Nasceva oggi,a Fort Worth, USA,cittadina portuale sviluppatasi grazie alle raffinerie di petrolio, il 19 gennaio 1943, e moriva a Los Angeles il 4 ottobre 1970.
La mama cosmique, la ragazza elettrica e ribelle, la regina del soul psichedelico, 46esima nella lista dei 100 più grandi artisti di sempre, 28esima in quella dei più grandi cantanti, aveva ventisette anni, quel 4 ottobre 1970, quando fu trovata riversa sul pavimento di una camera d’hotel a Los Angeles, uccisa dall’eroina.
In quegli anni era facile morire così, te ne andavi al massimo del successo, in quegli anni fu un vero sterminio.
Janis - Little girl blue di Amy Berg è una ricostruzione affettuosa della sua stella, né pietosa né agiografica, solo affettuosa, e la voce di Ganna Nannini a doppiarla una scelta particolarmente felice.
Dalla nascita alla morte, quella di Janis fu una meteora breve, una piccola cometa di luce che nella coda si trascinava solitudine, frustrazione, bisogno d’amore, rabbia di vivere, felicità nel cantare, con quella voce inimitabile, che faceva chiedere a chi l’ascoltava “sicuro che sia bianca?”.
Perché ci si drogava, allora?
Janis non era bella, un po’ maschiaccio, ma le ragazze degli anni sessanta avevano il dovere di essere belle e femminili, non essere “estreme”, non dire parolacce, essere pudiche, “ ignorare che ci fosse qualcosa dalla cintola in giù”.
In una città dove il Ku Klux Klan andava forte lei era addirittura per l’integrazione razziale, scatenava risse che i ragazzi cercavano di evitare, “le piaceva proprio fare la cattiva ragazza, anche se non lo era, le piaceva solo punzecchiare gli uomini”, racconta un vecchio amico grassoccio “in quei momenti noi negavamo di conoscerla, a stento salvavamo la pelle, era molto pericoloso portarla in un bar”.
Ma la sua voce era già tutta lì:
“Una volta fece un’imitazione perfetta di una canzone di Odetta. Restammo tutti di sasso, quella ragazzina strafottente cantava proprio bene”.
A Austin, Texas, si sentiva musica dal vivo nelle strade, era il posto per lei, cominciò a cantare nei pub, nei ritrovi folk music in cambio di birra, ma non fu mai accettata.
“Quando arrivò a Austin portava già ferite profonde e reiterate –racconta Powell St. John della sua prima band - e a Austin le cose non cambiarono. Ogni anno le confraternite organizzavano un concorso in cui bisognava eleggere l’uomo più brutto. E qualcuno candidò Janis, e quei coglioni votarono in massa per lei. Questo la devastò, non avevo mai visto Janis piangere prima di allora, Janis aveva un atteggiamento molto da dura…”
Fu un tracollo da cui non si riprese più, come donna, s’intende, ma da lì nacque l’artista, quel suo trasformarsi in animale da palcoscenico, l’unico posto in cui non si sentì mai sola, anche se poi le luci si spegnevano e il pubblico andava via.
Perché ci si drogava, allora?
Janis la sua vita se l’è costruita tutta da sola, cantare diventò il suo baricentro:
“Cantare è divertente, attraversi una quantità di emozioni che difficilmente troveresti passando da una festa all’altra a fartela con chi ti pare… la musica si crea dalle emozioni e crea emozioni”
Janis saltava, urlava, si muoveva “fino ad essere sudata fradicia” e trascinava il pubblico con sé mentre gli diceva: “Quando qualcosa non va, quando ci sentiamo soli, quando hai strani pensieri che non sai da dove vengono, te lo dico io cosa ti ci vuole, ci vuole una dolce mamma amorevole”
Dear family, la voce scorre sulle sue lettere alla famiglia giù nel Texas, un filo rosso fino all’ultima:
“Cara famiglia, sono riuscita a superare il mio ventisettesimo compleanno senza accorgermene.
