Non sempre è facile gestire il grande successo a Hollywood quando arriva nella giovane età, soprattutto se mancano sostegni familiari solidi, e se arriva molto presto l’indipendenza, la fama, il denaro, e magari la tentazione della droga e dell’alcool.
Ho voluto dedicare un post a due grandi talenti hollywoodiani, uno popolarissimo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, il compianto River Phoenix, deceduto causa overdose nel 1993, e l’altro, celebre tra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila, Brad Renfro, scomparso per lo stesso motivo nel 2008. Dopo essermi molto documentato, ripercorrendo la loro biografia, l’infanzia e l’adolescenza, nonché il rispettivo percorso cinematografico (ho visto o rivisto quasi tutti i loro film), ho scoperto moltissimi punti in comune tra i due.
Brad Renfro divenne celebre già a dodici anni con “Il Cliente” (1994), scoperto dagli operatori casting del film; recitò in altri grandi titoli come “Sleepers” (1996, anche se in realtà aveva un ruolo minore e non particolarmente rilevante) o l’apprezzatissimo “L’allievo” (1998, dove duetta con Ian McKellen). La chicca è il bellissimo “The Cure” (da noi “Amici per sempre”, 1995) dove interpreta un ragazzino che aiuta l’amico malato di HIV, contratto a causa di una trasfusione, a raggiungere New Orleans in canotto lungo il fiume Mississippi, dato che lì un professore sembra aver trovato una cura per la malattia. Un appassionato racconto di formazione che trattava una tematica poco battuta da Hollywood, diretto con rigore e sensibilità. E Renfro è già attore “grande”. Il lascito più di rilievo che ci avrebbe fatto però è la sua prova in “Bully” di Larry Clark (2001) dove interpreta un ragazzo soggiogato dall’amico, un “loser” alla ricerca di un faro, fino ad un epilogo tragico. Una prova di forte intensità emotiva, in cui l’attore riesce con sguardo magnetico ad esprimere perfettamente la dolcezza, la vulnerabilità, la ribellione e poi lo spirito di vendetta del suo personaggio. Un talento che travolge e buca lo schermo.
Pare che i produttori lo scegliessero per il suo carattere forte e determinato (Mickey Rourke dichiarò che era tra i pochi attori a non essere minimamente intimorito dai grandi), che si avvicinava a quello dei suoi personaggi: fin da piccolo era un ribelle e la sua turbolenza attraeva i registi. Renfro proveniva da una famiglia disastrata, non fu allevato dai genitori – divorziati – ma dalla nonna.
Come minore veniva supportato nel set da un tutore - nel caso di Brad era proprio l’anziana parente – e dall’insegnante di studio, figura a tutela dell’attore, ma pagata dalla produzione e quindi di fatto con le mani legate… (Fonte: 1)
Sicuramente in molti avevano capito che la sua condotta non era buona, ci fu un primo arresto già nel 1998 per detenzione di cocaina, cui ne seguirono altri, tra cui per il furto di uno yatch. Clark raccontò che prima di iniziare le riprese lo accompagnò da Knoxville dove viveva alla Florida e cercò di “ripulirlo” e farlo disintossicare (Fonte: 2). In molti cercarono di aiutarlo, ma nessuno, lui per primo, ci riuscì. Morì per overdose a 25 anni.
Anche River Phoenix aveva radici familiari poco solide. La madre e il suo compagno giravano come hippy in un percorso girovago costellato dai costanti problemi economici. Quel retroterra da vagabondo lo porterà sicuramente anche nelle future esperienze. Moltissimi lo ricorderanno in un film diventato un cult per la generazione anni ‘80, anche per lui un racconto di formazione (probabilmente “il” racconto di formazione per eccellenza) il celeberrimo “Stand By Me – Ricordo di un’Estate” (1986), un film dove l’interpretazione di River svetta su quella di un pur ottimo cast. Per “Vivere in fuga” (1988) venne addirittura candidato all’Oscar come miglior attore non protagonista, ma è “Belli e Dannati” (1991) che lo consacrerà all’immaginario collettivo come icona queer in un film manifesto di quegli anni.
