Forever the Moment, Yim Soon-rye, 2008.

Yim Soon-rye è sicuramente la regista meno nota al pubblico internazionale della nuova ondata cinematografica coreana ma in patria vi assicuro che l'autrice nativa di Incheon è una vera "star" nonostante il suo stile minimale ed essenziale sia lontano anni luce dai suoi più celebri colleghi e Forever the Moment lo conferma alla grande: primo film al mondo sulla pallamano, girato con un budget assai ridotto, è riuscito ugualmente a sfondare il box office diventando il film evento dell'annata.
La regista con la solita delicatezza e veridicità racconta la storia o meglio la cavalcata dolorosa della nazionale olimpica femminile di pallamano che nel 2004 per poco non conquistava l'oro.
Nella prima parte dell'opera la pallamano è solamente un pretesto sfruttato benissimo dalla regista con l'obiettivo di redigere schiettamente un atto d'accusa contro il maschilismo e la disparità di genere presente nella società coreana (ovviamente il discorso può essere replicato anche dalle nostre parti).
Le ragazze protagoniste si dannano l'anima sul campo allenandosi ore e ore, loro sono delle professioniste navigate (almeno le protagoniste) ma questo non basta e rispetto alle controparti maschili sono costrette a secondi lavori o umiliazioni costanti.
L'allenatrice ad ad interim Kim Hye-kyeong ad esempio viene sollevata dall'incarico poichè divorziata e dunque l'immagine pubblica è compromessa (ovviamente questo discorso vale solo per il gentil sesso) oppure la veterana Han Mi-sook (una sempre perfetta Moon So-ri) è costretta a portarsi il figlioletto agli allenamenti ed il tutto non viene ben visto dall'allenatore che non comprende la reale situazione delle sue giocatrici, ragazze normali che lottano quotidianamente per sopravvivere.

Sempre nella prima parte l'autrice confeziona altresì un dramma corale esplorando le vite delle giocatrici senza però appesantire troppo la materia inserendo una giusta dose d'ironia (a tal proposito ottima la performance di Kim Ji-young, vista recentemente in Exit o Extreme Job).
Il finale invece è un puro film sportivo laddove lo stile elegante e minimale (quasi sempre macchina fissa) evolve durante le partite con il ricorso alla camera a spalla, panoramiche a schiaffi o slow motion enfatici.
Interessantissimo il finale: Han Mi-sook, la più forte, sbaglia il rigore decisivo ma il fatale errore viene trasportato fuori campo (una sorta di rispetto verso la giocatrice) ma il dramma rimane con la camera attenta sullo sguardo attonito della campionessa (sullo sfondo poi vediamo le rivali danesi festeggiare) il tutto distinto da uno slow motion che rasenta il fermo immagine.
Il film si conclude con le vere interviste post-partite con l'allenatore che denuncia le scarse condizioni economiche
-lavorative delle sue giocatrici.
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