Alla conferenza stampa sono presenti Marcel Barrena (regista), l’attore protagonista (Eduard Fernàndez) e Oscar Camps il fondatore di Open Arms, di cui il film racconta la storia vera. Dalle parole dei tre esce fuori chiaramente la volontà primaria di mettere per immagini quello che è avvenuto durante una delle tragedie nel Mediterraneo, in sui sono morte centinaia di persone, insieme a tutti i problemi burocratici che un gruppo di uomini hanno affrontato nello svolgere le loro attività di salvataggio. La volontà, dunque, è quella di arrivare al cuore dello spettatore perché si renda conto che dietro ai numeri dei telegiornali ci sono anche vite e che nessuno dovrebbe essere lasciato morire in mare e che a nessuno dovrebbe essere impedito di aiutare chi rischia di affogare fra le acque. Il film pretende solo di essere una traccia, una testimonianza di quanto accaduto. E vuole deliberatamente desnudarsi della politica e delle sue implicazioni per restare centrato sulla legge del mare, secondo la quale si deve sempre e comunque salvare la vita di chi si ritrova in esso e rischia di non sopravvivere. Questa legge è stata violentata dai governi di alcuni Paesi, sempre secondo i tre e trasformata in un atto di perversione etica e morale, quello dei respingimenti. Durante le riprese il film è stato boicottato da molti e ha trovato lungo il suo cammino diverse difficoltà. Quello che è importante per i tre è comunque il messaggio, quello che deve arrivare, la forma filmica è solo il mezzo affinché possa giungere a quante più persone possibili. Rimane il quesito, da parte di chi scrive, del perché non si sia realizzato un documentario, invece di avvicinarsi con la finzione cinematografica a quanto è già vero ed esiste ed è una dramma che continua a ripetersi. Che la politica debba restare fuori è altresì opinabile, perché se è sacrosanto salvare una vita umana lo dovrebbe anche essere offrirgli un’accoglienza e un futuro decente sulla terra sopra la quale sbarca e si ritroverà a vivere.
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