
Il successo non annunciato del nuovo capitolo di Spider-Man che è riuscito a riportare in sala decine di milioni di spettatori a livello globale in un momento di grande sofferenza per il cinema in sala è stato spiegato e raccontato da molti commentatori anche con un esplicito riferimento alla capacità degli studio proprietari dei grandi brand di far leva sui sentimenti dei fan per rimpinguare le casse dell'industria (leggi le proprie aziende) e, parzialmente, anche quelle della filiera distributiva. La stessa cosa potrebbe succedere con il nuovo capitolo di Scream che arriva nelle sale questa settimana. Il ripescaggio nostalgico sembra essere diventata la leva fondamentale sulla quale spingere per scardinare le resistenze di quest'epoca, le abitudini che si sono consolidate negli ultimi due anni di visioni casalinghe e di restrizioni.
Come se una battaglia contro il dominio di una comfort zone, rappresentata dal salotto di casa, dalla rassicurante ripetitività della homepage della piattaforma di turno, dalla amichevole presenza della "nostra lista", si possa combattere solo a colpi di altre comfort zone, rappresentate dai franchise, dai sequel, dai reboot, dalle reunion. Con il risultato che in questa battaglia di comfort zone a rimetterci è il cinema "nuovo", diverso, autoriale, che ogni volta riparte da zero, con una storia nuova, nuovi scenari in cui addentrarsi, nuovi personaggi da capire, un cinema che non si affida alle certezze ma al dubbio.
C'è una frase in Matrix: Resurrections - a proposito di franchise e di grandi ritorni - che si presta bene ad accompagnare questa riflessione: contro l’ansia, niente funziona meglio di un po’ di nostalgia. Premesso che la grande battaglia di quest'epoca è quella che viene quotidianamente combattuta per il dominio sul nostro tempo (libero?), mi sembra che questo utilizzo della nostalgia come arma di precisione per ottenere la nostra attenzione sia abbastanza datata, non è certo da ieri che gli studios speculano sui franchise ripetendo ad oltranza quel che funziona.
I telefilm e i primi serial tv, per dire, sono nati esattamente per creare personaggi a cui affezionarsi, creando gli eventi calendarizzati così tipici della buon vecchia televisione lineare, quell'appuntamento che aspettavi per tutta la settimana, oppure ogni sera prima di cena, e che ti lasciava con il desiderio di averne ancora. Proprio in questi giorni è uscita la nuova stagione di Euphoria, serie televisiva HBO che ha creato grande adesione e identificazione nella fascia di età 15/25, e gli episodi escono uno alla settimana invece che tutti insieme ottenendo il risultato che per restare in sintonia con le storie di Rue, Maude, Alexa, Jules e gli altri, la comfort zone si estende di settimana in settimana, di episodio in episodio.
Eppure quella frase pronunciata da Morpheus in Matrix: Resurrections dice molte verità perché forse, anche se il meccanismo non è nuovo, quando si incappa in periodi in cui l'ansia cresce, più che gli studio che speculano sui reboot o sulle reunion siamo noi spettatori, esseri umani, che ci rintaniamo nel nostro doloroso "ritorno a casa", nelle nostre routine rassicuranti, nei nostri pensieri ricorrenti, che diventano i nostri familiari luoghi in cui solo aneliamo seppellirci. Un meccanismo totalmente umano, che fa affidamento anche su un sistema tanto impreciso quanto efficace: quello della edulcorazione o magnificazione del passato. Un sistema perfetto messo a punto dalla nostra coscienza per sopravvivere meglio, o semplicemente per sopravvivere. Un metodo che filtra le esperienze conservandone i valori positivi, facendone dei luoghi ai quali approdare quando il mondo esterno diventa ostile, ricoprendo di un velo di zucchero vanigliato i nostri ricordi, rendendoli quel brodino caldo in cui la nostalgia può dispiegare le sue ali, passando nel suo volo come una lama attraverso il petto. Apparentemente trafiggendolo, ma spostando di fatto il sangue dal cervello al cuore.
Due parole chiave, ansia e nostalgia, per due sentimenti che solo apparentemente sembrano convivere nello stesso segmento delle emozioni negative. Se per l'ansia non ci sono lance da spezzare, la sua radice latina dal verbo ango (stringere, soffocare) lascia ben poco spazio a interpretazioni positive, sulla nostalgia - a dispetto della sua nuda e cruda etimologia dal greco che include la parola nostos (ritorno a casa) e algos (dolore) - e sul valore anche curativo di questo sentimento si sono cimentati in tanti: intellettuali, filosofi, poeti.
Per Martin Heidegger ad esempio la nostalgia è un motore che spinge il filosofo a porsi domande, è un desiderio insaziabile di essere ovunque, di ricongiungersi con un tutto, attribuendo a quel "ritorno a casa" un significato metafisico, spirituale, ben più ampio del semplice bisogno di circondarsi delle proprie cose, del desiderio di far ritorno a ciò che conosciamo. Per Albert Camus ogni atto di ribellione è mosso dalla nostalgia di un'innocenza perduta ed è uno stimolo alla ricerca dell'essenza umana.
Anche per il cosiddetto intrattenimento, forse, è solo una questione di scala, di dove si spinge il nostro bisogno, di quale siano i confini entro i quali la nostra personale nostalgia si attiva. Io sto con Albert Camus e con Martin Heidegger: il mio spirito è più rassicurato dalle storie nuove e rischiose che dai personaggi ricorrenti, anche se sono consapevole che possono rappresentare un rischio, che possono condurmi in un luogo che non conosco, mettermi di fronte a qualcosa che la mia memoria non ha limato adeguatamente. O forse, semplicemente, come dice Fernando Pessoa, non c'è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai accadute.
Quindi: la nostalgia sta uccidendo il Cinema? O noi spettatori lo possiamo salvare se spostiamo un po' oltre i confini della casa a cui fare ritorno e l'intensità del salvifico dolore al quale questo viaggio ci sottopone?
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L'uomo è abitudinario, ma nello stesso tempo la vita impone dei cambiamenti, presi talvolta con malavoglia e solo per spirito di sopravvivenza. Così nasce la nostalgia: abitudini iniziali abbandonate per necessità e che hanno causato un distacco, un dolore. In questo periodo di ansie, preoccupazioni e futuro incerto non c'è miglior periodo per la nostalgia, non solo al cinema ma in tutti gli ambiti sta nascendo questa riscoperta, questa coccola certa del passato, che anche se non sempre piacevole è ormai spoilerato e non mette ansia come l'incertezza del domani.
Matrix: Resurrections è un film pieno di difetti ma che compie una riflessione teorica metacinemografica davvero straordinaria e, peraltro, coraggiosissima nel suo auto-sabotarsi. L'industria contemporanea ragiona in termini esclusivamente economici e la riesumazione di brand e franchise del passato è un tipo di investimento molto meno rischioso della promozione di idee nuove. La sostituzione dell'Architetto con l'Analista va nella stessa direzione: il fan service sempre più presente nei prodotti d'intrattenimento per le masse, anche a costo di uccidere qualsiasi coerenza drammaturgica, ne è un emblema. La gente preferisce una storia in cui possa vedere soddisfatti i propri desideri più reconditi (da cui l'Analista), non una storia perfettamente costruita grammaticalmente parlando (non è più tempo di geometriche perfezioni da Architetto). Avengers: Endgame, per esempio, coi suoi viaggi nel tempo che hanno aperto un'infinità di incongruenze, ha sancito anche questo: il trionfo della soggettività (l'emozione di ripercorrere il passato, la nostalgia, etc.) sull'oggettività di una costruzione ben fatta. L'industria dà alla gente ciò che la gente vuole. E la gente è ben contenta di "eat shit", come recita l'insegna nell'incipit dell'ultima fatica di Lana Wachowski.
