. Ciao
https://www.filmtv.it/playlist/46640/al-cinema-questo-fine-settimananeve-e-influenza-permettendoc/#rfr:user-49517
Grazie per il link! Può essere utile in effetti raffrontare i due nostri "studi", anche per capire che cosa è cambiato nell'arco di tutti questi anni...
WOW Ottimo lavoro!! Io sono fanatico dei numeri e vado in brodo di giuggiole quando qualcuno (come te, egregiamente, senza esagerare) li riporta per dare maggiore chiarezza a un'esposizione di un pensiero. Un articolo eccellente, che figurerebbe bene su qualunque rivista di settore.
Esatto, i numeri sono importanti e in questo caso aiutano anche ad abbattere i pregiudizi! Grazie mille per il passaggio e per la lettura! :-)
Eccomi Simone, con un ritardo abnorme (ci tenevo a trovare un po' di tempo per rispondere senza essere telegrafico) e pensare che avevo letto il tuo post in diretta, tanto da averlo visto apparire, scomparire e poi rientrare subito dopo.
:)
Hai messo davvero tanta carne al fuoco, quasi da record.
:O
Per quanto mi è possibile ora, partirei dal fondo, ovvero dalle reazioni scomposte/noncuranti/maleducate che si leggono sui social. Purtroppo funziona così con tutto (faccio un esempio: detesto l'uso spasmodico di faccette che ridono come reaction, che ormai sono copiose anche per post serissimi e drammatici) e quindi, nel suo piccolo (chi se lo caga più?) anche per il cinema.
Che per noi, è una cosa seria, da trattare con la propria sensibilità senza comunque mai eccedere nel personale (verso l'interlocutore di turno ma anche verso l'oggetto).
Per quanto mi riguarda, faccio sempre fatica a reputare valide a scatola chiusa le considerazioni di chi mira l'assoluto (esempio, "è una cagata pazzesca"/"è un capolavoro assoluto"), così come respingo al mittente chi pensa che il cinema sia una scienza esatta (esempio "ti è piaciuto questo film, allora non capisci un cazzo").
Leggo critiche dai primi anni novanta (ho tutti i numeri di "Ciak" perfettamente conservati :) ), ho imparato negli anni a dosarne/captarne il significato, ma ancora prima a rispettare le opinioni altrui, dalle quali cerco sempre di imparare e qui su "FilmTv" mi succede ogni santo giorno.
Come tu stesso hai dimostrato nel report soprastante, basta girarsi intorno per vedere altro (per questo, il discorso "cantonate", riferito al pensiero altrui, soprattutto se multiplo, è quanto mai lontano dal mio modo di vedere le cose), si tratta semplicemente di non chiudersi a riccio e rimanere aperti, che non vuol dire rivedere le proprie posizioni.
In ogni caso, al di là delle singole divergenze, che sono in ogni caso tante (altrimenti, parleremmo di scienza, che comunque se la passa quanto mai male, quindi... ), preferisco chi cerca di rimanere equilibrato, concedendosi pochi exploit (intendo i 10 e gli 1, le cinque stelle e le mezze) e sempre esposti con sincera passione (esempio per rimanere alle tue tabelle: Ilaria Feole), mentre chi va di odio gratuito o amore che puzza di bruciato lontano un miglio mi repelle (esempio eclatante, un critico di "FilmTV rivista" che per presentare, non recensire, un film spagnolo importante apostrofò malamente un'intera cinematografia, distruggendola senza pietà, cosa che me lo fatto accantonare per sempre e mi chiedo ancora come quel pezzo possa essere stato approvatoo comunque non rifiutato a posteriori).
Per chiudere, spero di fornire il mio minuscolo contributo a una visione appassionata e mai pregiudicata (e sì, nelle recensioni bisogna essere decisi ma cercare di non essere occludenti, vedi quando a corredo di quella di "The northman" ti ho scritto che non lo consiglierei mai a chi cerca epica da consumo). Per quanto tu qui sopra scriva poco, sicuramente appartieni alla mia stessa categoria, anche per questo capisco pienamente il tuo sfogo.
Ciao Simone!
:)
Che dire Daniele, grazie mille per aver recuperato il mio post! Alla fine, in effetti, la nostra sensibilità su questo tema è molto simile: anche io, pur appartenendo a un'altra generazione rispetto alla tua, mi confronto con la critica della carta stampata da ormai una decina d'anni. E farlo è sempre di immensa utilità (non tutti i cinefili in effetti lo fanno, anche quelli più esperti e scafati), proprio nell'ottica di aprire gli orizzonti (o imparare a tenerli aperti). Personalmente (e chi mi conosce lo sa), io con i voti sono di manica abbastanza larga: tendo a vedere del buono (quasi) in ogni film e per questo ho sempre dato pochissime valutazioni insufficienti, ma parallelamente vado anche decisamente cauto con i 9 e i 10. Ma anche ricorrendo a giudizi numerici, è impossibile (e degradante) ridurre il cinema a "scienza matematica"; lo fa, appunto, soltanto chi è convinto di possedere il Verbo. Beato lui: io in tutti questi anni ho rivisto le mie stesse convinzioni una quantità incredibile di volte. Tendo anch'io a prediligere le penne "moderate", perché in genere sono quelle in cui trovo anche una maggiore profondità nel ragionamento e una maggiore ponderazione delle variabili in campo. E concordo con le tue parole finali: il nostro contribuito più importante dovrebbe essere la passione. Quando il cinema diventa un'arma per dare vita a classismi ideologici o per creare divisioni, credo che non sia nemmeno più definibile come passione. Grazie ancora! :-)
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