Don Bluth comincia la sua carriera di animatore presso la Walt Disney Productions in un'epoca, quella del "disincanto disneyano" supervisionata da Wolfgang Reitherman, nella quale i canoni del colosso californiano cambiano radicalmente da quelli impostati da Walt Disney durante la golden age degli studios. L'animazione cinematografica statunitense, infatti, nel corso degli anni '60 e '70, subisce importanti cambiamenti sia a livello strutturale e di distribuzione, tramite il passaggio da proiezioni di cortometraggi nelle sale teatrali a trasmissioni e serie animate prodotte ed emesse nelle televisioni, sia a livello di direzione artistica. Lo stile grafico estremamente curato e rotondo dei primi Classici Disney e dei prodotti realizzati dai Fleischer Studios non sono più economicamente sostenibili nell'era dei nuovi media televisivi, ragion per cui la limited animation, tecnica inventata da John Hubley degli studio UPA nel corso degli anni '40 e '50, prende il sopravvento come nuovo standard grafico ed estetico nel panorama dell'animazione occidentale. La limited animation si basa sui concetti di minimalismo delle illustrazioni, di riduzione del budget per l'inchiostrazione degli storyboard e, soprattutto, di astrazione dei soggetti e degli ambienti. Il realismo, o comunque la cura e la meticolosità nel creare fotogrammi definiti e suggestivi, lascia dunque spazio a una nuova scuola di animazione, improntata verso il design e l'immaginazione delle silhouettes - dei contorni - degli elementi da riprodurre.
Bluth si identifica subito come uno dei nostalgici della Golden Age Disney (1937/1942), periodo nel quale gli studios sperimentavano costantemente nuove forme d'espressione per il medium dell'animazione (Fantasia) e sapevano creare opere d'arte tecnicamente sbalorditive (Pinocchio, Bambi). L'animatore, stanco di sottostare invece non solo ad una politica aziendale deleteria per i propri dipendenti, bensì a una casa di produzione che ormai dal 1961 non dava più l'importanza dovuta al dipartimento d'animazione in termini di sostegno finanziario, decide dopo aver lavorato a Red e Toby - Nemiciamici (1981) di lasciare definitivamente la Walt Disney Productions e avviare un proprio studio d'animazione.
La prima opera diretta da Bluth, Brisby e Il Segreto di NIMH (1982), nonostante venga timidamente accolta nelle sale e mandi praticamente subito in bancarotta l'azienda del regista, si rivela dal punto di vista artistico e stilistico una vera e propria rivoluzione per il cinema d'animazione statunitense. Essa rappresenta infatti il primo film d'animazione della storia prodotto appositamente come alternativa al monopolio mediatico della Disney, multinazionale che nei decenni precedenti non si era mai dovuta preoccupare di avere competitori nel campo dei lungometraggi animati.
La storia del film è tratta dal libro Mrs. Brisby and The Rats of NIMH di Robert C. O'Brien, un romanzo fantasy concettualmente simile a scritti ben più noti come Watership Down (La Collina dei Conigli) e The Plague Dogs (I Cani della Peste) di Richard Adams. Le tematiche dell'opera, infatti, affrontano sia il rapporto conflittuale che esiste tra umanità e natura, dramma vissuto in soggettiva da personaggi zoomorfi, sia lo spinoso argomento delle sperimentazioni scientifiche condotte dalle case farmaceutiche sugli animali. Il perché Brisby e Il Segreto di NIMH rappresenti un lungometraggio rivoluzionario, tuttavia, non è da attribuire ai temi che espone, già espressi in maniera diretta, tetra, esaustiva e decisamente efficace nel 1978 e sempre nel 1982 dalle trasposizioni cinematografiche dei libri di Adams dirette dal regista inglese Martin Rosen. Il Segreto di NIMH cambia invece il medium statunitense grazie alla regia di Bluth e alla resa spettrale delle proprie atmosfere, spostando dunque l'attenzione del pubblico dai canoni disneyani variopinti e sempre vicini alla commedia a una new wave dell'animazione occidentale che prima, negli anni '70, si era sviluppata solamente in ambienti alternativi e underground grazie ad opere di artisti irriverenti e visionari come Ralph Bakshi.
