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Addio al grandissimo Bertrand Tavernier
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Mi conforta scrivere queste righe in un sito i cui utenti appaiono concordi nell’esprimere valutazioni e opinioni lusinghiere sull’intera opera di un gigante del cinema francese. Bertrand Tavernier esordisce come regista di lungometraggi nel 1974 con un capolavoro, “L’orologiaio di Saint-Paul”, tratto da un romanzo di Georges Simenon e splendidamente interpretato da Philippe Noiret. In precedenza, appassionato di cinema americano, Bertrand Tavernier era stato coautore insieme a Jean-Pierre Coursodon del volume “Trente ans de cinéma américain” (1970), molto apprezzato dai cinefili dell’epoca. Critico cinematografico, scrisse per svariate riviste, anche rivali tra loro come “Les Cahiers du Cinéma” e “Positif”.

Autore ecclettico come pochi altri, Bertrand Tavernier confermò, oltre dieci anni dopo l’avvento della Nouvelle Vague, che un buon critico cinematografico può essere anche un ottimo regista. La sua filmografia spazia tra i generi con sorprendente disinvoltura, come se ogni singolo genere gli appartenesse da sempre. Il livello è sempre altissimo, dagli adattamenti letterari, come il succitato romanzo di Georges Simenon o il riuscitissimo “Colpo di spugna” (1981) tratto da un romanzo “noir” di Jim Thompson, alle ricostruzioni storiche, come “Che la festa cominci” (1975), “La vita e nient’altro” (1989) o “Eloise, la figlia di D’Artagnan” (1995), passando per pellicole più intimiste come “Una domenica in campagna”, che gli valse la palma per la miglior regia a Cannes nel 1984, o “Daddy Nostalgie” (1990). Alla gamma dei generi si aggiungono titoli ispirati alla cronaca nera a sfondo sociale come “Il giudice e l’assassino” (1976), con un poker di attori da urlo (Philippe Noiret, Isabelle Huppert, Michel Galabru e Jean-Claude Brialy) o “L’esca”, Orso d’oro alla Berlinale del 1995. Nel filone storico si colloca anche “Capitan Conan” del 1996, film di denuncia delle atrocità della guerra che riuscì ad infastidire sia i movimenti antimilitaristi che le associazioni di ex-combattenti, a dimostrazione dell’autonomia intellettuale del suo autore. Ne è protagonista Philippe Torreton, attore che ritroviamo due anni dopo nei panni di un insegnante in una scuola dei quartieri poveri in “Ricomincia da oggi”, una delle sue opere più intense.

Credo di poter affermare che nella filmografia di Bertrand Tavernier non vi siano passi falsi. Ha saputo valorizzare al meglio una serie di grandi interpreti della sua epoca, primo fra tutti Philippe Noiret, vero e proprio attore-feticcio e direi alter ego quasi fisico del regista, che lo dirigerà in ben nove occasioni. Non meno fedeli e all’altezza del compito sono stati numerosi altri grandi nomi del cinema francese, dai già citati Isabelle Huppert e Philippe Torreton (quattro film ciascuno), cui si aggiungono i volti di Thierry Lhermitte o Jane Birkin, solo per citarne alcuni. La carriera di Bertrand Tavernier si estende su un arco di 55 anni, con 55 titoli al suo attivo. Già premiato a Berlino e a Cannes, nel 2015 ha ottenuto un meritato Leone alla carriera alla Mostra Cinematografica di Venezia.

Con Bertrand Tavernier è venuto a mancare uno dei più grandi esponenti del cinema d’Oltralpe dell’ultimo mezzo secolo, un autore ecclettico e completo che lascia dietro di sé una filmografia magnifica quanto immortale.

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