I produttori cinematografici odierni non sono diversi dai businessman della Borsa: profitti e perdite, non conta nient'altro. Se un prodotto vende, non importa come, allora va bene. Decenni fa era diverso no? No, anche 30-40 anni fa era di cruciale importanza che un film incassasse. La differenza sta nel fatto che 30-40 anni fa i produttori capivano di cinema, sapevano cosa vendevano. Oggi non è più così, quantomeno nel panorama mainstream: vendere un film non è diverso da vendere una catena di hotel di lusso. E dal momento che soddisfare la clientela è l'unica cosa che conta, è necessario darle ciò che vuole. Che importa se Endgame o No Way Home abbiano sceneggiature che verrebbero bocciate in qualsiasi scuola/accademia seria? Soddisfano i desideri della gente ed è l'unica cosa che conta. Il grande pubblico non cinefilo (quello che fa incassare per davvero) entra al cinema con un'idea in testa: se è quella che soddisfa, allora il film va bene. Ma se il film, per qualche motivo, devia dall'impostazione mentale predefinita, allora ecco lamentele e polemiche social a non finire
Il conformismo è nemico dell'arte. Ma alla gente (ed includo anche me stesso in questa categoria) piace essere anticonformista solo dietro uno schermo. Basti pensare a quanto, per anni, si sia parlato male dei cinepanettoni e del cinema italiano in generale. Poi Claudio Caligari ci regala "Non essere cattivo" e non lo vede nessuno, Matteo Rovere ci regala "Il primo re" e non lo vede nessuno, Leonardo Di Costanzo ci regala "L'intrusa" e non lo vede nessuno, Gabriele Mainetti ci regala "Freaks Out" (un film che mi ha deluso enormemente ma che dubito sia tanto peggio di No Way Home, drammaturgicamente parlando) e non lo vede nessuno. I cinepanettoni sono stati sostituiti da Checco Zalone e Pio e Amedeo, lo dice il botteghino. Però, poi, a parole, tutti hanno sempre detto di detestare Vanzina e Nunziante.
Il problema del cinema contemporaneo non è la nostalgia: è il conformismo dilagante. Ma la colpa non è solo dei produttori o dei distributori o degli esercenti che preferiscono prendere per settimane la più redditizia Marvel invece dei restauri in 4K di Mulholland Drive o Arancia Meccanica o di piccoli gioielli come A Chiara di Jonas Carpignano, che restano in sala 1 giorno per 2 spettacoli totali e via, ammesso che ci arrivino. La colpa è anche del grande pubblico che letteralmente ripete a pappagallo "non ci sono più idee, ormai al cinema ci sono solo remake/sequel/reboot" (cosa peraltro palesemente falsa) e poi stronca un blockbuster hollywoodiano come Matrix Resurrections che riflette, in maniera imperfetta ma brillante, esattamente su questo.
La nostalgia esiste da quando esiste l'essere umano. Abbiamo sempre guardato al passato, abbiamo sempre guardato al futuro, il presente abbiamo sempre avuto la tendenza a non guardarlo. Lo diceva già Blaise Pascal nei suoi "Pensieri". Ma la nostalgia, se presa con le pinze, non è sbagliata. Penso ad American Graffiti, il grande capolavoro di George Lucas: uscì nel 1973 e la frase in locandina era "Dov'eri nel 1962?". Prendeva spunto dal passato, dal ricordo nostalgico di un'epoca apparentemente dorata (si potrebbe analizzare il film parlando solo della colonna sonora, per esempio) e poi si dirigeva da tutt'altra parte, con quel disincanto tipico della New Hollywood. La nostalgia non è sbagliata, può essere di grande conforto. Ma porsi in senso critico verso essa, come verso tutte le cose del mondo, è fondamentale.
Ecco, il conformismo spettatoriale è nemico della critica. Porsi in senso critico verso ciò che apprezziamo o non apprezziamo è un qualcosa che stiamo un po' tutti perdendo. Si ragiona da fan, da tifosi: difesa a oltranza di ciò che desideriamo vedere, attacco ad oltranza di ciò che non desideriamo vedere. La drammaturgia, l'oggettività non contano più. E l'industria, che ha sempre puntato ad incassare, allora ci accontenta. L'importanza dei dibattiti non è più stimolare una riflessione ma convincere coercitivamente l'altro a pensarla come noi.
Concludo: temo ormai che si stia andando verso uno scollamento sempre più grande tra appassionati/addetti ai lavori e grande pubblico generalista. I primi sono sempre più competenti, colti, preparati ma anche elitari ed irraggiungibili; i secondi sempre più bloccati in una mentalità chiusa. E non riguarda solo la spettatorialità cinematografica, ma anche la lettura, un ambito molto lontano da me: i lettori forti leggono sempre di più, i lettori deboli sempre di meno
https://www.raiplay.it/video/2021/11/Quante-storie-08d6d30e-a93f-44f2-8b2a-36ce5d323d25.html
Il luogo comune vuole che non ci siano più le mezze stagioni. Temo che, in realtà, a non esserci più siano coloro in grado di mettere in comunicazione la Cultura vera, appannaggio di pochi, con la massa
“Matrix: Resurrections è un film pieno di difetti ma che compie una riflessione teorica metacinemografica davvero straordinaria e, peraltro, coraggiosissima nel suo auto-sabotarsi.”
Ho resistito a lungo, vedendo anche certi interventi del prode @CineNihilist qua e là, ma sento come la “necessità” di dire un paio di cosette al riguardo, anche se la recensione l’ho già scritta. Perdonami, ma credimi non ce l’ho con te (e ci mancherebbe): sto solo cogliendo l’occasione, diciamo.
Per dire, in sintesi, che questa faccenda della profonda riflessione che sarebbe alla base del nuovo Matrix mi pare sempre più forzata: perché, a ben vedere, ammesso e non concesso che ci sia si esaurisce quasi all’istante e per di più risulta alquanto ipocrita, visto che poi il film stesso per tutto o quasi il resto del tempo non fa altro che riparare sulla nostalgia, ovvero sul ricordo della trilogia originale, richiamata in continuazione sino allo sfinimento.
Non gliel’ha mica ordinato il dottore a Lana Wachowski di cimentarsi nell’impresa: il metodo migliore per “mandare a quel paese” gli studios affamati di dollari sarebbe stato anzi quello di svicolare completamente e lasciare magari che la Warner se lo producesse in autonomia un seguito se proprio ci teneva tanto. Così si sarebbe reso chiarissimo, senza ammorbare con due ore e mezza di film inutile, il pensiero di entrambe le autrici: cioè, “Matrix è bello e concluso e avete anche rotto ormai con ‘sta mania di rinvangare vecchi franchise”. Troppo facile invece produrre un seguito facendo finta di criticare l’esistenza stessa di continui seguiti e affini, per il tramite del pretesto metanarrativo di sedicente appunto commento sul rimbambimento/conformismo del pubblico.
E poi, in tutta onestà, un film con delle battute così agghiaccianti, una recitazione sì svogliata, delle scene d’azione sì ridicole (ma anche qui c’è chi c’ha visto il “geniale” sottotesto: ovvero, sarebbero fatte apposta “un po’ a cazzo di cane” https://youtu.be/rqHDvEjdPrM per suicidarsi e porre una volta per tutte fine alla saga: però…), una sceneggiatura sì pasticciata… è insalvabile a prescindere, davvero. “90% shit”, no doubts about it.
“E la gente è ben contenta di "eat shit", come recita l'insegna nell'incipit dell'ultima fatica di Lana Wachowski.”
