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Giovanni Allevi: Intervista esclusiva
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RaiPlay propone in esclusiva da oggi la seconda stagione di Allevi in the Jungle, docuserie rivelatasi una delle più apprezzate della scorsa stagione. Protagonista ne è Giovanni Allevi, amatissimo compositore, pianista filosofo e scrittore, che ha trovato nelle parole e negli artisti di strada incontrati in giro per l’Italia “qualcosa di magico nelle loro esibizioni sospese tra passato ancestrale, danze moderne e popolari, musiche misteriose e rappresentazioni circensi.

Abbiamo posto qualche domanda in esclusiva al maestro, la cui fama internazionale ha varcato i confini della Terra stessa. Tanto geniale quanto riservato, Allevi è uno dei pochi a cui la NASA ha titolato un asteroide: giovanniallevi111561 per l’appunto. Approfittando della sua disponibilità, gli abbiamo chiesto anche quale fosse il suo film preferito… e la risposta farà felice molti di voi.

 

 

Parte oggi, 1 aprile, in esclusiva su RaiPlay, la seconda stagione di Allevi in the Jungle, docuserie in cui incontra gli artisti di strada sparsi in tutta Italia. Da dove nasce l'esigenza di contaminare il suo mondo con quello di artisti non sempre riconosciuti tali?

In quel suo “riconosciuti tali” c’è il segreto di tutto! Dopo anni di palcoscenico, sono arrivato alla conclusione che si può essere degli artisti anche senza essere riconosciuti. Ecco allora il mio intento sovversivo culturale: far capire che la vera arte è una attitudine creativa alla vita, un impulso interiore, qualcosa che viene da dentro, e che può anche restare incompreso. 

 

Tutti gli incontri si trasformano inevitabilmente in scambio. Qual è il regalo maggiore che ha ricevuto da ognuno degli artisti incontrati? Cosa le hanno lasciato?

Mi hanno lasciato un senso di libertà. Nonostante siano ragazzi che vivono a contatto con le difficoltà della vita, la affrontano con uno spirito eroico ed una serenità nello sguardo che mi ha impressionato. Se penso che io, invece, sono spesso inquieto ed avvolto dall’ansia. Parlare con loro è stata una boccata di ossigeno, un sollievo per l’anima.

 

L'esperienza al momento si limita alle città della prima stagione (Roma, Torino, Trento, Ferrara e Milano) a cui vanno aggiunte quelle della seconda (Roma, Salerno, Ascoli e Ferrara). Ha rinvenuto differenze sul modo di vivere e intendere l'arte nei vari contesti cittadini?

Volendo generalizzare, mi è sembrato che spingermi a sud abbia significato immergermi nelle tradizioni popolari, in un linguaggio ancestrale, in una dimensione antica in cui le persone erano felici. Forse ha ragione Pasolini: oggi abbiamo il progresso, ma si è persa l’umanità.

 

A eccezione di Salerno, mancano però le città del sud: Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Bari, Catania. Si tratta di una scelta dettata dalle particolari condizioni legate alla pandemia che stiamo vivendo o non ha trovato in queste realtà stimoli?

Abbiamo fatto di tutto per coinvolgere le città del sud, tra le quali ho nel cuore anche Taranto. Purtroppo, le riprese sono avvenute in pieno lockdown, facendo lo slalom tra le zone rosse, ed il Covid ci ha impedito di raggiungere realtà dalla ricchezza culturale inestimabile. 

 

Come ha il CoVid influito sull'arte di strada? Il mondo degli artisti è alle strette e quello degli artisti di strada, sempre più fragile, sarà oramai al collasso.

Mi si stringe il cuore se penso ai miei artisti di strada e a tutto il mondo dell’arte e della cultura, che soffre in silenzio, e viene per giunta considerato un compartimento non essenziale alla società. Ma presto verrà la nostra rivincita, perché il pubblico non attende altro che tornare in teatro, nelle strade, nelle piazze, per riflettere ed emozionarsi.

 

E come ha influito il virus sulla sua musica? Lei, timidissimo e riservato, come ha vissuto l'isolamento, il lockdown e la paura che inevitabilmente ci ha travolti?

È come se la musica si sia fatta più intensa, non essendo stato mai così forte il mio desiderio di respirare e di emozionarmi. Non ho paura in senso stretto e da sempre nutro fiducia nel futuro. Eppure, una profonda inquietudine mi avvolge. Credo che certe emozioni negative si stiano stratificando a livello dell’inconscio collettivo. Per questo non dobbiamo cedere alla tentazione della negatività; nonostante le difficoltà, dobbiamo cercare di mantenere lo sguardo incantato che i bambini hanno sul mondo.

 

Come ha modo di ribadire in uno degli episodi della prima stagione, non ha un pianoforte in casa. Una scelta, a prima vista, controcorrente e rivoluzionario per uno che al pianoforte deve molto. Vuole raccontare il perché a chi ancora non lo sapesse?

All’inizio è stata una sfida con me stesso, ora è una pratica irrinunciabile: scrivo musica solo con la mente, senza lo strumento. Mi sono accorto che affrontando la composizione attraverso l’improvvisazione alla tastiera, la musica finisce per ripercorrere sempre gli stessi mondi, condizionata dalla manualità. Invece l’approccio mentale alla scrittura, almeno per me, garantisce una totale libertà di espressione.

 

A parte le musiche composte per Aria di Valerio D'Annunzio, ha lavorato poco per il cinema. Si tratta di una scelta voluta o non si sono verificate le condizioni che lei ritiene ideali? Nella seconda delle ipotesi, cosa deve avere una sceneggiatura o un progetto per coinvolgerla?

In tutti questi anni ho combattuto per affermare l’idea che si potesse comporre musica senza che questa fosse subordinata ad altri linguaggi. L’ho fatto perché ho sempre avuto come esempio i grandi compositori della storia, che scrivevano sinfonie e concerti per pianoforte e orchestra. Credo di aver portato a compimento il mio disegno; quindi si può aprire per me anche una fase di contaminazione.

 

Una domanda che ai lettori di FilmTv.it sta sempre a cuore. Quali sono i suoi film preferiti e, soprattutto, perché?

Adoro i capolavori di Hayao Miyazaki, ed in particolare La città incantata o uno dei più recenti Si alza il vento!. Mi commuove che la genialità di un anziano signore giapponese, che continua a fare disegni a mano un fotogramma alla volta, riesca a tener testa ai colossi del mercato cinematografico.

 

A quando, infine, il suo prossimo progetto discografico? Siamo fermi a Hope, uscito nel 2019. Mai titolo fu più profetico: la ripartenza per tutti è al momento la vera speranza.

In un certo senso, anche io mi ostino, in un’era dominata dalla Trap e dal Pop, a comporre musica per il mio strumento del cuore. Con l’esigenza viscerale di esprimere i sentimenti che tutti stiamo vivendo, ho realizzato un lungo lavoro per pianoforte solo. Presto vedrà la luce, ma per il momento, è tutto nella mia mente!

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