Quanto lontano può portare la volontà di inseguire un sogno? Fino a che punto si può spingere la follia umana, ma fino a che punto è lecito definire “follia” la caparbietà con cui si segue la propria ambizione, ambizione di creare qualcosa di immenso, di epocale?
Domande a cui è difficile dare una risposta, domande che sorgono spontanee (o almeno, sono sorte nella mente dell’estensore di queste righe) durante la visione del film Jodorowski’s Dune, documentario diretto da Frank Pavich nel 2013 in cui viene ricostruita la genesi di quello che molto probabilmente è il film mai realizzato più famoso della storia del cinema, ovvero la trasposizione sul grande schermo del romanzo Dune di Frank Herbert da parte di Alejandro Jodorowsky.
Il documentario, diciamolo subito, è veramente interessante, girato con grande cura si avvale delle testimonianze dirette di coloro che collaborarono alla progettazione di una pellicola che avrebbe dovuto, nelle intenzioni del regista, creare nelle persone le stesse condizioni di un viaggio fatto con l’LSD, ma senza bisogno di usare l’LSD.
“Volevo fare un film che desse ai consumatori di LSD dell’epoca le stesse allucinazioni che dà quella droga, in modo che essi non dovessero più assumerla. Volevo che Dune fosse come un profeta, che ampliasse le percezioni e cambiasse la mentalità dei giovani di tutto il pianeta. Volevo che Dune fosse un dio, artistico e cinematografico”
E tra le testimonianze spicca, ovviamente, quella del protagonista assoluto di tutta la vicenda, Alejandro Jodorowsky.
Jodorowsky indubbiamente verrà ricordato come uno dei personaggi più interessanti della cultura del XX secolo, un cosmopolita nato in Cile da immigrati Ucraini ma di etnia Ebraica, si trasferisce nel 1953 appena ventiquattrenne a Parigi dove entra in contatto con il surrealismo, e con Fernando Arrabal e Roland Topor con cui fonderà il movimento teatrale panico, oltre a diventare stretto collaboratore del grande mimo Marcel Marceau.
Proprio adattando un’opera di Arrabal, Fando & Lys, Jodorowsky esordisce come regista dopo un paio di cortometraggi, un lavoro spiazzante e provocatorio caratterizzato da una forte vena grottesca che scatenerà le ire del pubblico alla sua presentazione al Festival di Acapulco.
A quell’esordio seguirono El Topo e La Montagna Sacra, due film destinati a diventare opere di culto e grazie ai quali il nome di Jodorowsky comincia a circolare tra gli addetti ai lavori.
E’ il produttore francese Michel Seydoux (pro-zio dell’attrice Lea) a contattare Jodorowsky e a chiedergli di collaborare insieme per un progetto, lasciando al regista carta bianca sulla scelta dell’argomento, ed è lo stesso a raccontare di avere proposto Dune di getto, senza neanche aver letto il libro.
Inizia la realizzazione pratica e il primo collaboratore di Alejandro è un nome illustre del fumetto: Jean Giraud alias Moebius. Come molti di coloro che affiancheranno il regista cileno nella realizzazione del progetto, Giraud viene scelto non sulla base di curricula o meriti bensì su quella dell'istinto di Jodorowsky. Questi è convinto che solo coloro di cui riesce a captare l’unicità possiedono le qualità per lavorare con lui, i suoi “guerrieri” li chiama. Sarà per questo motivo che per la realizzazione degli effetti speciali scarterà Douglas Trumbull, colui che aveva firmato le meraviglie visive di 2001 a space odissey e che si occuperà negli anni a venire di Incontri ravvicinati del terzo tipo, Star Trek e Blade Runner.
La scelta cadrà su uno sconosciuto alle prime armi, Dan O’Bannon, che Jodorowsky scopre in seguito alla visione di Dark Star, esordio cinematografico di John Carpenter di cui O’Bannon cura per l’appunto gli effetti speciali.
Con l’ausilio della grande perizia di Giraud viene realizzato lo storyboard, quindi viene contattato Chris Foss, uno dei più interessanti illustratori fantascientifici, che realizzerà le splendide astronavi.
Si cercano gli attori: David Carradine, cultore di arti marziali, interpreterà il Duca Leto Atreides, il figlio di Jodorowsky, Brontis (che già aveva affiancato il padre in El Topo), intepreterà Paul Atreides e per questo sarà sottoposto ad un duro allenamento sulle arti marziali da un maestro appositamente scelto per lui dal padre.
L’incontro con Salvador Dalì a cui viene chiesto di interpretare il ruolo dell’Imperatore della Galassia, con tanto di proposta alla musa ispiratrice Amanda lear, è anche l’occasione per conoscere l’opera dell’artista svizzero H.R. Giger, segnalato a Jodorowsky proprio dal grande pittore surrealista.
Giger si occuperà delle scenografie tra cui la delirante fortezza degli Harkonnen modellata sulle fattezze del Barone Harkonnen, edificio di cui in realtà non si fa menzione nel romanzo ma che è un’invenzione di Jodorowsky (tra l'altro la struttura di questa imponente e grottesca "fortezza" sarà ripresa molti anni dopo per la scenografia di Prometheus di Ridley Scott).