E, appunto, lei è più che contenta di regalargliela, a quanto sembra, vista la sua carriera più che ventennale, nel corso della quale l’unico exploit decente dopo Matrix (a parte forse Sense8) rimane probabilmente Cloud Atlas, che pure dei grossissimi limiti ce li ha.
Ecco, quest’ultima opera, sicuramente inusuale, potrebbe essere considerata in qualche modo “anti-studios”, essendo stata prodotta in sostanziale autonomia dalle grandi major e non guardando in faccia, per così dire, a nessuno.
Non certo Resurrections viceversa prodotto al solo fine di far soldi proprio da una major, come si può facilmente evincere da tutta la seconda parte non solo anonima e incolore, ma sfacciatamente nostalgica e sostanzialmente eterea, visto che si tramuta in una sorta di cripto-remake “in incognito” del film originale alla luce, potremmo aggiungere, del metoo.
“La colpa è anche del grande pubblico che letteralmente ripete a pappagallo "non ci sono più idee, ormai al cinema ci sono solo remake/sequel/reboot" (cosa peraltro palesemente falsa) e poi stronca un blockbuster hollywoodiano come Matrix Resurrections che riflette, in maniera imperfetta ma brillante, esattamente su questo.”
Di nuovo il punto è e deve essere sempre il come: ci riflette? Ci “riflette” male.
Comunque, lasciando ora da parte Matrix:
“Il conformismo è nemico dell'arte.”
Impossibile non sottoscrivere. Ed è una tragedia che tale conformismo sia condiviso sempre più trasversalmente, pure tra chi magari si auto-definisce cinefilo “studiato”, che in ossequio al clima del nostro tempo partecipa puntualmente a tutte le alzate di scudi di principio dei nuovi “critici” a la merde, che ormai distruggono senza senso il nuovo film di Allen o Polanski, oppure “scoprono” incredibilmente la scena di stupro in C’era una volta in America e sentono il bisogno di farci sapere quanto la cosa li abbia fatti inorridire e quanto il film sia conseguentemente da considerarsi schifoso, inguardabile, misogino e da buttare nella pattumiera della cinematografia (“Boicotaggioooooo!” / “Oggi un film del genere non lo potrebbe fare, e per fortunaaahh!”).
Insomma, un’ondata di neo-puritanesimo ovviamente di matrice anglosassone che sinceramente alla lunga potrebbe finire per rivelarsi ben più deleteria della nostalgia producente saghe a non finire.
“Il luogo comune vuole che non ci siano più le mezze stagioni. Temo che, in realtà, a non esserci più siano coloro in grado di mettere in comunicazione la Cultura vera, appannaggio di pochi, con la massa.”
Ed eccoci alla questione dirimente: il problema è proprio che alla cosiddetta massa, per dirla brutalmente, non è mai fregato un accidente della “Cultura con la c maiuscola” (che poi bisognerebbe anche capire cosa sia di preciso, considerato che talune distinzioni tra cultura “alta” e “bassa” lasciano un po’ il tempo che trovano).
Lo si vede bene nel caso che tu stesso citi della lettura: metà popolazione non legge neanche un libro all’anno (e nella categoria finiscono pure alcune eccellenti figure politiche), ok. Tuttavia, il punto è che anche tra chi legge i lettori forti sono una ristrettissima minoranza, mentre tutti gli altri fanno un po’ come gli spettatori al cinema: leggono Cinquanta sfumature di grigio o 365 days o il nuovo fantasmagorico romanzo di Fabio Volo e poi addio. Insomma, anche qui è una questione di cosa leggi, o guardi.
Quindi gira che ti rigira non c’è via d’uscita: il cinema d’autore non ha mai incassato più di tanto (salvo rarissime eccezioni, magari dovute più a scandali figli di epoche [finché dura e si potrà ancora sostenere] molto più chiuse e bigotte e conformiste a livello pubblico collettivo [che poi si sa che nel privato invece…]). E il cinema d’intrattenimento ha quasi sempre cercato il facile incasso.
Che ci si vuol fare?
PS: La percezione che accomuna tanti spettatori di una maggior insistenza nel ricorso alla nostalgia da parte delle case di produzione non è del tutto campata per aria e penso si debba al fatto che ormai invece di rubare ma inserendo il tutto in qualcosa di almeno vagamente nuovo (alla Tarantino, per capirci: una confezione che in sé stessa risulta in qualche misura originale: dunque, il come viene detta una cosa che mette in ombra il fatto che quella cosa si sia già sentita altre mille volte [ma dopotutto l’originalità assoluta non esiste]), ci si limita a produrre il remake o il sequel o il threequel o il sidquel direttamente, senza troppe remore. E in aggiunta un sequel o quel che è che non solo cita ma proprio ricalca lo schema narrativo del progenitore (si veda Star Wars: Il risveglio della Forza per credere).
In questo mi sento di concordare con @Stanley42 sopra: ultimamente ci si sta gettando a capofitto in questo processo, che di sicuro non è nuovo ma che pare stia conoscendo un’inedita espansione. Non tutto è sequel o reboot, ma nell’intrattenimento puro i sequel, i reboot ecc. ecc. appaiono sempre più di frequente e a distanze sempre più ravvicinate.
Ciao causticocinefilo, grazie per l'intervento puntuale ed argomentato. Anche stavolta, come spesso mi capita quando leggo le tue recensioni, mi tocca dissentire.
A differenza del buon @CineNihilist, io non sono un wachowskiano (tolto Matrix, ho visto 0 della loro produzione) né un fan sfegatato della trilogia di Matrix, anche perché la fantascienza non rientra tra i miei generi prediletti. Ciò non mi impedisce, tuttavia, di riconoscerne la grandezza, un po' ovattata da certe cripticità e da degenerazioni nerd di troppo. L'impatto in termini non solo estetici sulla storia del cinema è innegabile. Quindi, i miei giudizi non sono, in qualche maniera, veicolati da una sorta di soggettività, come riconosco che spesso mi capiti quando mi imbatta in opere di Scorsese, Spielberg, Allen, Wilder, Moretti etc.
Tu dici che, se Lana Wachowski avesse davvero voluto dare un segnale di rottura alle major, avrebbe dovuto rifiutare direttamente di intraprendere questo progetto. E' un'affermazione condivisibile, dal momento che Lilly Wachowski, con ogni probabilità, ha avuto il tuo stesso pensiero e se n'è tirata fuori. Ma il punto, secondo me, non è tanto cosa tu o Lilly Wachowski o io avremmo fatto se la Warner Bros. ci avesse chiamato per fare un remake/sequel/reboot di un nostro prodotto del passato. Il punto è quello che ha fatto Lana.
Lana ha costruito un blockbuster hollywoodiano che, per tutto il tempo, non fa altro che auto-ridicolizzarsi, auto-sbeffeggiarsi, auto-percularsi. Lana ha elevato un canto funebre all'autorialità stroncata sul nascere dallo strapotere dell'industria e dal conformismo del grande pubblico. Lana qualcosa di nuovo da dire ce l'avrebbe (cioè il superamento della logica binaria pillola rossa-pillola blu, che mi dicono anche essere tratto distintivo delle sue recenti produzione filmiche e televisive) ma l'industria non è disposta a darle voce perché gli investimenti più sicuri sono quelli su brand o franchise ormai consolidati. L'autobiografismo di Lana viene usato come lente attraverso cui filtrare il grido di dolore di tanti autori giovani e meno giovani che si ritrovino invischiati in progetti in cui lo spazio creativo personale si sia ormai assottigliato e in cui non si possa fare altro che assecondare i diktat dall'alto. Basti guardare alla progressiva involuzione dei cinecomics, sempre più asserviti a logiche fan service, fumettistiche e che di cinematografico hanno ben poco ma che, invece, incassano sempre di più (quindi anche il grande pubblico ha le sue colpe).