Brisby e Il Segreto di NIMH è infatti una delle principali opere che compongono la cosiddetta "ètà medioevale" dell'animazione occidentale, un periodo che va dalla metà degli anni '70 alla metà degli anni '80 in cui molti film d'animazione vengono realizzati con trame avventurose e violente, spesso quindi non adatte ad un pubblico infantile, da atmosfere e fondali oscuri, da una fotografia crepuscolare o notturna e da una caratterizzazione degli scenari che va dal fumetto dark fantasy americano di Frank Frazzetta (es. Il Signore degli Anelli e Fire and Ice di Ralph Bakshi) all'illustrazione francese della rivista Métal Hurlant (es. Heavy Metal di Gerald Potterton). Per creare le peculiarità del suo primo lungometraggio, Don Bluth riprende alcuni elementi tetri e angoscianti, sia scenografici che come impatto emotivo, da Le Avventure di Bianca e Bernie (ambientazioni perlopiù immerse nel buio o in una nebbia sottile) e da Red e Toby - Nemiciamici (sequenze ansiogene nelle quali si percepisce un pericolo imminente senza però poterne anticipare l'entrata in scena). È proprio a partire dagli ultimi Classici che il regista concepisce la sua versione di dark fantasy, riuscendo a unire quel poco di angoscioso che esiste nei film Disney realizzati nel periodo - non per altro - più cupo degli studios (1977/1985), appartenenti anche loro per caratteristiche estetiche all'età medioevale dell'animazione occidentale, al proprio stile di disegno che tanto si avvicina, per particolari come occhi e musi dei personaggi, alla Golden Age che Bluth rimpiange.
Infatti, molti sono i richiami stilistici di Brisby e Il Segreto di NIMH a capolavori come Bambi e Una Notte Sul Monte Calvo, il sesto segmento di Fantasia, tre su tutti le sequenze non solo migliori del film, bensì quelle più riuscite nell'intera carriera di Bluth: l'arrivo del trattore nel campo di Brisby, dove risuona il capolavoro musicale The Tractor scritto da Jerry Goldsmith, l'apertura del sigillo e l'incontro tra la protagonista e il grande gufo. Gli aspetti più validi del lungometraggio sono i personaggi, la regia "glaciale" di Bluth e la colonna sonora di Goldsmith, a detta sua la migliore che abbia mai composto. I personaggi rappresentano i prototipi di tutte le personalità che in futuro renderanno celebri una buona parte delle opere del regista: una macchietta comica molto efficace, mansueta e ingenua, molto più grande di tutti gli altri personaggi e per questo ancora più buffa per la sua goffaggine; un o una protagonista inizialmente in difficoltà che deve risolvere un problema che affligge direttamente o indirettamente la sua famiglia (es. un parente malato, uno smarrimento); un antagonista avido di potere, talvolta di denaro, e disposto a tutto, anche ad uccidere, pur di vedere realizzati i propri piani egoisti e malvagi; un saggio che funge al o alla protagonista da guida verso la via della ragione e della comprensione; più personaggi aiutanti, spesso caratterialmente solitari, permalosi o egocentrici, che si differenziano dalle molte comparse perché conquistati dalla bontà del personaggio principale.
La regia di Don Bluth e la fotografia di Bill Butler (Lo Squalo, Qualcuno Volò Sul Nido del Cuculo, Grease) conferiscono alle sequenze principali del film un'atmosfera inedita per la storia dell'animazione; un ibrido tra il fantasy, il racconto post-apocalittico e quello classico d'avventura, il tutto composto da inquadrature che incupiscono e ingigantiscono il mondo di Brisby, una realtà vista come enorme e terribilmente pericolosa dagli occhi di un piccolo topo di campagna. La colonna sonora del maestro Jerry Goldsmith, uno dei compositori cinematografici più importanti di Hollywood (Il Pianeta delle Scimmie, Il Presagio, Alien, Star Trek, Rambo, Mulan) e, nell'orchestrazione di musica classica scritta per il cinema, più influenti di sempre, aiuta invece l'opera di Bluth nell'espressività e nello scandire in maniera precisa e minuziosa ogni più piccola sensazione vissuta dalla protagonista per tutta la durata del lungometraggio. Le musiche, infatti, incorporano non solo la paura, lo stupore e la felicità di Brisby, bensì anche come la protagonista vive l'arrivo di una minaccia - momento in cui nasce il pathos di una scena - o la tragica realizzazione di una disgrazia - attimo in cui si raggiunge il climax drammatico del capo d'opera di Don Bluth e di uno dei più straordinari film animati negli Stati Uniti d'America.
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