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Nessuno più si ricordò di quel 1 dicembre
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Fra 2 anni saranno cent'anni da quella mattina del 1 dicembre. Aveva piovuto tanto. Tanto.

Alle 7:15 un botto, che lo sentirono anche su, a mezza Valcamonica.

La diga cedette.

Sei milioni di metri cubi d'acqua, fango e detriti precipitarono dal bacino artificiale a circa 1.500 metri di quota. 

Quarantacinque minuti dopo, il fango ed i detriti si gettavano schiumosi nel Lago d'Iseo, lasciando alle proprie spalle non solo 359 morti (ma ancora oggi i numeri sono incerti ed alcuni storici ipotizzano anche 500) ma la vita di intere comunità montane che non trovarono più la forza di rialzarsi, scomparendo per sempre dalle cartine geografiche e dalle anagrafi.

La Domenica del Corriere pubblicò la notizia in prima pagina quindici giorni dopo

Venne il re, venne Mussolini ma gli aiuti pochi e scalcinati. Più che altro qualche elemosina privata. Ci fu un processo che assolse tutti. Le ferriere chiusero, i sopravvissuti si spostarono in pianura o emigrarono, l'Istituto Centrale di Statistica emise le sue sentenze sui dati dei censimenti.

Nessuno più si ricordò di quello che era stato Oltrepovo, e Bueggio e Dezzo ed Azzone sotto Bergamo, e Mazzunno e Corna sotto Brescia. Nessuno più si ricordò, ed infatti nel 2023 saranno 60 anni da quell'altra assurda tragedia che fu il Vajont

 

Poco resta della Diga del Gleno oggi, se non una passeggiata estiva

A prendersi un po' di sole in quota

 Una cappelletta stretta nel traffico che fu intitolata alle vittime perchè lì si ammassarono i corpi cercando di ricomporli

 

Nel 2003 la Comunità Montana della Val di Scalve volle raccogliere le testimonianze degli ultimi, ormai anziani, sopravvissuti. Ne nacque un documentario.

Le immagini sono più forti di qualunque proclama o discorso, di qualsiasi statistica o numero. Purtroppo di quella tragedia ne restano pochissime e di scarsa qualità. Il 1 dicembre 2011 si tenne una commemorazione speciale al cinema cittadino: vennero mostrati pochi fotogrammi sgranati, trovati in una casa privata. Uno di questi resta per me indimenticabile: il corpo nudo di una bimba forse di nove o dieci anni, sistemato in una delle tante bare fatte di povere assi di legno messe in fila nella cappella. Lì, indifesa e violata, potentissima. A monito delle nostre coscienze, che mai imparano. 

Se ci penso, oggi, quella bimba mi pare avesse le fattezze di un piccolo castano, con indosso una magliettina rossa, le braccine lungo i pianchi e la faccia nella sabbia. Perchè le coscienze mai imparano

 

Era il 1 dicembre 1923. Pioveva tanto. 

Ora, 1 dicembre 2021, potrei scrivere poeticamente che il tramonto rosso sull'Adamello fuori dalla mia finestra parrebbe concedere pietà al ricordo di quel bimbo siriano come a quei bimbi bergamaschi e bresciani. Invece, non c'è proprio nulla di poetico ed i loro volti, i loro corpi, erano bianchi dal freddo e marroni dal fango e dalla sabbia

 

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Ultimi commenti

  1. mck
    di mck

    "Vidi la Presolana in Fiamme": http://www.bergamoeconomia.it/territorio/17-dicembre-2014/crolla-la-diga-vidi-la-presolana-in-fiamme-28.html

    12 anni dopo il Gleno, 28 anni prima del Vajont, il disatro di Molare, 1935 (sull'Appennino tra le province di Genova e Alessandria, 111 morti).

    62 anni dopo il Gleno, 22 anni dopo il Vajont, il disastro della Val di Stava, 1985 (Trentino, 268 morti).

    C'è gente che s'è dimenticata la Bergamo del marzo 2020, che vuoi che sia.

  2. Neve Che Vola
    di Neve Che Vola

    Il post è ben scritto, ma cosa dovremmo fare, cara @Lehava, tenere presente 24/24 che successe questo disastro mentre ci autoflagelliamo? La memoria non serve a niente. Non ti dico: la sua mancanza. Ti dico: la memoria quando è presente. C'è memoria e memoria, è vero... C'è pieno di gente che adora ricordare la Shoah, ce l'ha stampata in testa al punto tale da poterla confrontare con l'attualità come si confrontano i colori di due televisori in negozio. Neppure così ci capiscono un cazzo. Questo perchè la Memoria è troppo presente, ed ha sopraffatto il senso loro per la Realtà. In realtà, non ricordano quello che accade sotto i loro occhi in tempo reale. Chiamali ipnotizzati, inebetiti, o come piace a te.