Ora, passiamo al 'Come' tale messaggio metafilmico venga veicolato. Matrix 4, in termini di regia e messa in scena, non è per nulla interessante né stimolante né fresco né nuovo. Le scene action sono tutte ampiamente sotto il minimo sindacale. Keanu Reeves interpreta un Thomas Anderson irriconoscibile. Yahya Abdul-Mateen II interpreta un Morpheus clownesco, cialtrone, ridicolo. Jonathan Groff non ha 1/10 del carisma di Hugo Weaving. Ecco, per me, queste sono scelte tutte programmatiche orientate a perculare l'ossessione produttiva per i rifacimenti. Non c'è la seriosità, per esempio, della trilogia sequel di Star Wars. E' tutto volutamente sottotono e parodico in Matrix 4 proprio per far capire quanto sia impossibile rifare il passato nella medesima maniera. Se si vuol rifare, si deve dare un segnale di rottura. E spesso ciò non basta. La chiave di Lana è l'auto-parodia, l'auto-satira, l'auto-presa per il culo.
Ora, so che per te questo 'Come' sia ampiamente deludente e sia semplicemente una masturbazione mentale per difendere l'indifendibile ma, fidati, da non fan, mi sento di dire che quella della Wachowski sia una strada molto intelligente. Tutti i più grande remake della storia (e tu sai come la penso sul concetto di 'remake', visto che ci ho dedicato un lungo post in merito qui su Filmtv) sono stati all'insegna della rottura rispetto all'originale, spesso illustre e ritenuto intoccabile. In Cape Fear del 1962, la famiglia di Gregory Peck è talmente tanto perfetta ed inappuntabile che vien voglia, a volte, di parteggiare per Robert Mitchum. Nel rifacimento del 1991, Scorsese inietta la propria poetica: ambiguità, passato oscuro, ombre, senza risparmiare nessuno, nemmeno la ragazzina Juliette Lewis, in qualche modo attratta nel terrore dal mefistofelico De Niro. Non sono tutte questi aspetti già ampiamente visti in maniera ricorrente nella filmografia di Scorsese? Cosa avrebbe dovuto fare, Martin, dire "No, preferisco dire queste cose in un progetto nuovo" come sarebbe stato il film successivo, ovvero il mai fatto in precedenza film in costume L'età dell'innocenza? Ha fatto un remake, un ottimo remake, per me non un capolavoro, ma un grande film, di rottura rispetto all'originale.
Ed è questo il punto: essere di rottura. Lana Wachowski realizza non un sequel ma un remake dell'intera trilogia originale. E' un remake profondamente imperfetto e sono il primo ad esserne consapevole: dura almeno 20 minuti di troppo, nella prima parte è troppo didascalico "Forse non è la storia che conosciamo", eccede nelle trovate kitsch (come il delirante Merovingio), non è sempre compatto. Però, ecco, io credo che uno dei difetti dell'opinionismo contemporaneo sia l'eccesso: è tutto o una merda o un capolavoro. Matrix 4 non è un capolavoro, non è una merda, secondo me. Fa tante cose brillanti e coraggiose, ma spesso è slabbrato. E' un buon film, uno di quelli che rivedrei con piacere e a cui darei il mio affetto cinefilo. Non lo amerò mai come un The Irishman o un West Side Story, ma è possibile anche voler bene ai prodotti imperfetti. Poi, come sempre accade, sarà il tempo il vero implacabile giudice artistico.
Un'ultima osservazione: parli del 'metoo' e credo che tu voglia dire che Matrix 4 sia un film più allineato e conformista di quanto non voglia far trasparire. Il fatto che Carrie-Ann Moss sia molto più attiva, decisa e decisiva di Keanu Reeves non l'ho interpretato come un ossequio al puritanesimo low cost di inizio XXI secolo. L'ho visto, invece, come un voler superare il meccanismo della trilogia originale (la rottura di cui sopra che rende un remake degno di essere realizzato anche nella sua imperfezione): per poter salvare il mondo (metaforicamente: per poter incidere davvero nella vita propria ed altrui), non è necessario essere l'Eletto o il Messia. La straordinarietà può risiedere anche nell'ordinarietà.
Il fallimento di tanti remake/sequel/reboot risiede, secondo me, nel fatto che chi li diriga non abbia niente da dire. Penso a Space Jam 2, uno dei film più brutti che abbia mai visto. Ma per me non è un male in senso assoluto, è la conferma del fatto che cimentarsi in un rifacimento sia un'impresa nobile perché rifare bene è molto più difficile che realizzare un prodotto originale. Infatti solo grandi giganti che ci hanno regalato capolavori originali sono riusciti nella leggendaria impresa di regalarci remake-capolavori (Hitchcock, Wilder, Scorsese, De Palma, Carpenter, Spielberg etc.)
Lasciando anche io ora da parte Matrix e venendo al finale del tuo estremamente interessante discorso, non posso fare altro che sottoscrivere quanto dici. Il cinema d'autore ha sempre incassato poco, è vero, ma è anche vero che decenni fa il cinema e il rito della sala cinematografica possedessero un'importanza nella vita collettiva di tutti decisamente maggiore di quella odierna. Penso, per esempio, al capolavoro straordinario di Ingmar Bergman "Luci di inverno", che fece letteralmente la fortuna dei circuiti d'essai. Se un film del genere venisse proiettato oggi, ai multisala sarebbe disertato mentre ai cinema d'essai incasserebbe poco. L'exploit di un film d'autore oggi è rarissimo, quantomeno in Italia. Un Nanni Moretti che nel 1976 ottiene un imprevisto successo con "Io sono un autarchico" che spopolò nei circuiti d'essai e che lo portò persino in Rai a dialogare con Mario Monicelli in occasione della messa in onda in tv del suo esordio alla regia oggi sarebbe quasi impossibile da trovare. E' il cinema in generale ad essere molto meno importante rispetto a prima. Prima non erano tutti cinefili (in tal senso, concordo con te che alla massa non sia mai fregato niente della cultura) però si usciva di casa e comunque si pagava un biglietto. Oggi, per vari motivi, non è più così. Lo spettatore occasionale è sempre più occasionale e il cinefilo appassionato è sempre più appassionato e colto. E concordo anche con quello che dici sulla lettura (io sono un lettore debole, beninteso). Se leggere Fabio Volo fosse un volano per approdare a Murakami (esempio a caso), allora sarebbe ottimo. Ma non è così quasi mai, purtroppo, esattamente come vedere Endgame non è un volano per vedere Il Cavaliere Oscuro che non è un volano per approdare alla filmografia di Michael Mann di cui Christopher Nolan è un grande estimatore da sempre (le scene action, per esempio, sono palesemente manniane ma non ne hanno la medesima classe e chiarezza grammaticale) che non è un volano per approdare al Cinema quello vero, anche d'intrattenimento (Spielberg, Scorsese, Nolan stesso, Villeneuve, Burton etc.)
Che ci si vuol fare? Domanda da 1 milione di dollari. Raffaele Meale ha scritto per Quinlan un articolo lungo ma estremamente interessante sulla crisi delle sale, l'unico esercizio che non abbia mai di fatto conosciuto una reale ripresa dallo scoppio della pandemia, a differenza della ristorazione o delle strutture ricettive, che pure hanno conosciuto un netto calo, ma non così drammatico e costante. E secondo me ha ragione nel parlare di problema politico, di decennale assenza di investimenti e di importanza riservati alla politica culturale.
https://quinlan.it/2022/01/12/lultimo-spettacolo-e-in-sospeso/
Mi permetto di inserirmi in questa appassionata e riflessiva conversazione sotto a questo interessante post visto che vengo preso in causa intervenendo esclusivamente su Matrix.