La storia va avanti e mano a mano prende forma un progetto dall’ambizione straripante, con Orson Welles e Mick Jagger chiamati a far parte del cast, i Pink Floyd ed gli alfieri del prog rock francese Magma per la colonna sonora. E alla fine bisogna trovare i finanziamenti per il compimento dell’opera, occorrono 15 milioni di dollari e si bussa alla porta delle major hollywoodiane.
Tutti si dimostrano entusiasti di fronte alla straordinarietà del progetto, lo storyboard colpisce gli interlocutori per la qualità del lavoro svolto. Ma nessuno vuole rischiare quei soldi su un’opera tanto visionaria: non è il progetto in sé a sconcertare quanto il regista che lo sovraintende, un personaggio fuori dagli schemi che ha realizzato materiale per un'opera monumentale della durata di svariate ore, una cosa inconcepibile per chi ragiona su schemi di film che debbono durare un'ora e mezza..
E alla fine il sogno non si realizza, per Jodorowsky è giunto il momento di un amaro rompete le righe: il bellissimo consesso di teste pensanti, i “guerrieri” di Jodorowsky, è costretto a sciogliersi, ognuno torna a casa, portando però dentro di sé un'esperienza che si rivelerà fondamentale, ma ne parleremo dopo.
Parliamo invece del prosieguo, ovviamente contro la volontà del suo ideatore, di quel progetto: i diritti del libro vengono acquistati da Dino de Laurentis che affiderà il film a David Lynch.
Jodorowsky venne trascinato quasi a forza a vedere il film e......il resto lo lasciamo raccontare a lui:
“Quando seppi che David Lynch lo avrebbe diretto, provai dolore perché io ammiro David Lynch. Lui poteva. Era l'unico in quel momento che poteva farlo, e l'avrebbe fatto.
Ho sofferto perché era il mio sogno. Ma un'altra persona lo avrebbe fatto, forse meglio di me.
Quando avrebbero proiettato il film qui, dissi che non sarei andato a vederlo perché ne sarei morto. E mio figlio disse:”No, siamo guerrieri, devi andare a vederlo”. E così mi presero, e come una persona inferma andai al cinema, anche se pensavo che avrei pianto. Inizio a guardare il film e passo dopo passo, passo dopo passo, e passo dopo passo.....fui felice: perché quella pellicola era davvero orribile. “E' un fallimento!” Non è bello ma ebbi questa reazione. Dissi “non è possibile, non è David Lynch. Perché lui è un grande artista. E' il produttore che ha fatto questo”
Quel film non realizzato, quel sogno rimasto in sospeso, lascerà comunque una eredità sulla fantascienza cinematografica (e non solo) negli anni a venire. Lo storyboard probabilmente circolava nelle case di produzione perché molte idee si sono viste in film realizzati successivamente: in Star Wars (il primo, indimenticabile diretto da Lucas nel 1977) il modo in cui i personaggi duellano con le spade laser rimanda ai disegni di Moebius, la raffigurazione del giovane Paul che si allena con un robot ricorda molto la scena in cui Luke fa altrettanto a bordo della Millenium Falcon.
Sicuramente il film che più è debitore del progetto di Dune è Alien: Dan O'Bannon autore della sceneggiatura si avvarrà della collaborazione di Moebius, Chris Foss e soprattutto di H.R. Giger (le cui stupefacenti e disturbanti immagini furono la base per la creazione dello xenomorfo) per la realizzazione del capolavoro firmato da Ridley Scott.
Dalla collaborazione di Dan O'Bannon con Moebius nacque anche un fumetto, The Long Tomorrow, scritto nel 1975 proprio mentre i due lavoravano insieme a Parigi per il progetto Dune e pubblicato negli anni immediatamente successivi sulle riviste Metal Hurlant e Heavy Metal. Un thriller in stile hard-boiled ma ambientato nel futuro che influenzò l'estetica di Blade Runner.
Jodorowsky dal canto suo decide di utilizzare almeno in parte il materiale dello storyboard e insieme a Moebius realizza una graphic novel destinata a diventare un vero cult: L'Incal
Le idee sviluppate durante la realizzazione di Dune gli torneranno poi utili per un'altra collaborazione illustre: quella con il disegnatore argentino Juan Giménez. Da questo incontro nascerà La Casta dei Meta-Baroni, saga a fumetti decisamente influenzata dall'immaginario sviluppato durante la progettazione di Dune.
Al di là delle considerazioni personali che ognuno può fare, due sono le sensazioni che non possono non restare in ognuno di coloro che hanno guardato questo documentario: da un lato l'amarezza per un progetto mai realizzato, la certezza che qualunque cosa fosse uscita da quel mastodontico complesso di idee ci saremmo trovati di fronte a un evento epocale che avrebbe cambiato la storia del cinema fantastico (e comunque almeno in parte è riuscito a cambiarla). Dall'altra però la grande gioia visiva di aver goduto delle creazioni di alcune delle menti più fantasiose del XX secolo, autori di mondi straordinari e spaventosi, meravigliosi ed inquietanti.
Comunque sia andata, Dune di Jodorowsky ha lasciato una traccia pesante nella storia della cultura contemporanea. E di questo Jodorowsky e i suoi guerrieri ne devono giustamente essere orgogliosi.
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