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Small Axe: Lovers Rock (2020, regia di Steve McQueen)
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Nel 1980, i giovani della comunità West Indian di Londra si ritrovano ad una festa all'interno di una casa privata, passando la notte a cantare e ballare musica reggae e a sentirsi liberi. Lovers Rock si apre con i preparativi che avvengono durante il giorno, con donne che preparano da mangiare e uomini che spostano mobilia e introducono in casa casse acustiche giganti, e si chiude all'alba, quando il party ha da poco avuto fine.
Secondo dei cinque episodi che compongono la serie tv Small Axe, Lovers Rock è l'unico non legato a persone o fatti realmente accaduti e, senza dubbio, tra i tre visibili nel corso della 15' Festa del Cinema di Roma (gli altri due sono Mangrove e Red, White and Blue) è quello più povero e monocorde dal punto di vista della creatività, seppur caratterizzato da una chiara urgenza comunicativa.

Il film di Steve McQuenn soffre di una trama esilissima, che teoricamente ruota attorno al banale corteggiamento tra Franklyn e Martha, ma di fatto è incentrata nulla più che sulle parole scandite a ritmo dal dj e su una poderosa colonna sonora che passa senza soluzione di continuità dalle Sister Sledge a Carl Douglas, dagli Investigators a Lee Scratch Perry passando per Janet Kay, la cui Silly Games cantata 'a cappella' da tutti i convitati rappresenta probabilmente il momento più sentito (da loro dal regista stesso).
Al netto del suo voler essere un sincero omaggio alla sensualità, alla seduttività ed al calore della cultura nera, e di voler mostrare romanticamente quanto l'ingegno potesse portare un'intera comunità, esclusa dai night club frequentati da soli bianchi, ad agghindare case private trasformandole in enormi sale da ballo con tanto di biglietto d'ingresso, Lovers Rock - che un'anima ce l'ha, eccome - manca di elementi sufficienti a giustificare anche solo la metà dei suoi settanta minuti di durata: nonostante McQueen sia chiaramente innamorato dei personaggi ai quali incolla la propria telecamera esaltandone la sinuosità dei movimenti, il gioco appare tirato troppo per le lunghe, divenendo ripetitivo e quasi estenuante nella sua paradossale immobilità.

Voto: **½

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