"Ho resistito a lungo, vedendo anche certi interventi del prode @CineNihilist qua e là"
Quindi spiegati meglio, ora sono diventato una sorta di "crociato delle cause perse" solo perché ho apprezzato un film che per te è una merda e da piratare per farlo fallire ai Cinema e perché non sono allineato al tuo pensiero? Ti dà fastidio che qualcuno la pensi diversamente da te? Ci hai pure scritto una recensione guadagnandoti anche una buona visibilità trovando anche tanti sostenitori giustamente come per tutte le altre recensioni "sufficienti" e "positive", qual è il problema?
E' come se io fossi per te un “fanboy” che non dovrebbe difendere un'opera che gli è soggettivamente piaciuta dovendosi quindi allineare alle stroncature del 90% di critica e pubblico perché "c'hanno oggettivamente ragione oh!". Perché è questo quello che avverto dalle tue ironiche parole. Poi potrei anche sbagliarmi eh, ma io avverto queste sensazioni oltre che un profondo astio ed ossessione per questo film "demmerda"; espressione usata da te dopo la mia volutamente scherzosa citazione alla battuta di Morpheus del primo Matrix per convincere l'utente @Genga009 di vedersi il film e farsi una sua idea. A questo punto chi è più ipocrita tra una Lana Wachowski che cerca di "educare e bacchettare" come una maestrina pretenziosa un pubblico-studente attraverso un blockbuster anticonvenzionale ma di richiamo allo stesso tempo con un suo cuore e un suo perché di esistere, e un utente che polarizza la sua visione sul film sconsigliandolo a tutti dicendo addirittura che merita di floppare (lecito pensarlo) e di essere piratato (questo inaccettabile)?
Adesso dico “brevemente” la mia così chiariamo come la penso su questo film con questo “teaser” scritto su due piedi:
Matrix Resurrections fa perdurare tutta la sua critica metanarrativa e metacinematografica all'industria hollywoodiana (non solo sui reboot/revival/sequel/spin-off ma anche sul conformismo del pubblico nei suoi gusti cinematografici) e al "mondo" per tutto il film dalla prima inquadratura (emblematico "for those who love to eat shit") fino all'ultima, dove il primo atto è la manifestazione rigorosamente ultra-didascalica del discorso teorico imbastito da Lana (il nuovo Morpheus esce dal bagno dicendo a Neo "La prima volta è una tragedia, la seconda una farsa") e il secondo/terzo atto è l'applicazione pratica di tale critica che stavolta però non è più così esplicita come prima, ma implicita nella narrazione apparentemente ordinaria (e da qui la dissacrante parodia di Star Wars The Force Awakens in primis sui robottini "pucciosi" fatti per vendere merchandising o la "Leila-Niobe" utilizzata primariamente come elemento nostalgico soprattutto nel "ricordo di Morpheus", però poi anti fan-service puro quando il suo carattere si mostra parecchio cambiato presentando delle interessanti riflessioni narrative ed extra narrative) in cui gli stilemi tipici della saga vengono scientificamente destrutturati sempre in luce della metatestualità marcatamente più presente nel primo atto, che serve non solo a provocare il pubblico nostalgico mainstream che voleva solo vedere Neo spaccare i culi come nel 1999 e distruggere mille programmi con tonnellate di CGI iper-spettacolarizzante, ma anche nel mostrare che il film non vuole solo riflettere sul ricordo (che è diverso dalla nostalgia) e “dissacrare” il “mito” della trilogia originale, ma anche di intraprendere un discorso più "intimo" spogliandosi dell'aura più "spettacolarizzante" e "filosofeggiante" dei precedenti capitoli per concentrarsi sul cuore e dunque il nucleo del racconto prettamente narrativo che si riallaccia perfettamente alla macrotrama della saga matrixiana e che è l’aspetto che più interessa a Lana Wachowski: l'amore di Neo e Trinity, che non vuole inseguire la blasonata moda metoo/girlpower dando i "superpoteri" a caso all'anima gemella di Neo come accade alla Mary Sue Rey di Star Wars lol, ma vuole ricollegarsi al rapporto simbiotico che unisce il "programma [settimo]Eletto" di Neo a Trinity (lo spirito secondo la trinità Morpheus=Padre e Neo=Figlio) in cui nessuno dei due può fare a meno dell'altro, perché dal primo film del 1999 fino al 2003 i miracoli compiuto da Neo sono sempre stati legati dalle azioni di Trinity perché entrambi "programmati" a seguire lo schema loop "dell'elezione" creato dall'Architetto e dall'Oracolo in cui il settimo eletto aveva bisogno di una persona da amare (e non amare solo l'umanità) per poter sbilanciare l'equazione e rompere così l'inefficiente schema malthusiano algoritmico del padre di Matrix. Questa stessa manipolazione autoindotta dai due genitori di Matrix Neo la rompe in Reloaded e sarà il motore che poi porterà al dolce amaro epilogo di Revolutions. Neo in Resurrections per ritornare davvero pienamente "l'Eletto" deve quindi ricongiungersi con Trinity per amore e dunque riacquisire pienamente i suoi poteri (come il volo) perché è la sua altra metà imprescindibile nel suo percorso di elezione programmato nuovamente dalle macchine (l’Analista lo manipola di nuovo), e nel farlo il suo codice "anomalo" si trasferisce in Trinity anche perché l'Analista li aveva messi come "bilancieri" della nuova equazione su cui costruire e dare energia alla nuova simulazione più efficiente non puntando più sulla manipolazione dei "fatti" come l'Architetto, ma sulla manipolazione delle emozioni. Quelle stesse emozioni "manipolate" che alla fine gli si ritorceranno contro perché ora che le due metà si sono ricongiunte non solo sono più forti di prima (due Eletti), ma hanno rotto anche il classico binarismo 0 e 1 rappresentato dall'eterno ritorno nietzschiano e dunque lo scontro perenne tra Smith e Neo (Yin e Yang viene sottolineato ironicamente in Resurrections), ma riconducibile anche all'elemento autobiografico di Lana Wachowski in cui afferma che ora è imprescindibile per diventare "eletti", o meglio "essere umani" con tutte le sue imperfezioni, accettare sia la parte maschile che la parte femminile di sé, simboleggiato magnificamente dal volo finale tra i due protagonisti e la cover volutamente cantata da una femmina per rivendicare la nuova identità di Lana Wachowski non solo non-binaria, ma anche artistica ovvero "io non sono solo Matrix".
Ma qui bisogna seguire attentamente gli eventi e i sottotesti della trilogia originale, ma se per te in Reloaded la Monica Bellucci e lì solo per "mostrare le tette" e Revolutions è quasi alla pari di un Rambo 3, a sto punto posso capire anche il tuo disprezzo per Matrix Resurrections che è un quarto capitolo a tutti gli effetti, ma anomalo nella sua base di partenza come tutti i capitoli precedenti matrixiani che non si sono MAI piegati al pubblico di riferimento, come del resto tutte le opere wachowskiane.
"Non gliel’ha mica ordinato il dottore a Lana Wachowski di cimentarsi nell’impresa"
E il "dottore" aveva ordinato a Federico Fellini di girare "Otto e mezzo" facendo un meta-film sulla non-realizzazione di un film in un film dopo il successone de "La Dolce Vita"? E come dice il buon @Alvy, anche gli autori che si sono cimentati a fare remake chi gliel'ha ordinato? E se non avessero fatto quei remake dirompenti il loro messaggio sarebbe stato ugualmente efficace con un film totalmente "originale" di loro pugno? Non esiste più la possibilità e la volontà artistica da parte di un/una regista nel veicolare un messaggio (ritenuto giusto/sbagliato/fallace/riuscito che sia dal pubblico che dalla critica) attraverso un film oggigiorno? Il bisogno di esprimersi è intrinseco in tutti gli artisti, perché auto negarsi? Chi glielo impedisce?
