Nell’estate del 2017, il regista Peter Jackson, premio Oscar per Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re, ha attraversato un dilemma personale e professionale.
I manager della Apple Corps, la società che gestisce tutti gli interessi creativi e commerciali dei Beatles, lo avevano convocato mentre era a Londra per capire se fosse interessato a lavorare sui preziosi materiali audiovisivi contenuti nei loro caveaux. Si trattava di numerose bobine di filmati inediti delle Get Back Sessions, le sessioni in studio che i Fab 4 avevano realizzato per il leggendario album Let It Be, registrato a Londra nel gennaio del 1969. Jeff Jones, il CEO della Apple Corps, e Jonathan Clyde, il direttore della fotografia, erano rimasti colpiti dai primi lavori di restauro operati da Jackson sui filmati d’archivio della Prima guerra mondiale per il documentario del 2018 They Shall Not Grow Old e speravano che potesse fare qualcosa di simile con le riprese dei Beatles.
La possibilità di vedere e mettere mano all’unico filmato esistente di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr al lavoro in studio rappresentava per Jackson un’opportunità irripetibile per un fan di lunga data del quartetto ma il regista era titubante. I fan dei Beatles tendono ad associare l’album e il documentario contemporaneamente uscito (Let It Be, diretto da Michael Lindsay-Hogg) allo scioglimento della band ed era sicuro che il risultato sarebbe stato incolore e cupo.
Cresciuto in Nuova Zelanda, la scoperta della musica dei Beatles (in particolar modo, degli album Red e Blue) è stata per Jackson un’esperienza che gli ha cambiato la vita, come ha detto ai manager della Apple, e, sebbene non volesse essere coinvolto in un film sullo scioglimento della band, ha promesso in qualche modo di aiutarli con il lavoro che avevano in mente. “Ho accettato di farlo per principio”, ha affermato il regista. “Ma ho per prima cosa ho chiesto di vedere il filmato. Non sapevo cosa aspettarmi: onestamente ero convinto di avere davanti 60 ore tra le più deprimenti al mondo”. Ha così trascorso i giorni successivi immerso nel materiale prima di prendere una decisione.
Dopo aver visto i girati dei primi giorni della sessione, è però rimasto del tutto sorpreso da ciò che ha visionato. I filmati fornivano uno sguardo ravvicinato e intimo sulla band al lavoro in un momento cruciale della sua carriera. Era divertente e mostrava i quattro musicisti in un’atmosfera tanto calorosa quanto gioviale, fatta di interazioni divertenti, commoventi e, spesso, sciocche e giocose. “Non credo che esistano nella storia dei Beatles altre tre settimane più prolifiche e creative di quelle”, ha detto Jackson. “Quindi, considerarle come quelle che hanno portato allo scioglimento della band che ha poi portato a registrazioni scadenti, quelle tre settimane sono quelle più di ogni altre caratterizzate da una scrittura quasi compulsiva di canzoni, da frenetiche prove, da lunghe sessioni di registrazione”.
Ha continuato Jackson: “I Beatles erano soliti registrare un album prendendosi dai due ai quattro mesi. Durante quei 22 giorni, invece, hanno scritto e registrato la maggior parte dell’album Let It Be. Quasi tutte le canzoni di quel lavoro sono state scritte e registrate nelle tre settimane”.
Il risultato del lavoro di Jackson è visibile il 25, 26 e 27 novembre su Disney+ in una docuserie esclusiva. Pensato per il cinema, The Beatles: Get Back arriva in digitale per la stessa volontà del regista, che non ha voluto tagliare nessuno dei 360 minuti finali del suo lavoro. Vedendo in anteprima il lavoro svolto da Jackson, Paul McCartney ha sottolineato: “È stato un grande periodo. Eravamo una band davvero buona e il perché lo fosse è documentato da quelle riprese in maniera molto intima. Si sente la musica, si sente il gruppo suonare, si ascoltano le conversazioni. Ma in primo luogo si entra in maniera intima nella vita di quei quattro ragazzi. Rivedere le immagini per me è stato come sfogliare un vecchio album di fotografie. E il fatto che ci fosse anche mia moglie Linda lo rende per me ancora più speciale. Si tratta di ricordi, bei ricordi. Ci sono io che butto giù melodie, solo per il gusto di farlo: attraversavo di sicuro un bel periodo di creatività musicale”.
“Ho lavorato con un’enorme mole di materiale e all’inizio non è stato semplice “costruirci” una storia intorno. Il risultato è molto lineare: ripercorre quello che è accaduto nel gennaio del 1969”, ha proseguito Jackson. “Con la voglia di precisione che ho, volevo mostrare il contesto. Non si può isolare un momento e lasciarlo alla libera interpretazione di chi lo guarda. Durante il lockdown a causa del CoVid-19, con i cinema chiusi, ho finito con l’avere molto più tempo a disposizione per affinare il materiale e perfezionare la storia che volevo raccontare. Ho allora capito che la narrazione non poteva essere breve: la pandemia ha finito così con il trasformare le iniziali 2 ore e mezza in più di sei ore. In tal modo, ho potuto offrire uno sguardo ancora più approfondito sul modo in cui i Beatles hanno fatto la loro musica. La docuserie è un’occasione per vedere non solo il loro lavoro ma anche per osservare il calore genuino e il cameratismo dei quattro iconici componenti del gruppo. Non è stato aggiunto o modificato nulla. È tutto autenticamente genuino, vero, reale: sono John, Paul, George e Ringo senza maschere”.
LE LEGGENDARIE GET BACK SESSIONS
Le Get Back Sessions hanno avuto luogo per tre settimane nel gennaio 1969 ai Twickenham Studios, tre enormi teatri di posa, nel sud ovest di Londra. Lo Stage 1, occupato dalla band dal 2 al 14 gennaio, è di quasi 770 m² con soffitti alti oltre 10 m. Le sessioni sono nate per permettere ai quattro di scrivere le nuove canzoni, provarle e suonarle, prima di registrarle davanti a un pubblico dal vivo per un album live e uno speciale televisivo.
Le esibizioni live per i Fab4 erano diventate particolarmente difficili a causa dei fan urlanti che rendevano quasi impossibile ai quattro persino sentirsi: per tale ragione, avevano smesso di fare tournée nel 1966. La band non vedeva dunque l’ora di riunirsi per registrare e ritrovarsi come gruppo, sperando di ritrovare l’energia delle prime esibizioni live all’Hamburg e al The Cavern Club. Per loro sarebbe stato il primo show dal vivo da due anni.
Nel penultimo giorno di registrazione, un freddo 30 gennaio, John, Paul, George e Ringo (accompagnati dal musicista Billy Preston), si sono recati sul tetto del quartier generale di cinque piani della Apple Corps, a Savile Row, per tenere un concerto improvvisato per amici e colleghi. Lo spettacolo gratuito, che non era programmato o promosso, è stato pensato per essere ascoltato da chiunque si trovasse nell’arco di 3-4 isolati, compresi i dirigenti che in quel momento erano in pausa pranzo e i fan che spalancavano le finestre o si arrampicavano nei tetti recenti. The Beatles: Get Back mostra per la prima volta tutti i 42 minuti del concerto.
---------------------
Pietro Cerniglia per Mondadori Media S.p.A.
©Mondadori Media SpA – Tutti i diritti riservati
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta