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Il mio primo bacio, Maradona nel fango e tua nonna in carriola, ma in 4K
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Pochi giorni fa guardavo come tanti un video che di recente ha avuto molta diffusione sui media. Erano le riprese di una famosa partita di calcio tenutasi ad Acerra, nel 1984, quando Maradona accettò di giocare per beneficenza su uno scassato campetto di periferia. Non mi importa molto di Maradona, ora: a dir il vero non me ne è mai importato. Ma ho osservato quelle immagini, in bianco e nero, sgranate, rovinate. Non era poi così tanto tempo fa, il 1984. Eppure quelle immagini sembrano venire da un passato lontanissimo. E comunque io c’ero, al mondo, ed erano anche già trascorsi circa 4 anni dal giorno in cui diedi il mio primo bacio a una ragazza.

L’altro giorno invece, per caso, su YouTube mi sono imbattuto in questo canale che pubblica video girati in risoluzione 4K di vari luoghi del mondo: sono tantissimi video. Non hanno nulla di speciale se non le location, alcune splendide, e il fatto che sono girati appunto in 4K, praticamente la maggior risoluzione digitale disponibile realmente oggi (sì, lo so, l’8K e il 16 K bussano già alle porte, ma in verità non siamo pronti).

Se cliccate su uno qualsiasi di questi video sarete portati in un luogo a vostro scelta e sarà un po’ come essere lì. Non c’è dialogo, nulla è spiegato o raccontato: sono solo immagini ultradefinite di quel luogo, con i suoi suoni, la sua luce, le persone che camminano, spesso indifferenti e noncuranti della telecamera che li sta riprendendo. Field recordings: registrazioni sul campo - o per la via - che cercano l’effetto immersivo. Vi portano lì: per quanto possa farlo un’immagine.

Sono passati solo alcuni anni dalle immagini di Maradona nel fango del campetto di Acerra e già oggi possiamo quasi trasferirci in un qualsiasi luogo del mondo e osservarlo a risoluzione infinitamente migliore. Credo che quei video saranno molto utili in futuro: ogni immagine lo è sempre stata. Credo anche che non ci stiamo rendendo conto di quale strumento incredibile sia già oggi Google StreetView, che comincia ad avere un po’ di storia alle spalle e che ci permette di “camminare” (non ancora con la fluidità e la definizione di un video a 4K) per le strade del mondo, spostandoci anche un po’ nel tempo. Io posso vedere la mia via attraverso le sue trasformazioni dall’aprile 2008 sino al settembre 2020. Chissà come sarà quando Google StreetView avrà cinquanta, o cento anni: chissà come sarà visitare una città che magari non c’è più.

Provate anche a immaginare quando la tecnologia oggi già disponibile si allargherà a un vasto repertorio di strumenti: dalle macchine montate sulle Google Cars che girano per il mondo alle telecamere di sorveglianza sparse ovunque, alle webcam che oggi tutti usiamo. Molti di questi apparecchi sono ancora datati e restituiscono un’immagine “povera” del mondo: imprecisa, priva di vero dettaglio, incapace di reggere un vero ingrandimento. Ma dietro l’angolo c’è in agguato un mondo “nuovo”: un mondo lucido, iperrealista, sempre a fuoco, disponibile. Costantemente presente.

In questo mondo visivamente tanto limpido cosa ne sarà del passato? Siamo stati sin qui abituati al fatto che una immagine - qualsiasi immagine - denunci la sua anagrafe. Da Daguerre in poi le immagini non ci parlano solo degli oggetti che raffigurano: ci offrono anche molte informazioni sulla loro stessa età: vale anche per i film, ovviamente. Se sfogliamo un album di foto (sì ragazzi, avevamo gli album una volta) le vediamo le foto dei nostri nonni, in bianco e nero, ingiallite. Poi vediamo le prime foto a colori, sbiadite anche loro. E le polaroid, alcune svanite come le foto dei nonni sebbene ben più recenti. Ma anche se sfogliamo un album digitale - che raccoglie potenzialmente le immagini degli ultimi 25-30 anni - possiamo notare la differenza tra le prime foto e le ultime. Ora però questa differenza va pian piano assottigliandosi.

Possiamo immaginare, ci provo, un futuro in cui la differenza sarà poco sensibile: un po’ come le registrazioni audio hanno toccato un loro limite standard con la risoluzione sonora offerta dai CD (nonostante sia oggi possibile registrare con sistemi assolutamente casalinghi a una qualità infinitamente migliore), arriverà forse un momento in cui la risoluzione delle immagini avrà raggiunto un limite al di sopra del quale percepire ogni miglioria sarà quasi inutile, almeno per un uso comune. Non è fantascienza: è dietro l’angolo. E quando questo avverrà che ne sarà del nostro passato? Io i miei nonni, tranne una, non li ho quasi conosciuti: di loro ho solo ricordi vaghi, poche foto e qualche racconto. Come sarà invece per un ragazzo del futuro non lontano vedere le migliaia di foto dei suoi? Come sarà vederli muoversi in video tanto definiti e precisi da lasciare pochissimo spazio all’immaginazione e, soprattutto - non fosse che per gli oggetti del mondo circostante - assolutamente simili a quelli del loro presente? Come sarà questa contrazione, questo annullamento virtuale del tempo che le immagini ci consentono?

Certo, la tecnologia ci sorprenderà ancora: ci sembreranno comunque cose del passato magari perché la fotografia statica o i banali video saranno stati soppiantati da splendidi, luminescenti e più-veri-del-vero ologrammi. O dalla realtà virtuale. Già oggi dicono che il next step sarà la fotografia computazionale (e se non sapete cosa sia non sto nemmeno a spiegarvelo, potete trovarlo facilmente). Ma ciò non toglie che la relazione con il passato e con la memoria attraverso le immagini sia destinata a cambiare, in una direzione che non so dire. E che magari sarà bello ragionare insieme nei commenti, grazie ai vostri spunti.

 

Ah quasi dimenticavo. La ragazza della foto qui sopra è quella del mio primo bacio. Sono contento che sia stata lei. Sono contento che oggi mi abbia mandato questa foto (non ci sentivamo da allora, pensate) e che mi abbia detto che potevo usarla. Sono contento che sia una foto che dichiara quanto tempo è passato. Sono anche contento di avere un passato sbiadito, lontano, che costringe allo sforzo, al ricordo, alla sua imprecisione: a costo del rischio della perdita, dell'assenza.
Sono contento persino della nostalgia. Insomma sono davvero un ragazzo fortunato.

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