La cosa bella di quando si decide di affrontare un tema di roboante attualità e del quale quasi tutti già hanno sentito/letto/visto molto è che si possono evitare quasi tutte le premesse - dove, cosa, chi, quando - e focalizzarsi sul perché. A meno che infatti voi non siate l'eremita Gisbert (uno che quarant'anni fa ha deciso di tagliare col mondo e si è rintanato in una grotta di un'isola siciliana) o Maxime (un monaco che vive in cima a una roccia alta quaranta metri sulla quale coltiva il suo orto in totale solitudine) - ma le possibilità che questi moderni eremiti siano iscritti a questa newsletter sono piuttosto minime - penso che praticamente chiunque, a questo punto, anche suo malgrado, abbia saputo le cose fondamentali che sono da sapere su Strappare lungo i bordi. E quindi, facendo mio fin dall'inizio quello che penso essere uno dei punti nodali della serie tv di ZeroCalcare, decido di lanciarmi in questo scenario molto affollato senza preoccuparmi di dover essere originale a tutti i costi né, peggio ancora, di dover dire delle cose definitive e optando invece per un modesto percorso in cinque capitoletti (questo incluso) che contengono ciascuno un pensiero abbastanza circoscritto su piccoli aspetti della serie che mi hanno toccato nei posti giusti. Quelli cioè che fanno abbastanza male e altrettanto bene, nello stesso momento.
Devo sembrà supertruce
Ad un certo punto nella pancia di (quasi) tutti arriva come un boccone difficile da digerire la consapevolezza che il mondo è un posto maledettamente complicato. Chi aveva 16/17 anni nel 2001 lo sa bene, basta ripescare nella memoria parole chiave tipo: G8 di Genova, Manu Chao, 11 settembre 2001. Se poi a questa precisa collocazione cronologica si aggiunge un monologo interiore che si infila dritto come un fuso nell'intercapedine tra bisogna-essere-fighi e temo-di essere-una-pippa, su quel luogo che inizia a formarsi e a definirci proprio come se fosse una linea tratteggiata, ecco che la quantità di obiettivi che ZeroCalcare raggiunge nei 15 minuti netti del primo episodio è esponenziale. È un bel dritto al plesso solare anche per uno come me, che nel 2001 aveva 35 anni; è l'identificazione piena e incondizionata di chi nel 2001 ne aveva 15/20; è l'empatia di qualsiasi ex adolescente che non abbia rimosso, perché intollerabili, quei movimenti vertiginosi che ti spostavano come un fuscello tra l'autocommiserazione e l'egotismo. Ed è una finestra aperta sul baratro anche per gli adolescenti di oggi, perché certe cose non cambiano mai, neanche se ci sono Tik Tok o Instagram, perché anzi, a ben vedere, tutta questa creatività sbattuta constantemente sotto agli occhi di tutti non fa che far muovere dolorosamente quella linea di confine, quella pelle sottile e tratteggiata, pronta ad espandersi e a contrarsi come una fisarmonica, in cerca di una sintesi tra quel che bisognerebbe essere e quel che possiamo ragionevolmente diventare. E brucia, quella pelle, fino a far male, fino ad attaccarsi alle ossa, o si gonfia d'aria fritta, sempre, ancora, molto facilmente.
Annamo a pijá 'n gelato?
Perché è così, quella linea, quella pelle, inizia a formarsi grazie alle proiezioni di chi ci vuole (troppo?) bene. Mentre genitori e maestri che esaltano la nostra presunta intelligenza alimentano il nostro ego, i sensi di colpa che derivano dal non essere all'altezza delle loro aspettative, silenziosamente, ci abbattono. E avanziamo così, incerti, lungo quella linea tratteggiata che dovrebbe definirci agli occhi degli altri. Proseguiamo a ritagliarci con mano imprecisa, cercando sempre di stare vicini a quella linea che assomiglia alla silhouette di Osvaldo Cavandoli ma che tende sempre ad essere un po' più larga, alta, muscolosa, potente perché su questo disegno incidono una quantità infinita di variabili: il tempo che viviamo, i modelli che lo ispirano, gli amici di cui ci circondiamo, i miraggi che inseguiamo, i desideri da cui siamo posseduti. ZeroCalcare introduce la sigla di Strappare lungo i bordi a partire dal secondo episodio e rivela così una delle anime più profonde ed esistenziali dell'intera serie: la lotta intestina che conduciamo, quasi sempre all'insaputa di tutti. Quasi sempre. Perché infatti portare alla luce quell'opera di ritaglio, rivelarla agli occhi degli altri, mostrando i pieni e i vuoti, le distanze e gli strappi, è un gesto non solo banalmente "coraggioso" ma in più, credo, il primo passo verso la piena realizzazione del proprio genio, qualsiasi esso sia. Il genio sta nella conoscenza di quegli spazi, quelli che separano quel che stiamo diventando da quel che avremmo potuto/dovuto essere. Il genio è lo sguardo asciutto, onesto e anche, possibilmente, pieno di sincero affetto che rivolgiamo a quegli spazi che non abbiamo riempito, il genio si nutre anche della conoscenza dei propri limiti, della presa di coscienza dei propri fallimenti. E senza trasformarli in ottusi sensi di colpa. Fortuna che c'è Secco, che vuole solo annà a magna'ngelato e nun gliene frega 'ncazzo.
