È tutto molto strano. Piacevolmente, certo, perché si può scrivere finalmente di un risultato positivo, impressionantemente positivo (se non fosse poi che inquietanti ombre si profilano all’orizzonte… ma questo lo vediamo in seguito). Ma strano.
Del resto la cassiera del cinema la settimana prima me lo aveva detto “stiamo ricevendo un sacco di prenotazioni”. Aveva ragione. Dal suo piccolo osservatorio stava vedendo arrivare qualcosa, ma che si trattasse di una cosa di queste dimensioni non lo sospettava nemmeno lei. Anzi, nessuno.
La dimensioni sono queste. A oggi, Spider-Man: No Way Home è arrivato a 14 milioni di euro. Sinora il film che nell’anno ha incassato di più è stato Eternals - 8.3 milioni - ma ci ha messo 7 settimane a racimolarli. A Spider-Man sono invece bastati 7 giorni. Ma non solo: il lunedì, una giornata tipicamente “sgonfia” nelle sale, ha incassato 875 mila euro, facendo salire il botteghino totale del lunedì nei confronti di quello del lunedì precedente del 521%. In un giorno infrasettimanale quindi ha portato a casa gli stessi soldi di Cry Macho di Clint Eastwood in 3 settimane.

Spider-Man: No Way Home (2021): Tom Holland, Zendaya
Sono saltati tutti gli schemi. E questo è accaduto a livello mondiale: il film sull’Uomo Ragno è il terzo miglior esordio in assoluto, anche in tempi di non pandemia: un risultato per di più conseguito senza la Cina, dove il film non è uscito.
Alcune considerazioni si aggiungono. I precedenti titoli sull’supereroe in Italia - parlo di quelli recenti, della trilogia diretta da Jon Watts e con Tom Holland - sono andati bene. O meglio: benino. Spider-Man: Far From Home nel 2019 era arrivato vicino ai 12 milioni di euro, mentre nel 2017 Spider-Man: Homecoming era arrivato a quasi 9 milioni. Meno bene però dei tre diretti da Sam Raimi, appartenenti al cosiddetto Universo Classico, che incassarono da noi rispettivamente 16, 18.9 e 18 milioni. Anche tenendo conto che quelli di Watts sono usciti d’estate, quando di solito i cinema italiani sono meno frequentati, si può dire che non siano stati amati alla follia. Anche questo appena uscito, del resto, non gode di buone recensioni: nonostante la grande affluenza, i pareri sono mediamente negativi. E non parlo solo di critici abituati ad altri piatti: parlo della fan base, degli appassionati.
Questo però non è così rilevante rispetto alla questione principale che è: ma cosa è successo? Cosa di colpo ha creato questa valanga di accessi nelle sale di tutto il mondo? Perché, in un momento in cui le sale sono snobbate e in crisi, per motivi che tutti sapete, qualcosa si è acceso nella collettività, spingendo milioni di persone (al momento in Italia quasi due milioni) a vedere un film che propone un solo supereroe (non molti tutti insieme, come gli Avengers) e che molti riconoscono come “non il miglior Uomo Ragno” sin qui prodotto? Perché tanta attesa?
Una risposta non ce l’ho. Anche ammettendo che il pubblico lo stia amando, staccandosi dalla critica (direi che Zero Calcare riassuma bene il punto di vista diffuso), anche accettando che magari il film per il suo pubblico sia perfetto, non si può nemmeno parlare del classico fenomeno del passaparola, che si misura più sulla distanza e sulla tenuta di un titolo. Questo è partito subito fortissimo: lo stavano aspettando a priori e sono accorsi, tutti insieme. Nessuno azzarda una spiegazione e il fenomeno, non previsto nemmeno dalla distribuzione americana (che puntava a un risultato di circa la metà), appare come un unicum che sovverte le regole. Ho scandagliato la rete, ascoltato podcast: tutti ne parlano, ma nessuno sin qui indaga. Più che un tema strettamente riservato al settore mi pare sia un buon argomento di ricerca per i sociologi: quale incantensimo sta spingendo la gente verso i cinema di colpo per vedere un solo film che non è certo disruptive, come va di moda dire adesso.
Resta il risultato positivo, che rincuora distributori ed esercenti in un annata grama assai e che fa ben sperare per le giornate future. Parlo ignorando - volutamente - le velate minacce che arrivano a mezzo stampa su una possibile stretta governativa agli accessi nelle sale cinamtografiche: qualche giorno fa si parlava di tamponi obbligatori, anche per i super-vaccinati. Ora non si sa. Ma si teme. Chiaramente sarebbe un disastro: chi sarebbe pronto a farsi un tampone solo per andare al cinema? I costi dell’operazione salirebbero alle stelle, per non parlare del disagio e delle difficoltà.
Quindi, nell’attesa, ci si rallegra. Ma in me resta comunque una strana sensazione, oltre al fatto che mi sfugge completamente le razionalità di questo movimento di massa. Si dice spesso - lo abbiamo detto anche noi - che va protetta la filiera, che va salvato il cinema. Si afferma che l’incasso di un titolo commerciale porta fieno nelle tasche di tutti e che consente anche agli altri film di aver vita, fondi, spazi. Io non ne sono affatto sicuro. Credo ormai che porti solo attenzione e soldi e visibilità ad altri titoli commerciali analoghi. Finita la festa del film evento, si torna alla normalità e le normali produzioni - di qualità o commerciali che siano - stentano a sopravvivere. Se ne stanno accorgendo anche a Hollywood. Allora propongo una domanda finale: ma se il destino della musica in Italia dipendesse dai successi di Bocelli, di Einaudi o dai Måneskin, saremmo felici? Potremmo considerare la musica “salva”?
È una domanda polemica, lo so. Ma non retorica. Io sto con Martin Scorsese.
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