Nel caso di Lana Wachowski è sempre stata tartassata dai produttori della Warner per fare un sequel di Matrix insieme a sua sorella dopo Matrix Revolutions, mentre queste intanto collezionavano flop su flop realizzando film originali e sperimentali, poi dopo il lutto Lana si è detta: sai che c'è Warner? Mo' te lo faccio il sequel ma come lo voglio io imprimendo anche tutta quella sofferenza emotiva (per il lutto) e quel disagio che ho provato dal 2003 ad oggi nel cercare di cambiare l'industria blockbuster hollywoodiana attraverso i miei film fallendo, quindi per una volta mi permetto di creare un'opera volutamente metacinematografica e metanarrativa dettata dal mio solo egocentrismo che se arriva alla massa bene, sennò pazienza, tanto di suicidi artistici ne ho fatti negli anni, di sicuro mettere la pietra tombale su un franchise con un film anti-nostalgico per eccellenza in cui ne ho per tutti dai fan fino agli hater di sicuro non mi cambierà la vita.
Nel primo film del 1999 essere speciali era diventare eletti contro un sistema “tecnologico-politico” (vista superficialmente soprattutto per la massa perché poi c’è tutta la componente della battaglia spirituale interiore ma non voglio dilungarmi), ora nel 2021 essere speciali significa scegliere di essere genuinamente esseri umani senza accettare compromessi che minerebbero la nostra vera natura libera e indipendente da qualsiasi sovrastruttura che ci vogliono imporre. E’ più riuscito il messaggio del ‘99? Probabilmente sì, ma questo nuovo aggiornamento nel 2021 non lo disdegno affatto, anzi, è più attuale che mai.
"Troppo facile invece produrre un seguito facendo finta di criticare l’esistenza stessa di continui seguiti e affini, per il tramite del pretesto metanarrativo di sedicente appunto commento sul rimbambimento/conformismo del pubblico."
E invece è proprio perché sfrutta un titolo di un brand così famoso nell'imbastire la sua critica metacinematografica (e non solo) che funziona maggiormente il suo discorso teorico e questo la rende un'opera estremamente interessante e coraggiosa nel gestire il mondo di Matrix come Macguffin per analizzare la realtà, inoltre questo giochetto "meta" del sequel anti-sequel lo fa anche la saga di Scream e secondo la tua logica allora non dovrebbe nemmeno esistere questa tipologia di film.
Il più grande atto di coraggio di Lana è proprio quello di prendere uno dei franchise di più successo della Warner sbattendosene, e così decidere di creare un discorso personale e critico sullo stato del Cinema di oggigiorno smaccatamente di natura anti-commerciale alla base senza avere così lo scopo di lanciare nuove trilogie reboot/spin-off/merchandising che invece la Warner sperava di fare con questo film.
Inoltre con questo suicidio artistico e commerciale la Warner aspetterà un bel po' prima di riprendere in mano il franchise, portando così alla riuscita del piano di Lana di preservare la sua creatura concepita insieme a sua sorella da becere logiche commerciali di cui tra l'altro le sorelle transgender detengono una parte della proprietà intellettuale. E' un rapporto di amore-odio quello con Matrix palesemente esplicitato nel film per Lana Wachowski, in cui si mette completamente a nudo esprimendo tutto il suo disagio nel realizzare questo film attraverso il suo alter ego interpretato da Keanu Reeves; tra l'altro l'attore non farà altri film su Matrix se non ci sarà Lana, idem per Carrie-Anne Moss che sono complici della visione di Lana, quindi credo che la Warner sarà obbligata a fare al massimo prequel e spin-off, oppure sequel ambientati centinaia di anni dopo, però è anche consapevole che senza lo star power di Keanu Reeves è difficile attirare pubblico soprattutto oggigiorno. Stallo alla messicana completamente riuscito visto che anche i produttori non vogliono fare seguiti di questo film.
"“E la gente è ben contenta di "eat shit", come recita l'insegna nell'incipit dell'ultima fatica di Lana Wachowski.”
E, appunto, lei è più che contenta di regalargliela, a quanto sembra, vista la sua carriera più che ventennale, nel corso della quale l’unico exploit decente dopo Matrix (a parte forse Sense8) rimane probabilmente Cloud Atlas, che pure dei grossissimi limiti ce li ha."
Dissento totalmente, merda Speed Racer, Matrix Reloaded, Matrix Revolutions e Jupiter Ascending? Suvvia, siamo oggettivi, allora F&F9 che hai causticamente (e giustamente) demolito insieme a mille altri cinecomics e film orridi come li classifichi? Davvero vogliamo metterli sullo stesso piano?
Io credo che ormai ci sia una grande "lobby" di cinefili anti-sorelle Wachowski dal 2003 che stronca a destra e manca senza guardare alla profondità e alla folle sperimentazione di queste registe che io personalmente adoro, ma è una mia sacrosanta opinione ovviamente, ognuno è libero di amare e disprezzare ogni film che vuole, noto solo che c’è un pregiudizio alla base secondo me quando si parla delle sorelle Wachowski che non sono intoccabili, ma lungi dell’aver fatto solo “spazzatura” dopo Matrix.
Il tempo ci dirà chi avrà ragione e torto come è successo parecchie volte nella Storia del Cinema coi grandi film spernacchiati all'epoca, ma è oggettivo che ormai Cloud Atlas sia ormai diventato un cult agli occhi di molti spettatori e appassionati di cinema (standing ovation di 10 minuti alla premiere del Toronto International Film Festival), come lo è stata la riscoperta e la rivalutazione dei sequel matrixiani nel corso dei decenni, anche Speed Racer sta cominciando ad essere amato da sempre più cinefili.
Consiglio a questo punto ad @Alvy che è ancora un neofita del cinema wachowskiano, la loro opera prima Bound, un lesbo noir erotico fantastico tutto girato in 4 interni e pochissimi esterni che già mostrava il grandissimo talento di queste registe che hanno, nel bene o nel male, rivoluzionato il cinema del XX e XXI secolo.
Riprendendo una frase del critico Giona A. Nazzaro sulla rivista Filmtv su Cloud Atlas nella sua analisi del cinema wachowskiano: "Una narrazione libera che ancora una volta disorienta il grande pubblico che chiede racconti lineari. Le Wachowski, invece, guardano olimpionicamente avanti, come se inseguissero un cinema sperimentale per un grande pubblico che ancora non esiste."
Non posso che concordare alla grande
Per me Matrix Resurrections non è un capolavoro e non lo vuole esserlo, io gli ho dato 4 stelle giudicandolo un buon film, ha i suoi difetti, come Jupiter Ascending che ho rivalutato recentemente con 3.5 stelle. Il film lo riandrò a rivedere per la terza volta domani e per la prima volta in lingua originale, come sempre la revisione è più importante della visione, soprattutto di fronte ad opere così stratificate come quelle wachowskiane, perfette nelle loro imperfezioni.
Quando avrò più tempo e sarò pronto pubblicherò la recensione così metterò definitivamente nero su bianco ciò che ne penso di questo film che PER ME non è la spazzatura che raccontano in giro.
@Alvy, l'articolo che citi su Quinlan, che avevo già letto, è ne giusto ma, come spesso capita nelle analisi e nei post "urlati", manca il bersaglio grosso: le persone, gli spettatori.
