
Era la domanda di rito, durante la cena, nella mia famiglia. Perché di schermi in casa, per molti anni della mia infanzia e adolescenza, ce n'era uno solo e quindi la decisione relativa a cosa guardare era abbastanza collettiva. Abbastanza. Perché c'erano delle priorità, dettate dall'attualità sportiva, che non ammettevano discussioni: le partite della nazionale, ad esempio, avevano sempre la precedenza. Ne ricordo persino alcune, o meglio ricordo distintamente alcuni episodi ad esse collegate, come mio padre che si alza dal divano con un gesto atletico impensabile e preso dall'entusiasmo si avventa sul cuscino di velluto marrone a coste larghe sul quale era seduto e inizia a sbatterlo furiosamente a destra e a sinistra in occasione del gol decisivo di Italia-Germania, nella storica semifinale di Messico '70. Avevo quattro anni e il salotto di casa era pieno di persone, la partita era iniziata alle 22 e già il fatto di essere sveglio a quell'ora, in mezzo a tutta quella gente nei miei minimi quattro anni, rappresentava un fatto memorabile. Ricordo il tavolino basso davanti al divano pieno di bibite e tranci di pizza, il caldo di quel giugno milanese, le finestre spalancate e soprattutto i boati che contrassegnavano i momenti decisivi e provenivano anche dagli altri appartamenti affacciati sul grande cortile.
Cosa fanno stasera in Tv, quindi era LA domanda che qualcuno a cena immancabilmente faceva e alla quale spesso rispondeva mio nonno, che viveva con noi, appassionato cinefilo, segnalandoci le proposte della serata. Non che le scelte fossero poi molte, considerando che fino alla fine degli anni '70 c'erano solo le tre reti Rai, Telemontecarlo, la Svizzera e Capodistria. E non che la scelta mi riguardasse poi tantissimo, visto che dopo il Carosello io salutavo e andavo a letto. Ma insomma, ricordo abbastanza bene il gioco delle parti, chi suggeriva e cosa. Mio padre era in fissa con i western e bastava che nel cast ci fosse qualche star americana perché lui dicesse, ancora prima che il film iniziasse, "Belliiiissimooo". Mio nonno aveva gusti più sofisticati e faceva di tutto per non perdersi neanche uno dei film dei cicli che la Rai dedicava in quegli anni ad attori e registi. C'erano volte in cui riuscivo a malapena a sentire le sigle d'inizio di questi cicli ma altre volte mi andava meglio ed ero persino ammesso alla visione di famiglia.
Quel che mi colpisce oggi, anche nell'ambito della discussione sulla crisi del cinema in sala e lo spostamento progressivo verso le visioni in streaming, è la dimensione collettiva delle scelte e delle visioni che era presente fin dal modo in cui era formulata la domanda, con quel "Cosa fanno" che attribuiva chiaramente dei ruoli: c'era un loro, quelli che facevano, e c'era un noi, quelli che guardavano. Strada facendo mi sono completamente allontanato dalla cosiddetta tv lineare, gli ultimi ricordi che ho risalgono a prima che nascessero le mie figlie che sostanzialmente non l'hanno mai guardata. Sono quasi vent'anni, quindi, che non guardo un film su un canale televisivo. A parte un breve periodo in cui ho affittato film in dvd, il mio consumo si è gradualmente polarizzato tra il cinema in sala e quello in streaming e ormai la tv è solo una fessura ultrapiatta senza alcun loro e senza alcun noi. Su un lato di questa polarizzazione c'è l'andare in sala, un gesto collettivo che mi unisce, in un momento specifico per uno spettacolo unico, ad altri spettatori. Sul lato opposto di questo spettro, che occupa sicuramente la maggioranza del tempo che dedico all'intrattenimento, c'è un io a cui è affidata la totalità del processo: io cerco, io scelgo, io guardo. E in questo guardare solitario, da qualche parte sento, quindi so, che quella esperienza sta avvenendo solo per me, che è solo vagamente collegata ad altri spettatori e che le possibilità che qualcuno stia guardando quella stessa sequenza di immagini, in quello stesso momento, sono bassissime.
Sotto questo profilo la tv lineare, con il suo concetto di programmazione e la sua illusione di diretta, rappresenta ancora una specie di atto di resistenza del vedere qualcosa proposto da altri insieme ad altri e si posiziona in una specie di via intermedia tra l'esperienza collettiva del cinema in sala e quella decisamente individuale che avviene in streaming, una via intermedia che sta perdendo colpi e spettatori anno dopo anno. Mi sono preso la briga di confrontare i dati Auditel relativi ai tre film più visti la settimana scorsa con quelli della stessa settimana di dieci anni fa. Fatta la tara al sistema di rilevazione e senza avere la presunzione di proporre una statistica particolarmente affidabile, nella settimana tra il primo e l'8 di ottobre del 2010 il film più visto in tv è stato Quel mostro di suocera con un totale di 3.881.000 spettatori, seguito da Shrek 3 con 3.039.000 e Gomorra con 2.987.000. Nella stessa settimana di quest'anno il film più visto è stato Jurassic World, il regno perduto 1.838.000, seguito da John Rambo 1.551.000 e da Il libro della giungla 1.453.000. Il piano inclinato sul quale la tv lineare scivola da anni - accelerato in maniera significativa dall'arrivo e dal successo delle piattaforme - e la crisi strutturale della visione in sala, hanno il comune effetto di lasciarci sempre più soli davanti agli schermi.
Durante il lockdown sono stati lanciati degli strumenti che permettono di trasferire quella sensazione di collettività anche alle visioni che avvengono sulle principali piattaforme. Sebbene ci si trovi ancora all'inizio dello sviluppo, penso sia un segno che rappresenta un bisogno, un tentativo di compensare una perdita, un rimedio tecnologico ad una moltiplicazione degli schermi, alla parcellizzazione e al conseguente isolamento degli spettatori, a prescindere dalle restrizioni sociali di questi mesi. Si tratta di un universo ancora tutto da esplorare che per adesso si è concentrato sulle tecnologie relative alla risoluzione dei problemi fondamentali del guardare con altri (play, pausa, chat), ma che potrebbe riguardare in futuro anche tutti i molteplici processi che determinano cosa guardare insieme e quel che può accadere una volta terminata la visione "collettiva".
Anche se ero piccolo, conservo tanti ricordi legati alle presentazioni dei film dei cicli cinematografici della Rai anni '70 e '80 e persino delle cene in famiglia con mio padre che esaltava il filmone americano (belliiiissimo!) e il nonno che proponeva, pacatamente, un Truffaut. Adesso che sono cresciuto, e non devo neanche andare a letto dopo il carosello!, mi piacerebbe uno strumento che provasse a riempire i vuoti creati dalla mancanza di un loro. E che mi permettesse di far nascere e coltivare un piccolo ma affiatato noi.
Dedico la foto di apertura a uno dei cicli che più mi è rimasto impresso nella memoria: quello dedicato ad Humphrey Bogart e curato da Claudio G. Fava intitolato Il fascino della solitudine, sigla di apertura la beatlesiana Hello, How Are You cantata da Gary Walker.
Eccola qui.
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Forse centra poco, ma sottolineo con forza la mia qualità di spettatore single.
Che poi il "noi" è io e mia moglie.
Ma se lei mi chiede serenamente di mettere in pausa per fare pipì, io rivendico con forza la mia singletudine visiva.
Centra centra...
https://prod-giuntialpunto-static.giunti.stormreply.com/images/I/317DgkHlnfL.jpg
- grammar stalinist on -
C'entra centrare il vaso.
- grammar stalinist off -
percorso analogo. Cambiamo Milano con Roma, interpreto il padre, spostandoci in vanti di pochi anni. Collegio anni '50(tutti western e maledetti musi gialli) Scuola militare anni '60 (Brancaleone, Gattopardo) e poi si lavora, dalle 9alle 20, per una trentina di anni. Rari film. Poi....almeno due a settimana, con un sacco di "noi", poi malanni, ed ecco infine, col Covid, netflix, Premium, Sky, primevideo. Credevo di perdermi, ma - prossimo agli 80 mi sorbisco anche due film al dì. Devo - ovviamente - sbrigarmi. E devo certo riconoscere, in tutta onestà, che mi manca un bel po' quel "noi".