Che giorno divertente, due anni fa neanche lo volevo tutto questo… no, non è vero, mi sono guardata intorno ed ho notato una cosa, quando arrivi ad un certo grado di talento, il fattore determinante è l’ambizione, o, per come la vedo io, quanto è forte il bisogno di sentirsi amati e fieri di se stessi. Questa è l’ambizione, non una smania di soldi, di successo, forse una smania di amore, di tantissimo amore”
Texas ciminiere fumanti e navi mercantili nel porto, un posto dove per molti era una fortuna nascere, per Janis no, “lei non riusciva a trovare il modo di essere come tutti gli altri, grazie al cielo” dice una delle tante voci che Amy Berg ha riunito in un collage per parlare di lei, vecchie immagini ormai d’antan, in bianco e nero un po’ sgranato o riprese di oggi con teste bianche e tante rughe dei compagni di allora.
Partita da quel triste posto forse per seguire le orme di Jack Kerouac, forse per l’ambizione di inventarsi una carriera come cantante, ma soprattutto per cercare un po’ di libertà personale, e qualcuno che la pensasse come me, in Texas all’epoca quasi nessuno la pensava come lei. In California trovò un gruppo di ragazzi Big Brother and the Holding Company che sognava un mondo diverso e si unì a loro.
Janis andava sul palco come ad un incontro d’amore, divenne una leggenda del rock e del blues di tutti i tempi, donna vulnerabile e sola, morta per un bisogno di amore che non ebbe mai abbastanza.
Janis mostrò come una donna poteva pensare sé stessa oltre gli stereotipi e la rigida morale di quegli anni e insegnò a rifiutare le maschere imposte dalla fantasia maschile
“Una donna di solito è consapevole che gli uomini non le consentiranno semplicemente di ‘essere sé stessa’ - diceva- e, peggio ancora, sanno bene che le maschere che indossano rappresentano le fantasie maschili, non le sue”.
Conosciuta finalmente dalle persone giuste, da allora tutti in piedi ad applaudirla alla fine di ogni esibizione, un vero sballo.
E Woodstock, prati immensi stracolmi di giovani, e musica a non finire.
E poi l’acido e l’eroina.
Janis cambiò la storia della musica in anni in cui si sentì il bisogno di cambiare tutto, ma la storia cambiò lei e nelle droghe affondò la sua vita.
Janis era una ragazza che avrebbe tanto voluto essere come le altre, ma era unica, questa fu la sua condanna.
Una sera le chiesi - racconta un amico – puoi assicurarmi che non ti stai facendo di eroina? E lei mi diede una risposta interessante “A chi importa?”.
Una donna lasciata sola diventerà presto stanca di aspettare,
farà cose pazze, sì, in rare occasioni.
Una semplice conversazione per un uomo nuovo
e nuovamente crea una situazione suscettibile
quando una buona faccia entra nella tua testa.
E quando lei si sente sola, sta pensando al suo uomo,
Lei sa che lui la sta dando per scontato.
Dolcezza, lei non capisce, no no no no!
Bene, la febbre della notte, brucia una donna non amata
Sì, quelle fiamme roventi provano a spingere quel vecchio amore da parte.
Una donna lasciata sola, lei è vittima del suo uomo, sì, lo è.
Quando lui non può tenere il passo per la sua strada, buon Signore,
Lei ha avuto modo di fare il meglio che poteva, sì!
Una donna lasciata sola, Signore, che ragazza solitaria,
Signore, Signore, Signore!
Little girl blue sit there, hm, count your fingers. What else, what else is there to do ?
Oh and I know how you feel,
I know you feel that you're through.
Oh wah wah ah sit there, hm, count,
Ah, count your little fingers,
My unhappy oh little girl, little girl blue, yeah.
Oh sit there, oh count those raindrops
Oh, feel em falling down, oh honey all around you.
Honey dont you know its time,
I feel its time,
Somebody told you cause you got to know
That all you ever gonna have to count on
Or gonna wanna lean on
Its gonna feel just like those raindrops do
When they're falling down, honey, all around you.
Oh, I know you're unhappy.
Oh sit there, ah go on, go on
And count your fingers.
I don't know what else, what else
Honey have you got to do.
And I…
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