Da quando siamo, per la seconda volta, nuovamente in emergenza coronavirus, siamo tutti in trepida attesa, in costante ricerca di notizie e i mezzi di informazione cercano di rispondere a quesiti quali “i contagi calano o non calano?”, “il vaccino quando arriva?”, “quando si potrà mettere la parola fine a tutto questo?” Intanto, chi più chi meno, riversa aspettative incoraggianti per il futuro e, su Repubblica di domenica scorsa si afferma che il professor Ugur Sahin, co-fondatore di BioNTech, è convinto che l'impatto contro il coronavirus sarà significativo già in estate e si tornerà alla vita normale il prossimo inverno, a partire quindi dal dicembre 2021 e ancor di più dall'inizio del 2022. Nel frattempo non ci resta che aspettare e vedere come evolverà la situazione. Ma la domanda che mi pongo, che riguarda gli aspetti della vita in generale, così come il cinema, è: “in tutti questi mesi saranno cambiate le abitudini delle persone?”, “i nuovi comportamenti hanno ormai sostituito i vecchi comportamenti?”, “le persone torneranno a fare ciò che facevano prima?”
Di seguito proverò a fare qualche esempio di abitudini che sono state stravolte con la pandemia. Perché, come ben sappiamo, il bisogno aguzza l'ingegno e non c'è da stupirsi, perciò, se si sono scoperte prospettive o usanze nuove. D'altronde le abitudini sono volatili. Così come i mercati. A proposito di mercati apriamo e chiudiamo subito una parentesi: [la settimana scorsa, le nuove notizie sul vaccino hanno fatto rialzare buona parte dei titoli (alcuni titoli sono saliti anche del 10%), ma non tutti. Come riportato da MilanoFinanza, infatti, i titoli della cosiddetta "stay at home economy" hanno fatto l'opposto e sono scesi (Amazon e Facebook hanno perso il 3 e Netflix quasi il 7%)]
Volatilità appunto. Volatilità di mercati e abitudini.
Un articolo interessante di un paio di mesi fa su Repubblica dal titolo “l’abitudine perduta di andare al cinema” riporta come negli Stati Uniti la pandemia abbia mandato a picco l’industria dei jeans. Dicono che solo con il lockdown avremmo scoperto che questo pantalone che sembrava eterno non è poi così comodo come ci dicevamo. Per la stessa ragione, dicono altri, in Francia sarebbero andati in crisi i reggiseni. […]. Su quest’ultimo punto, incuriosito, ho cercato notizie in merito e Ansa.it, a luglio, (Francia: reggiseno perde terreno, impazza il “no-bra”) ha riportato i risultati dell’inchiesta dell’istituto Ifop pubblicata su Le Parisien secondo la quale la pratica (cosiddetta, appunto, del “No-Bra”) di non indossare il reggiseno è in netta progressione, almeno in Francia, dalla fine del lockdown; così come la pratica del “senza trucco” è stata sospinta dall'isolamento imposto dal confinamento. Francois Kraus (direttore del Polo di Genere, Sessualità e Salute dell’Ifop) dice che la situazione eccezionale ha stravolto tendenze ancorate nel tempo, più che per femminismo, per comodità.
Oltre al benessere personale e al cambio di abitudine nel consumo di prodotti (pensiamo a un ulteriore esplosione dell’e-commerce, di una sempre maggiore richiesta delle consegne a domicilio), un altro esempio di gusti modificati a seguito della pandemia è il settore immobiliare. Su Il Corriere della Sera della settimana scorsa, interessante l’articolo a firma di Irene Consigliere dal titolo “Case: com’è cambiato il mercato immobiliare in era Covid” nel quale si afferma che il taglio di immobile più ricercato è senza dubbio il trilocale che batte il bilocale in un periodo in cui la ‘clausura’ in casa ha reso sempre più ‘impellente’ l’esigenza di maggiori spazi. Andando perciò, aggiungo io, in controtendenza rispetto a quanto era avvenuto negli ultimi anni.
Quanto appena detto sono solamente gli esempi più eclatanti di cambiamenti avvenuti negli ultimi mesi ma riguardano una percentuale enorme della vita di ognuno di noi: consumi, abbigliamento e investimenti. Ora, però, concentriamoci sul cinema. Il precedente articolo di Repubblica sopra citato (“l’abitudine perduta di andare al cinema”) anche se di due mesi fa, riporta: “Mi preoccupa di più quello che sta accadendo al cinema. Alle sale cinematografiche. Quant’è che non ci mettete piede? Una vita. E’ che molte sono ancora chiuse, e le altre sono vuote e tristi. E’ normale durante una pandemia, direte, ma non è così scontato. Ci sono alcuni segnali su cui riflettere. Intanto quello che sta accadendo negli Stati Uniti: i cinema hanno riaperto (a parte New York e Los Angeles dove ci sono molte polemiche per questa prolungata chiusura); i grandi film di Hollywood sono arrivati, ma gli spettatori no.[…]
Certo, prima o poi si riaprirà nuovamente, ma siamo proprio sicuri che le persone torneranno ad andare al bar, al ristorante e al cinema come facevano sino all’anno scorso? Non è che, per forza di cose, avendo conosciuto la comodità di cui parlavamo poco sopra e la praticità dei vari servizi a domicilio, al ristorante o al supermercato finiranno tutti per andarci meno o non andarci proprio? Non è che, avendo conosciuto la comodità del cinema visto solamente in tv o attraverso le pay tv, al cinema inteso come sale cinematografiche finiranno tutti per andarci meno o non andarci proprio?. Perché sì che eravamo ancora in emergenza sanitaria (perciò è difficile fare previsioni, dovremo vedere solo quando la pandemia sarà finita definitivamente), ma, come riportato dal Fatto Quotidiano un mese fa a sale ancora aperte, “le sale italiane ogni giorno mostrano la corda, con il segno meno in presenze e incassi rispetto alla stessa giornata di un anno fa, ma spesso anche da una settimana all’altra. Se poi andiamo a vedere la situazione sale negli Stati Uniti per via dell’assenza di titoli importanti in sala, o addirittura della chiusura di molte di esse, il risultato è ancora più drammatico. Perciò, siamo sicuri ad emergenza finita, che le persone torneranno al cinema?
È una domanda a cui non è possibile dare una risposta oggi, l’unica cosa possibile è poter fare previsioni. Provo a fare la mia previsione. Personalmente ritengo che il grande appassionato, colui che vedere il film in sala era sinonimo di cultura, tornerà al cinema così come era già tornato. E non resta più nella pelle. Ma lo stesso, non si può dire per gli spettatori sporadici, coloro che si recavano al cinema più per passatempo che per profonda convinzione. E su costoro, le nuove abitudini acquisite durante la pandemia giocheranno un ruolo fondamentale e, su diverse persone, peseranno come un macinio. La comodità del divano, il fatto magari di aver già effettuato un abbonamento ad una pay tv, la pigrizia, il timore di ritornare ad una vita normale: diversi psicoterapeuti mettono in guardia sul rischio di paura ad avere contatti e rapporti con gli altri quando finisce una quarantena o un lockdown (di ieri, interessante l’articolo su Repubblica di Viola Giannoli su Università, l’impennata di Psicologia. “Dopo il coronavirus più possibilità di lavoro”) E gli ultimi studi sulla soglia di attenzione delle persone (fissata a 8 secondi) non è incoraggiante. Né per la vita della società, né per il rapporto con gli altri, né per il cinema stesso. Naturalmente, spero proprio di sbagliarmi.
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