Cannes, bloccata nel suo regolare svolgimento dal covid19, propone comunque una sua selezione di 56 titoli ai quali concede la sua benedizione e il diritto di usufruire del logo del Festival.
In sostanza , non potendo portare le sue vacche al mercato, le marchia, così che altri allevatori non le facciano entrare clandestinamente nei propri recinti.
E per essere sicuri di non perdersi nessun cavallo autoctono, per non sbagliare tra questi selezionano la bellezza di 21 film francesi.
"Becati cuesto, Venesia!"
Cannes quindi rivendica la propria identità di marchio, vetrina commerciale e di prestigio anche in absentia della vetrina stessa.
A questo punto però è lecito chiedersi non tanto il perché di questa scelta, quanto l'opportunità di ritornare a un'edizione fisica i prossimi anni. Ora che il salto è stato fatto, tanto vale convertirsi del tutto e diventare epigono cinematografico della guida Michelin (con magari Venezia nelle vesti più sfigate di un patriottico Gambero Rosso) e diventare un bollino di certificazione qualità (una sorta di ISO della pellicola).
La mia è una provocazione? Ovviamente, ma anche e soprattutto una manifestazione di perplessità.
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La questione lascia molto perplessi, per tanti motivi, peraltro in un periodo storico in cui si naviga a vista e tante scelte sono di difficile comprensione.
Messo giù con queste modalità, è un listone che non comunica granché.
Dei grossi calibri, qualcuno si giocherà la carta Venezia (Moretti), altri andranno direttamente a Cannes tra un anno (tutti parlano di Carax e Verhoeven).
Al di là di tutto, Cannes è un carrozzone pazzesco, salvo agenti esterni imprevedibili, non rinunceranno per nulla a manifestare al mondo intero tutta la loro "grandezza".
:)
Quella di Frémaux è una farsa sbertucciata un po' ovunque, giustamente. Il "marchio", hai ragione, è un bollino che certifica il senso del possesso e che (mal)cela uno stato confusionale evidente . E chissà la rosicatura nei confronti di Venezia (ammesso ovviamente che il festival italiano vada in porto)! All'edizione fisica non rinunceranno, giammai.
Grazie delle risposte, quel che volevo era proprio sentire altre opinioni in merito.
Questo periodo anomalo ha creato una serie di risposte, alcune risibili come questa, altre interessanti (come quella di cui scriverò in un altro post a breve).
Un' altra mia perplessità è relativa al fatto che i film marchiati non possano andare a Venezia, perché quest'ultimo accoglie solo film inediti. Il fatto di essere stato marchiato rende il film "edito"? Pensavo contasse la sua visibilità, non la presenza di un bollino di garanzia di qualità, per quanto concorrente.
Gentili amici, a tutti sfuggono molte questioni: tuttavia, devo sottolineare ancora una volta come in molti si affannano a lavorare mentalmente secondo vecchie logiche. Il mio lunghissimo post sul cinema era più di una predizione; la riunione fatta con 128 esercenti italiani la settimana scorsa ha messo in luce molte di queste problematiche. Bisogna ripensare ad un futuro diverso per il cinema; un futuro, però, che non è dietro l'angolo. "Attaccare" il Festival di Cannes (le perplessità sono legittime, altroché) è sostanzialmente inutile: chissà cosa accadrà l'anno venturo; quanto a Venezia, conta di fare la sua rassegna. Ma al momento, non è assolutamente certo che avvenga anche se le affermazioni viaggiano in direzione contraria. Certo è che se un festival come Giffoni rinuncia ad una vetrina per offrire una visione online, significa che il "futuro" di cui si parlava non promette bene. E torniamo al punto di partenza: bisogna lavorare in altro modo; capire se davvero esisteranno "ancora" i festival come raduno di critici, appassionati, cinefili (ma molto meno di pubblico "vero") oppure l'online diverrà una forma consueta di festival. Una cosa mi preme sottolineare: la contrazione economica non favorirà questi carrozzoni; sinceramente: chi "munificherà" di fondi - come avviene regolarmente - queste manifestazioni (che senza non possono essere fatte) quando le priorità sono davvero altre ? Oggi, onestamente, propenderei per la "fine" di tutti i festival. Anche perché, alla fine, mostrano sempre gli stessi autori. Un caro saluto, Mauriz
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