Grazie Piero per il bel messaggio.
Due film al giorno è una gran bella prestazione.
Evviva tutti i "noi"
Sarà che forse l'età si comincia a far sentire (anche se sarebbero 52...) però io resto legato alla proposta della tv "lineare": ogni sera consulto FilmTv per vedere "Cosa fanno in tv", sempre con la speranza di recuperare cose interessanti che non ho mai visto o che mi fa piacere rivedere.
In caso di proposte poco intriganti, allora ripiego sulla programmazione di RaiStoria o Rai5 e solo nel caso non mi interessino neanche loro, allora ricorro a qualche film o serie "on demand".
Non so perchè, ma per me questo tipo di fruizione rappresenta solo un ripiego e non mi dà lo stesso "appagamento" di visione, non dico della sala (inarrivabile), ma neanche della tv.
La sterminata scelta mi paralizza... alla fine scegli di vedere una cosa quasi a caso perchè non sai bene da dove iniziare e cosa vorresti VERAMENTE vedere quella sera... è una NON scelta! Oltretutto quando inizio a vedere qualcosa mi parte un tarlo per cui continuo a pensare che magari potevo scegliere qualcos'altro, di un altro genere... e così non mi gusto il film.
Ma succede solo a me?
Nella scelta "sterminata" infatti..capita, come ieri, di rigustarmi Era mio padre, mosso dal buon ricordo e come da una sorta di tenerezza cinematografica..
Caro ForestOne, io classe'73 mi ritrovo nelle tue parole. Ogni giorno consulto la "guida" di FilmTv con la speranza di trovare un titolo nuovo per poi magari finire a rivedere per l'ennesima volta The departed di Scorsese. Ritaglio recensioni che accumolo e mi dico ingenuamente "prima o poi passerà quel titolo". Forse i consumatori bulimici abbonati al piccolo schermo non sono sedotti dal fascino dell'attesa. Intanto stasera divano...a Tunisi.
Grazie per le vostre risposte! Mi fa piacere sapere di non essere l'unico "disorientato" dall'offerta delle piattaforme on demand.
Il "fascino dell'attesa" ha effettivamente una certa presa: per fortuna c'è il servizio "Prenotazioni" di FilmTv che tiene accesa la speranza di rivedere qualcosa a cui teniamo molto. Anche se purtroppo devo ammettere che è estremamente raro che passi qualcuno dei film che ho inserito... Sigh.
Tv lineare, per me. Rammento i tempi, Luca, anche se vissuti a Napoli - mia città fino ai 17 anni, ove poi sono tornato - ma, con gli anni, sono ritornato al "piccolo schermo" condiviso. E certo, come asserisci, i nostri ragazzi non l'hanno mai vista, così. Ma quanto ci manca!, quel momento, gli anni '70...Ps comunque, c'erano solo DUE reti rai: la terza, inaugurata dopo la metà di dicembre '79 nella nostra adolescenza era ininfluente. Pss grande gioia vedere il film del mattino, in esclusiva campana, in occasione de "La fiera della casa", a giugno..
Tornai alla tv lineare, anni fa: ovviamente, sono considerato antidiluviano dai miei giovani, ma è così che mi sembra di essere in condivisione con altri, quando non sono in sala. Così, non su platform, che pure uso...
Sono d'accordo. La condivisione è qualcosa di impalpabile, inquantificabile che però ti fa vivere diversamente le emozioni del film.
In sala, oltre alla condivisione, c'è una grande applicazione alla visione del film: voglio dedicare due ore ed immergermi in questa storia.
GIà La visione domestica non ha nulla di questo, il dover scegliere tra migliaia di titoli, rischia di diventare quello il passatempo della serata: la scelta. E' un po' come chi fa zapping compulsivo: non segue nulla ma saltella da una cosa all'altra, solo per il gusto di vedere che altro c'è...
Vorrei aggiungere che mi manca la cordialità di chi, mentre uscivi, con un sorriso ti chiedevano: com'è il film. Anche nei multisala.
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