Per me “Belli e dannati” fu un po’ una delusione, lo trovai inferiore alle altissime aspettative. La prima scena promette benissimo, con River – bellissimo – solo in una strada deserta nell’Idaho, orizzonte sconfinato, musica inquietante… “So di essere già stato qui, nessuna strada assomiglia a questa” pensa tra sé e sé, poi l’attacco di narcolessia e sviene a terra. In sogno compare la madre: “Si aggiusterà tutto vedrai” e partono i titoli di testa. Wow! Qua e là però la narrazione si perde, è poco fluida, è verbosa, a causa anche dell’ispirazione ad un testo teatrale, e sempre in destabilizzante bilico tra sogno e realtà. Finché arriva il momento in cui River e l’amico Mike, ragazzi di strada - l’uno per necessità e l’altro per sfuggire alla vita agiata e soffocante - in viaggio per cercare il fratello del primo, si fermano all’aperto davanti al fuoco e Phoenix scrive personalmente un dialogo toccante e sincero con una frase che resta e resterà di una bellezza spiazzante. “Sì, sì, lo so che sono tuo amico ed è bello essere amici. Questa è una bella cosa. Possiamo essere amici.”, dice lui, un po’ in imbarazzo. “Io faccio sesso solo per soldi, due uomini non possono amarsi”, dice Mike. “Già, beh, non lo so, voglio dire… Io potrei amare un uomo anche se lui non mi pagasse”. Beh, che aggiungere…momento altissimo, e fa perdonare tante cose.
Si consideri che erano i primi anni novanta, è da ammirare il coraggio dell’attore di interpretare un ruolo omosessuale, in un titolo che sicuramente era lontanissimo dal cinema mainstream, e con tematiche all’epoca molto poco praticate.
Come Brad, River alternò titoli più commerciali e destinati al grande pubblico ad altri indipendenti e se vogliamo pesino “controversi”: per entrambi furono proprio quelle le opere che consentirono di far esprimere al meglio il loro talento e la loro capacità, consacrandoli anche dalla critica.
La morte di Phoenix avvenne, quand’era ancora all’apice del successo, in una notte di Halloween durante una festa in un locale di proprietà di Johnny Depp e destò in molti stupore visto che l’attore era riuscito a celare fino ad allora le sue dipendenze.
Credo che entrambi gli attori abbiano messo moltissimo del proprio trascorso nei film in cui hanno partecipato: ferite e cicatrici che diventano espressione. Viene anche il dubbio che ci fosse qualcosa di più nelle loro interpretazioni, che non fossero solo tali.
Ci tengo a non dare giudizi di alcun tipo sulle loro condotte, non certo esemplari, ma questo non mi interessa; questo post vorrebbe soltanto essere nient’altro che un ricordo sincero, e mi rimane fortissimo il rammarico di vedere quanto avrebbero potuto dare ancora nella loro carriera, si pensi solo che Phoenix aveva già firmato per film come Poeti dall’Inferno o era già stato scelto da Cameron per il Titanic.
Vorrei concludere con due aneddoti che ho recuperato e che a mio parere rivelano due lati di “umanità” e forse anche una mentalità aperta e da precursori. River era vegetariano e ambientalista, decise addirittura di acquistare degli spazi di foresta pluviale per proteggerla dai tagli scriteriati per cui come noto sarà falcidiata. Brad difese Daniel Franzese, collega e interprete gay durante le riprese del film Bully, che veniva pubblicamente ridicolizzato da un’attrice per la sua sessualità e il suo peso. Lo consolò e difese pubblicamente. (Fonte: 3). Sensibilità ed estro: caratteristiche che di certo non mancavano a entrambi.
“Tutti pensano che io sia un cattivo ragazzo. E’ vero, ho avuto i miei momenti no, ma la maggior parte del tempo lo passo a casa a suonare il blues con la mia chitarra” (Brad Renfro)
“Mi colpisce ancora il fatto che qualcuno possa muovere delle obiezioni morali circa la sessualità altrui: è come dire a qualcuno come deve tener pulita casa sua.” (River Phoenix)
(1) https://www.buzzfeednews.com/article/adambvary/how-hollywood-failed-brad-renfro
(2) https://www.latimes.com/entertainment/arts/la-et-cm-larry-clark-uta-20160916-snap-story.html
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