Famme ride
Ora è il momento di dire che Strappare lungo i bordi fa anche parecchio ridere. Perché ridere è salutare, anzi ridere è una delle cose più salutari che esista al mondo. Far ridere di sé stessi e uscirne grandi, poi, è semplicemente un colpo da maestri. ZeroCalcare fa ridere grazie alla creazione di scenari assurdi eppure perfettamente credibili, umani, empatici. Grazie ad un tratto che riesce a cambiare registro alla velocità della luce, facendoti scoppiare in una risata anche se un attimo prima stavi seriamente considerando la possibilità di singhiozzare. Ma non fai in tempo a rilassarti che di nuovo ti porta giù con un cambio di musica, con uno sfondo che si tinge di nero, con l'inatteso volo irregolare di una foglia, con un ramo di un albero che si sfoglia e poi si riempie di neve. Non si possono contare le battute centratissime, senza che mai appaiano gratuite o messe lì ad arte per alleggerire la situazione. Una specie di giostra emotiva che a volte bisogna avere il coraggio di fermare perché i piani in cui accadono cose sono tanti. Ad esempio, sugli sfondi. L'attenzione maniacale per gli oggetti, i poster dei film, i cartelli, le pubblicità che non sono in primo piano, che non sono il centro dell'azione. Fermarsi ogni tanto è necessario, anche per dar fondo a quella risata, prima che un repentino cambio ti faccia sfumare quel sorriso dalla bocca. Non mi stupisce che tra le dieci serie preferite di ZeroCalcare, pubblicate sugli account social di Netflix Italia di questa settimana, ci sia anche Bojack Horseman.
Ti devi muovere con incursioni velocissime
Ne hanno parlato in tanti in questi giorni: ZeroCalcare parla molto veloce. Ma non solo, in genere la serie va a mille all'ora, ha un ritmo indiavolato, a tratti frenetico. Sono sei episodi da meno di venti minuti ciascuno, un formato abbastanza innovativo, che presentano contenuti, testi, disegni, musiche, sufficienti per essere trasferiti in episodi che potrebbero durare il doppio e nessuno si sognerebbe di dire che l'ha tirata per le lunghe. Stamattina presto mi sono riguardato tutto il primo episodio a velocità 0,75, per fare un esperimento, e mi sento tranquillamente di consigliare questo escamotage a chi ha la sensazione di essersi perso qualcosa. La voce di ZeroCalcare regge abbastanza bene senza perdere carattere e a quel punto la velocità risultante è (quasi) normale. Tranne il perfetto Valerio Mastandrea che interpreta la voce della coscienza Armadillo e a velocità ridotta soffre un bel po'. Insomma è solo per dire che se pensate di eleggere questo fatto della velocità come una giustificazione per non dare una chance a questa serie, allora usate gli strumenti che mamma Netflix vi mette a disposizione! E ne approfitto anche per condividere con voi un altro aspetto molto chiacchierato: il romanesco. Una diatriba che non condivido, sull'uso eccessivo del dialetto, da parte di spettatori o osservatori che magari hanno divorato in tutta serenità una intera serie in coreano sottotitolata. Una polemica arricchita anche dalla nota che questo uso del romanesco inficerebbe non solo semplicemente la fruibilità della serie ma anche il suo valore universale, facendone un oggetto troppo connotato geograficamente. Sempre nel campo della sperimentazione, ho guardato tutto il secondo episodio in inglese britannico e sapete cosa? Regge perfettamente anche se forse avrei scelto la provenienza del doppiatore con un po' più di cura. Non perché non sia bravo, lo è, ma per dargli una connotazione vagamente più cockney. Se proprio il romanesco vi dà fastidio, comunque, visto che non c'è il doppiaggio in coreano, guardatela in inglese, vi assicuro che fa sempre la sua figura.
So di non avere affatto esaurito gli stimoli che sono presenti nella creazione/creatura di ZeroCalcare, d'altronde l'ho detto subito, ho deciso di soffermarmi su dettagli e particolari. E poi dovevo anche fare i conti con il fatto che qualche newsletter fa avevo ventilato la possibilità che questi testi fossero più brevi! E anche se pochi di voi hanno detto "sì grazie, scrivi di meno!" ho pensato che avrei potuto cercare di essere più ordinato e schematico.
Chi ha visto la serie non si dimentichi di votarla qui e chi desidera colmare i tanti aspetti che ho dovuto (o voluto) trascurare, ossia i vuoti che ho creato anche io strappando lungo i bordi, è assolutamente benvenuto: leggere i vostri commenti è sempre un piacere oltreché un valore aggiunto a questi testi.
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