Ogni tanto bisogna anche parlare di attualità, sapete. Anche se negli ultimi tempi mi sto rifugiando con piacere nelle storie del passato, non si può lasciar passare privo di nota il fatto che questa settimana sono state rese note le nomination ai premi Oscar: è pur sempre un signor argomento per i media, soprattutto quando - ed è il nostro caso - c’è un film italiano in gara per il miglior film internazionale (non si chiama più straniero). Lo sapete tutti: si tratta di È stata la mano di Dio, di Paolo Sorrentino. La mia xenofilia congenita - in fondo, nonostante sia nato in Italia, sono diventato italiano solo a 18 anni, ed è anche stata una scelta difficile accettare la cittadinanza - non mi fa gioire per le vittorie italiane, a priori. E poi visto che ormai “vinciamo tutto”, sta andando anche un po’ tutto insieme. I Måneskin e il curling, gli Europei, le Olimpiadi, Mahmud, Blanco e Mattarella (ah già quella non è una vittoria, o sì?): ogni celebrazione della gloria nazionale mi lascia tiepido. Passi per lo sport, ma per la cultura il fatto che qualcuno che vince qualcosa sia italiano vale zero: mi interessa che si riconosca il merito di un’opera o di un autore che apprezzo. La sua provenienza molto meno, salvo che sia il riconoscimento di un particolare stato di salute dell’ambiente culturale che l’ha prodotta. E non mi sembra oggi questo il caso. Tutto qui.
Nella fattispecie - senza togliere niente a Sorrentino, che non mi sta antipatico - non ho trovato particolarmente degno di nota il suo ultimo film (che ho visto al cinema, voglio sottolinearlo). Ma che negli Stati Uniti il film piaccia alla gente che piace mi è apparso chiaro leggendo più di un’intervista sui media internazionali: mi sembra che rappresenti il tipo di cinema italiano che all’estero vogliono vedere. Se dovessi premiare un film italiano dell’anno io piuttosto premierei Ariaferma, anche se sono molto molto incuriosito da Piccolo corpo, che esce questa settimana nelle sale (pochissime, chissà dove).
C’è un altro tema che raffredda, con me, penso molti: il 2021 è stato un altro anno in cui il cinema è stato spesso visione solitaria se non privata, di certo poco condivisa. Osservo la lista dei dieci titoli candidati al premio principale, quello per il miglior film: solo quattro sono passati davvero nelle sale italiane (Dune, King Richard, La fiera delle illusioni, West Side Story), tre ci sono passati ma è come se non fosse stato (Il potere del cane, Drive my car, Don’t look up): sono durati il tempo di un respiro. Due devono ancora farlo (Belfast, Licorice Pizza), uno (I segni del cuore) è proprio non pervenuto.
Alcuni, come voi, li ho visti in streaming, dove erano già destinati a finire sin dall’inizio. Alcuni non li avrei proprio visti in ogni caso (scusate, ma ho le mie preferenze e non mangio proprio tutto tutto). Penso che per motivi evidenti la mia esperienza/attenzione al cinema sia superiore a quella di un cittadino medio e per tanto ritengo evidente che anche quest’anno gli Oscar saranno per i cittadini medi una cerimonia poco interessante. E questa, comunque la pensiate sugli Oscar, non è una cosa buona.
Del resto, anche se è un errore proiettare le proprie esperienze sugli altri e se sappiamo che nel resto del mondo le cose per il cinema non sono andate così drammaticamente male come da noi, non svelo certo un segreto dicendo che gli Oscar sono messi maluccio. L’anno scorso, per forza di cose, non se li è filati praticamente nessuno. E quest’anno il rischio di ripetersi è forte. Pensate che ancora oggi - a un mese e mezzo dalla cerimonia al Dolby Theatre - non si sa chi diamine la guiderà. E vero che la cerimonia manca di un conduttore dal 2019, quando Kevin Hart dovette disertare all’ultimo per via di polemiche social su alcune sue vecchie uscite in odore di omofobia. Ma si è deciso che quest’anno qualcuno dovrebbe farlo: solo che pare che proprio nessuno voglia caricarsi sulle spalle un flop praticamente annunciato.
Forse gli amici di Tinseltown (la città dei lustrini, come veniva chiamata agli inizi Hollywood) dovrebbero davvero inventarsi qualcosa di nuovo. O di molto vecchio: come la prima cerimonia, nel 1929, quando la premiazione durò una manciata di minuti, molti dei premiati non c’erano, il menu (era una cena) fu semplice - filetti di sogliola, pollo alla griglia, patatine fritte - si ballò e si rise. Non era una cerimonia, non doveva intrattenere nessuno, era una festa tra amici e pionieri di un’arte: the best was yet to come.
Altrimenti se proprio bisogna fare una cerimonia e nessuno la vuole condurre perché ha paura di rovinarsi la carriera, io un’idea ce l’avrei: basta prendere uno a cui la carriera è già stata rovinata. Uno come Louis C.K.. Lui sì che saprebbe cosa dire e come intrattenerci.

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“Afterlife è uno show [serie] che parla di un uomo che vuole suicidarsi perché sua moglie sta morendo di cancro, ed è comunque più divertente di questa serata [la cerimonia di premiazione dei Golden Globe].” - Se verso fine marzo anche Ricky Gervais non dovesse avere grossi impegni, lo candido ufficialmente.
Sarebbe fantastico. Ho letto che lui si sarebbe anche proposto, ma prevede di essere cacciato a metà serata.
Ma davvero ci saranno gli Oscar, tra poco ??????????????????????????????????
Per la cronaca: Piccolo Corpo l'ho visto ed è lui il miglior film italiano del 2021.
E ciao, io non scrivo tanto ma oggi volevo partecipare. Dovrei fare più spesso. Ho appena letto che sono state scelte 3 donne per gli Oscar, Regina Hall, Amy Schumer e Wanda Sykes. Faccio loro tanti auguri per una bella performance. Per quanto riguarda le vittorie dei nostri compaesani, in realtà non è che ci penso tanto. Mi interessa che vinca banalmente il migliore che, dovendo essere giudicato da umani, non è detto che sia sempre il migliore. Io tifo per il cinema che mi fa uscire di casa a fare la fila e fare il biglietto per la sala 3 primo spettacolo. Questo perché guardarli dal tablet non mi da la stessa emozione. Poi, anche li dipende. Comunque mi fa piacere dire che ha rischiato di chiudere un multisala vicino casa che invece ha riaperto. Speriamo che regga, io ho fatto abbonamento intanto.
speriamolo!
Dopo la vittoria di Benigni, chiunque piglia la statuetta la merita di più.
Sorrentino è un genio, e lo si vede quando ha poca ispirazione: minimo sforzo, massimo risultato. Tifo per lui
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