    Vedo che @Spennacchiotto tira fuori l'oblio della Bergamo 2020. Sbaglia, come sempre. La gente ha quelle immagini impresse a fuoco nel proprio inconscio, esattamente dove dovevano finire per espressa volontà del terrorismo mediatico. Altrimenti non accetterebbe la fine delle proprie libertà in questa maniera incosciente. Non potresti dirgli : "Siamo preoccupati per la vostra salute" e sperare di essere creduta, dopo aver operato per anni contro la Sanità e continuando imperterrita ad operare tagli. Devono per forza essere stati inebetiti dalla paura per essere così scemi da credere a simili idiozie e alla banda di scienziati venduti che le proclamano ora in un modo, tra poco al contrario e sempre censurando gli altri. Con l'appoggio di coloro che fino a tre minuti fa urlavano all'oltraggio perchè una frase idiota di un film idiota veniva censurata in modo contrario al loro credo.
    Nota bene: se vuoi che la gente ricordi PER DAVVERO (giù nell'inconscio) hai bisogno di terrorismo mediatico. Hai bisogno di mobilitare l'esercito e inscenare uno show horror che duri giorni, mesi. Il tamburo deve battere anche mentre dormi. Invece, se devi ricordare la tragedia del Morandi, ti fanno la giornatina del ricordo o i 43 (erano 43?) lampioni "in onore" delle vittime, perchè tanto è una presa in giro e nessuno vuole castigare i colpevoli. E le vittime vadano affanculo, già che sono in viaggio per l'Inferno.
    Capisci la differenza nel tipo di ricordare?
    Io che non sono così scemo da unirmi a queste inaccettabili prese in giro, deposito sempre una jena rosa di peluche per ricordare le vittime della violenza dell'uomo cattivo contro la donna santa: pensa se, invece, tutti dormissimo e seguissimo lo stupido rito che ci fa sentir buoni? E mi pulisco il culo con le pagine del Diario di Anna Frank. È tempo di usarlo come carta igienica: se servisse a risvegliare le coscienze, Anna Frank non se la prenderebbe troppo.

    1. Lehava
      di Lehava

      Buongiorno Neve, ben ritrovato e .... in formissima visto il commento come sempre all'attacco. Credo però tu sia andato ben oltre il tema in oggetto e preferirei non entrare in discussione con te, come con Mck, relativamente ad affermazioni ed accostamenti che meriterebbero ben altro spazio ma....non qui

      Il fine del mio post era naturalmente personale: purtroppo di disgrazie, ingiustizie, tragedie, catastrofi è piena la cronaca e la Storia. Ognuno di noi poi, per motivi propri, resta più legato all'una piuttosto che all'altra. Il disastro del Gleno riguarda la mia terra, è naturale che a me spezzi il cuore.

      Ci sono però due aspetti importanti da sottolineare: a) il potere delle immagini. Che negli anni è diventato strapotere fino a fagocitare quasi tutti gli altri mezzi, grazie soprattutto ad Internet. In una società composta da individui il cui tempo medio di attenzione (figurati di concentrazione) continua a crollare, l'immagine è immediata. Non necessita, di per sè, di traduzione o scrittura. Siccome è un discorso complesso, sintetizzerò al massimo stando sul pezzo: una tragedia senza immagini non è più una vera tragedia. Il disastro del Gleno non aveva immagini-sia per una questione meramente temporale (1923) sia per propaganda politica del periodo, sia per collocazione geografica (la Vallecamonica ancora oggi dista dai 50 ai 120 chilometri-a seconda dove la prendi-dal primo casello di autostrada. Vedi tu come era messa nel 1923).
      Per decenni è rimasto sepolto nei ricordi intimi dei sopravvissuti restii a rinvangare, poco conosciuto anche da chi toccato in prima persona. Un documentario - quindi, immagini - lo ha riportato in vita.
      La memoria è sempre più fotografica.
      Una fotografia è più potente di milioni di parole e numero. Oggi più che mai.
      2) Il "peso" di una tragedia. Terribile dirlo, ma il "peso" di una tragedia non è nel numero dei morti, nell'ammontare dei danni etc ... Il peso sta sempre nelle conseguenze. E nel caso del Gleno le conseguenze sono state pesanti.
      Chiedo a Mck se, ormai esperto di pandemia :-) se il suo limite è Bergamo città oppure conosce - nel senso che ha visto, e non solo letto - cosa il Covid-19 abbia significato per intere piccole comunità come quella di Vilminore di Scalve. Un servizio del TG1 portò alla ribalta nazionale questa: la necessità di inviare medici e infermieri dell'esercito ed un tasso di mortalità incalcolabile a causa del rifiuto dei malati di spostarsi in ospedale: troppo distante ed alieno.
      Perchè le conseguenze del Gleno furono pesanti? Nel 1927 una riforma amministrativa mette mano al riassetto degli enti locali: in Val di Scalve vennero cancellati in toto dei comuni alcuni per sempre (Oltrepovo). Oltre la difficile sopravvivenza in aree impervie, oltre il fenomeno dell'emigrazione, il disastro del Gleno diede il colpo di grazia finale allo spopolamento ed alla perdita di un patrimonio di culturale ed economico. Più a valle le ferriere chiusero. Non fu del tutto un male, visto il tasso di inquinamento che ancora oggi paghiamo. Ma da lì in poi la Vallecamonica fu area depressa.
      Nulla fu più come prima. Un "punto e a capo" definitivo.
      I miseri rimasugli di quel mondo cancellati ancora da una pandemia: in quel servizio del TG1 il sindaco di Vilminore piangeva. Non solo i morti. Ma anche qualcosa che, all'improvviso, da cronaca è diventato memoria. E questo mi pare gravissimo. Oltre Bergamo

  3. mck
    di mck

    Non è dato sapere quali infelici trascorsi mai appianati abbia subìto lehava dalla megalopoli orobica, ma citare "Bergamo" (per parlare di Bergamo e provincia) non equivale a cacare sulla memoria dei minatori di Gorno e Riso.

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