Che sono diventati fantasmi, zombi, maestri di pigrizia e visioni da divano, giusto ridestatisi per Spider-Man (ma quindi la politica culturale?): la pandemia ha soltanto accelerato un processo che era già in atto da anni, mitigato da casi sporadici; e questo al di là delle colpe evidenti di chi gestisce il sistema, a tutti i livelli.
Insomma, l'anomalia - che è tutta italiana - palesa la questione culturale: (in Italia) non fa figo andare al cinema. Altrove, sì.
Per venire incontro al tema del post: per sfruttare lo tsunami nostalgico, non sarebbe il caso di riproporre in sala, con regolarità, film "classici"? Non solo opere d'autore (come fa ad esempio la sempre benemerita Cineteca di Bologna: e infatti Mulholland Drive è stato un successo, non il solo), anche perle d'intrattenimento quali, ad esempio, Stand By Me, Léon, I Goonies, Edward Mani di Forbice ecc..
Farebbero il botto.
Quindi spiegati meglio, ora sono diventato una sorta di "crociato delle cause perse" […] e perché non sono allineato al tuo pensiero? Ti dà fastidio che qualcuno la pensi diversamente da te?
Ho idea tu abbia frainteso alquanto il senso della battuta: intendevo dire che ti ho visto “spuntare” nei commenti di tante recensioni al film e difenderlo caparbiamente (cosa che non è certo deprecabile in se stessa), anche insinuando talvolta che quelli che invece non l’hanno apprezzato non l’abbiano al fondo davvero capito (dei veri e propri “bluepillati” incapaci di vedere la “verità”).
E' come se io fossi per te un “fanboy” che non dovrebbe difendere un'opera che gli è soggettivamente piaciuta dovendosi quindi allineare alle stroncature del 90% di critica e pubblico perché "c'hanno oggettivamente ragione oh!"
Mai detto un qualcosa del genere: anzi, per quanto riguarda ciò che penso in merito a questa “entità fantasmatica” a cui daremo il nome di critica “oggettiva” ti rimando alla risposta data a @Leman sotto la mia rece di Sto per finirla qui. Spoiler: per me non esiste…
Poi potrei anche sbagliarmi eh, ma io avverto queste sensazioni oltre che un profondo astio ed ossessione per questo film "demmerda"; espressione usata da te dopo la mia volutamente scherzosa citazione…
E la mia, va da sé, voleva essere ‘na battuta altrettanto scherzosa.
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A questo punto chi è più ipocrita
Le offese io le lascerei anche da parte, eh, poi fai tu.
tra una Lana Wachowski che cerca di "educare e bacchettare" come una maestrina pretenziosa un pubblico-studente…
Ecco, appunto, hai già detto tutto da solo.
e un utente che polarizza la sua visione sul film sconsigliandolo a tutti dicendo addirittura che merita di floppare (lecito pensarlo) e di essere piratato (questo inaccettabile)?
Quindi, ok, fammi capire: tu puoi andare a difenderlo ovunque e io invece non posso andare a demolirlo ovunque, visto che non m’è garbato manco di striscio? Però, interessante…
Inoltre, non mi fascerei troppo la testa circa l’“annosa” questione pirateria: dopotutto, stiamo pur sempre parlando di una megaproduzione hollywoodiana e non certo di una piccola, piccolissima produzione indipendente fatta con 2 lire e il sostegno della film commission del Burundi.
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Matrix Resurrections fa perdurare tutta la sua critica metanarrativa e metacinematografica all'industria hollywoodiana...
E daje: “emo capio!”
fino all'ultima, dove il primo atto è la manifestazione rigorosamente ultra-didascalica del discorso teorico imbastito da Lana (il nuovo Morpheus esce dal bagno dicendo a Neo "La prima volta è una tragedia, la seconda una farsa") e il secondo/terzo atto è l'applicazione pratica di tale critica che stavolta però non è più così esplicita come prima, ma implicita nella narrazione apparentemente ordinaria...
E va beh peccato che il risultato sia appunto un film interminabile e sempre più irritante man mano che procede: e lo riaffermo non perché avessi chissà che aspettative, anzi il contrario: avendone avute pressoché zero all’ingresso in sala il fatto che sia riuscito ciononostante a deludermi è un qualcosa di extraordinarie, veramente.
E ribadisco nuovamente che sempre man mano tal “pretesto teorico” si dimostra sempre più appunto un pretesto per “buttare in vacca” la produzione, con una regia e dei dialoghi che diventano quasi “incredibilmente” inguardabili e inascoltabili.
(e da qui la dissacrante parodia di Star Wars The Force Awakens in primis sui robottini "pucciosi" fatti per vendere merchandising…
Parodia di Star Wars: bah, io questo non creto https://youtu.be/8x1M9yhjmC8?t=72 , ma va anche a sensibilità, chiaro.
ma anche di intraprendere un discorso più "intimo" spogliandosi dell'aura più "spettacolarizzante" e "filosofeggiante" dei precedenti capitoli per concentrarsi sul cuore […]: l'amore di Neo e Trinity [...] cui nessuno dei due può fare a meno dell'altro...
Cioè quindi Lana ha deciso brillantemente di dismettere i sottotesti filosofici più intriganti per l’ennesima menata sull’amore che muove le cose nell’universo (il tipico “sbracamento à la Interstellar)? Stupendo.
E, tra parentesi, per quanto mi concerne preferisco le botte da orbi alla melassa sentimentale, se proprio mi trovo costretto a scegliere.
Ma qui bisogna seguire attentamente gli eventi e i sottotesti della trilogia originale...
Vedi, di nuovo: chi non li da cinque stelle del capolavoro (maddai) è perché non li ha, alla fine, capiti più di tanto: è che non ci ha prestato attenzione…
…ma se per te in Reloaded la Monica Bellucci e lì solo per "mostrare le tette"...
Beh, ancora di più in Revolutions ma pure nel secondo film diciamo che rispetto al Merovingio non è che ti rimanga molto impressa se non appunto per le tette e il “bacio rubato”.
…come tutti i capitoli precedenti matrixiani che non si sono MAI piegati al pubblico di riferimento, come del resto tutte le opere wachowskiane.
Bah, il fatto stesso che esistano dimostra una qualche forma di genuflessione ai meccanismi di mercato: considerato che più di tanto il film originale non necessitava di seguiti. E il fatto che quei seguiti siano sempre più costruiti intorno ai combattimenti e meno intorno ai “profondi risvolti filosofici” è un ulteriore elemento a favore della tesi che poi così tanto anticonformistiche rispetto ai “gusti del pubblico” ‘ste sorelle fu fratelli in quei due casi non lo siano state poi molto.
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E il "dottore" aveva ordinato a Federico Fellini di girare "Otto e mezzo" facendo un meta-film sulla non-realizzazione di un film in un film dopo il successone de "La Dolce Vita"?
“Arditi” paragoni con Fellini li lascerei perdere. 8 e mezzo non era il seguito/remake/reboot di un bel niente e comunque il solo accostarlo persino al Matrix originale fa venire un po’ da ridere, in tutta sincerità.
…dal 2003 ad oggi nel cercare di cambiare l'industria blockbuster hollywoodiana attraverso i miei film fallendo, quindi per una volta mi permetto di creare un'opera volutamente metacinematografica e metanarrativa dettata dal mio solo egocentrismo che se arriva alla massa bene, sennò pazienza, tanto di suicidi artistici ne ho fatti negli anni, di sicuro mettere la pietra tombale su un franchise con un film anti-nostalgico per eccellenza in cui ne ho per tutti dai fan fino agli hater di sicuro non mi cambierà la vita.
Egocentrismo: centrato. E anti-nostalgico solo nei suoi sogni in quanto alla resa dei conti è tanto nostalgico quanto altri “rinverdimenti”, ma al contempo molto più presuntuoso.
