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La prima volta che vidi Magnolia al cinema rimasi a bocca aperta per tutto il tempo, dalla prima all'ultima sequenza. Da quel momento Paul Thomas Anderson è diventato uno dei registi che seguo, del quale non mi piace sempre tutto, ma che è capace di generare in me una sensazione che penso sia fondamentale per il successo del cinema in sala, l'attesa. L'attesa desiderante. Quella che agisce da dentro senza rumore, che non ha bisogno delle furbizie del marketing, che non fa leva su facili scorciatoie, quella che mi impone ogni tanto di andare a verificare cosa stia facendo anche in assenza di notizie che lo riguardano. E quando scopro che ha un nuovo film in lavorazione inizio già a pregustare il piacere di quando mi siederò al buio, con tutti i sensi attivati, pronto a restare in sintonia con la precisione dei suoi piani e sorpreso dalla qualità della sua scrittura. Desiderio e attesa. Due elementi fondamentali per il nostro equilibrio, che agiscono sul nostro orizzonte, incidono sul nostro orientamento e sulle strade che decidiamo di percorrere. Una dinamica che si nutre di una fondamentale componente: la percezione che esista un luogo, o molti, posizionato nel futuro. Un futuro che si possa raggiungere prendendo delle strade, facendo delle scelte che poi diventano pietre angolari del nostro movimento, momenti di snodo del nostro personale divenire.

È difficile in questo presente parlare di attesa e desiderio, di futuro e movimento. L'orizzonte della nostra attesa si è ridotto a quello di un liveblog o di una diretta televisiva. Il desiderio è costretto a confrontarsi quotidianamente con la paura, il suo rovescio. Il futuro appare schiacciato e distorto come in una prospettiva di Escher, probabilmente è lui che raggiunge noi. E il presente in cui cerchiamo di "muoverci" è diventato una specie di poligono non euclideo, una realtà composta da piani e livelli che non rivelano mai del tutto le proprie geometrie e i progetti su cui sono modellati, questo presente è uno scenario ipercapitalistico così spinto, in cui tutto è così intimamente connesso, che se l'Europa sanziona economicamente la Russia si fermano anche i pescherecci italiani. Tutto ci tocca, tutto ci riguarda, tutto prima o poi ci raggiunge senza neanche bisogno che muoviamo un passo, come un banner di Amazon su un prodotto che abbiamo guardato due mesi fa mentre ricarichiamo per l'ennesima volta il liveblog di Repubblica cercando di capire se effettivamente il fatto che a Chernobyl sia andata via l'elettricità possa rappresentare un rischio o meno, se è solo parte della narrazione ucraìna, se si tratti di sventurato incidente o di minaccia consapevole, di anticipazione strategica, se dobbiamo quindi uscire di corsa e andare a saccheggiare la farmacia, in una successione di eventi così connessi tra loro che mi offre lo spunto per ritornare all'inizio di tutto, da dove sono partito, dall'inizio di Magnolia.

Che infatti proprio nei suoi primi minuti ci lancia in un mondo caotico ma in cui tutto è intimamente collegato, un mondo in cui al di sotto, o al di sopra, del primo livello che riusciamo a percepire ci sono connessioni e legami che hanno bisogno dello sguardo lucido, dei piani cinematografici e della scrittura millimetrica di Paul Thomas Anderson perché trovino la loro corretta narrazione. Ed è per quello che aspetto i suoi film, è per questo che desidero perdermi nel suo cinema, perché penso che lui sappia sempre molto bene cosa vuole dire e come dirlo, so che mi vuole raccontare una storia complessa ma compiuta, che forse ha una morale, un senso, un insegnamento ma di certo non affermati attraverso giudizi sommari o frettolosi, senza dare nulla per scontato. Nei mondi di Paul Thomas Anderson c'è sempre orizzonte, movimento e futuro anche quando l'umanità che li abita è nera e densa come il petrolio. Come in Magnolia, il primo film che mi ha spinto a desiderare di dar forma al mio orizzonte cinematografico, che ha fatto scartare i miei desideri dall'attore all'autore, che mi ha insegnato a praticare l'attesa, visto che non è certo un autore molto prolifico.

Ora che all'orizzonte cinematografico si manifesta la sua ultima creatura, quel Licorice Pizza di cui hanno già parlato bene anche qui su filmtv.it, sento di nuovo quell'eccitazione che sta in perfetto equilibrio tra l'attesa e il desiderio, quell'energia che sposta il confine del mio sguardo al di fuori della prospettiva segnata da sovrapposti stati di emergenza, perché anche la più semplice delle evasioni ha bisogno di un piano. E di una visione di futuro.


p.s. vi segnalo che da qualche giorno anche gli articoli che compongono la parte alta della nuova home di filmtv.it hanno la possibilità di essere commentati.

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