Il più grande atto di coraggio di Lana è proprio quello di prendere uno dei franchise di più successo della Warner sbattendosene, e così decidere di creare un discorso personale e critico sullo stato del Cinema di oggigiorno smaccatamente di natura anti-commerciale alla base senza avere così lo scopo di lanciare nuove trilogie reboot/spin-off/merchandising che invece la Warner sperava di fare con questo film...
L’hai già detto, più volte. Di nuovo: si è capito il tuo pensiero, eh.
Stallo alla messicana completamente riuscito visto che anche i produttori non vogliono fare seguiti di questo film.
Penso non li avrebbero voluti fare lo stesso, a ben vedere, considerato il fallimento al box-office.
Per il resto alla Dinsey, per dire, stanno persino pensando di fare un Pirati dei Caraibi senza Johnny Depp/Jack Sparrow quindi in quanto a scommesse/delirio stanno al top.
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Dissento totalmente, merda Speed Racer, Matrix Reloaded, Matrix Revolutions e Jupiter Ascending? Suvvia, siamo oggettivi, allora F&F9 che hai causticamente (e giustamente) demolito insieme a mille altri cinecomics e film orridi come li classifichi? Davvero vogliamo metterli sullo stesso piano?
Forse avrei dovuto sottolineare: dopo la trilogia di Matrix. Dunque sì: sia Speed Racer che Jupiter Ascending per me sono poco più che filmetti, se proprio non si vuol dire filmacci. Cloud Atlas, invece, come ho detto io stesso, è un buon film, anche se forse un po’ troppo contorto/lungo.
Io credo che ormai ci sia una grande "lobby" di cinefili anti-sorelle Wachowski...
E io non ne faccio parte…
…che stronca a destra e manca senza guardare alla profondità e alla folle sperimentazione di queste registe che io personalmente adoro...
… e nonostante questo grandi profondità ho fatto alquanto fatica a ravvisarle in molti loro film.
Poi, per ritornare all’origine (o alla sorgente?): se la critica oggettiva non esiste oltre una certa misura, di sicuro però tento sempre di vedere i lati positivi pure delle peggiori ciofeche o in generale di opere che ho apprezzato poco. E la regola è di guardare ai risultati e non meramente alle intenzioni. Il come di cui sopra.
Dunque: risultati? Ehh…:
Recitazione… salvabile? No
Sceneggiatura? No
Regia? Assolutamente no
Coreografia dei combattimenti? Assolutamente no
Montaggio? Nì
Effetti speciali? Nì
Fotografia? Ebbene, anche sì
Ah, in conclusione, a proposito di “lobby”, “vulgate dominanti” ecc. ecc.: ti rivelo ufficialmente che, di norma, dell’opinione della “maggioranza” non me ne frega un emerito c----. Tant’è vero che prima di vedere un film evito se possibile di leggere recensioni altrui (e anche dopo se mi vien voglia di recensirlo) e quindi della tendenza del momento di solito sono all’oscuro, salvo rare occasioni in cui mi casca “per caso” l’occhio sulle medie/recensioni su Imdb, FilmTV o altri siti.
Sempre molto interessanti queste riflessioni. Ho lavorato in teatro tempo fa e uno dei problemi nell'allestimento delle stagioni era che puntualmente ci si scontrava con il fatto che gli spettatori privilegiavano spettacoli di cui già 'sapevano' tutto: testo, attori, regia. E ancora oggi è così. La maggior parte delle persone va (a teatro, al cinema) e ascolta quello che già conosce. Ma non cadiamo nell'errore di rimpiangere i tempi perduti perché anche in passato le cose non andavano molto diversamente.
In linea generale è effettivamente così, ma per quel che riguarda l'oferta cinematografica è innegabile che quella di oggi è -rispetto a quella di una generazione fa (la mia)- limitata. Ed è un paradosso in quanto sono certo che oggi si girano più film che non 30 anni fa.
Interessante chiacchierata e interessante il collegamento con Matrix 4, che devo ancora guardare.
Personalmente ho sempre pensato che la nostalgia sia un "male obbligatorio" che dobbiamo cercare di scansare e reprimere in ogni modo - per guardare avanti. Ho iniziato a pensarlo da quando i miei coetanei, raggiunti i 30 anni, hanno iniziato a fare collezione di tutta la musica e film di quando ne avevano 18... e la cosa si è ripetuta osservando le generazioni successive.
Un grosso problema, direi simile alla pigrizia.
Che poi, come si dice, "tutte le idee sono già state pensate e usate"... questo può anche essere vero, ma forse dicevano la stessa cosa ai tempi degli antichi romani o di Shakespeare :)
Alla prima domanda di Luca la risposta è ovvia: sì. In un discorso avviato con Alvy e marcopolo30 avevamo già accennato all'ipotesi "nostalgia". La seconda domanda di Luca, però, non è corretta: nei miei anni trascorsi studiando cinema, un maestro come Lizzani mi ha insegnato che esistono due grandi categorie di spettatori (vale lo stesso per i lettori, eh): A) gli addetti ai lavori e quelli che, pur non addetti ai lavori, possono considerarsi spettatori abituali o comunque "interessati", spesso dediti ad analisi, scritture anche personali, annotazioni; B) lo spettatore casuale, colui cioè che ritiene la visione del cinema un momento come un altro, da paragonare, e la prendo alla larga, ad una giornata al circo, allo stadio, a teatro, o semplicemente ad un bel gelato in compagnia. Questo secondo caso, ovviamente, è la stragrande maggioranza, quella cioè che si consegna ad una giornata magari "diversa", senza avere particolari aspettative, In tal caso, quindi, "questo" spettatore non può salvare il cinema, e d'altronde basta dare un'occhiata ai frequentatori dei festival, così numerosi, e a quelli delle sale, certamente pochi, per capirlo. Quale il futuro? Al momento, chi vivrà vedrà. Noi dobbiamo solo aspettarci una generale ripresa ma le condizioni non appaiono favorevoli. Faccio qui presente al caro marcopolo che purtroppo no, non si girano più film di 30 anni fa. Puoi confrontare libri ed annuari, l'Italia importa da sempre (e distribuisce) circa 450 film l'anno, ne produce un centinaio, a volte più, altre meno, da circa una quarantina d'anni. Chiaramente, c'è un motivo: le cosiddette maestranze sono, di generazione in generazione, sempre le stesse, il numero degli allievi registi (o tali) ammessi nelle scuole di cinema sempre lo stesso, ecc ecc. In sostanza, è un mercato immobile. Basti pensare che i principali 5 attori italiani hanno già i contratti per i prossimi 30 mesi, cioè circa due anni e mezzo da oggi. Quindi, se intendessi fare un film con uno di essi, dovrei solo mettermi in coda.
http://www.anica.it/documentazione-e-dati-annuali-2/comunicato-stampa-cinetel-i-dati-del-cinema-in-sala-nel-2021
Condivido qui, con il permesso di Luca, un'analisi interessante :
https://cineguru.screenweek.it/2022/01/sullorlo-dellabisso-31748/
Grazie per i dati, Maurri. Ero andato a 'naso' dicendo che oggi si producono piu film che non 30 anni fa. Resta però (e purtroppo) il fatto che rispetto al passato l'offerta reale è diminuita, giacché franchise e supereroi spadroneggiano facendo assopigliatutto di sale, mentre molti titoli bisogna andare a cercarseli con il lanternino (e fuori dalle grandi città manco quello basta).
Molto interessante l'articolo di Bernocchi che hai linkato. Mi piacerebbe dire che ha torto marcio, ma sarebbe nascondere la testa sotto la sabbia.
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