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Ho questo difetto, che quando sono diretto finisco per sembrare duro. Soprattutto quando scrivo messaggi personali. Questa però è la newsletter di FilmTv.it e non può essere considerata personale, anche se il tono e l’affetto per i nostri utenti lo sono. Non voglio essere duro. Ma permettetemi di dichiararmi molto perplesso, questo sì.

 

 

Oggi sono andato virtualmente a una conferenza stampa. Era la presentazione del progetto #iorestoinSala, alternativo a Miocinema (di cui vi ho parlato due newsletter fa e che trovate riassunto qui). In sostanza si tratta di un altro manipolo di sale indipendenti - o comunque non affiliate e/o proprietà di grandi distributori - che hanno pensato anche loro di organizzarsi per fare rete, proporre una modalità alternativa di fruizione del cinema che consenta alle sale una qualche forma di sopravvivenza (e di incasso) e mantenere un rapporto caldo con il proprio pubblico. Alla cordata - guidata da Anteo spazioCinema di Lionello Cerri, dalla Cineteca di Bologna, da distributori come Tucker Film e Academy Two - faranno capo circa 70 sale, per un totale di 160 schermi. Anche in questo caso, come nel caso di Miocinema (con cui tra l’altro è condiviso il partner tecnologico), una quota dei biglietti virtuali venduti andrà alle sale, che si faranno promotrici in proprio, sui loro siti, della vendita dei biglietti.

Anche in questo caso si tratta, alla fine, di streaming. Anche in questo caso si parla di un progetto che durerà nel tempo, superando la fine della chiusura delle sale, attualmente (se andrà tutto bene) fissata al 15 giugno.

Ma c’è una differenza. Anzi due. La prima è davvero radicale e riguarda le modalità di fruizione, la seconda è invece più sfumata ed “emotiva” e riguarda la maggiore “simpatia” del progetto.

Ma partiamo dalla questione tecnica. Mentre infatti Miocinema è streaming puro e duro (VOD), anche se una quota del prezzo corrisposto (ma non di tutti biglietti, lo abbiamo già segnalato) va alle sale che hanno aderito, qui invece il modello è diverso, anche se già visto in precedenza: in sostanza a ogni sala reale corrisponderà una sala virtuale. Occorrerà quindi acquistare un biglietto alla cassa virtuale del cinema per potersi sedere virtualmente al posto assegnato. La proiezione inizierà all’ora prestabilita e i posti della sala saranno limitati, come nella realtà.

Ora dovete sapere che durante la conferenza stampa io ho alzato la mia manina virtuale per fare la mia domanda, molto reale. Ma la conferenza stampa si è interrotta dopo un’ora e molte domande, come la mia, non hanno trovato ricezione (cosa francamente assurda: se c’è una lista di interventi prenotati, stai lì aspetti e rispondi, ecchecazzo… ecco vedete che mi scappano subito dei brutti modi).

Quindi la mia domanda la faccio a voi ed era questa: ma cosa costringe a prendere il peggio della fisicità - il dovere essere lì a una certa ora, l’avere i posti limitati, l’avere un vicino (ah, si potrà chattare con il vicino, se volete… ma chi è che vuole chattare con uno sconosciuto mentre guarda un film?) - per riproporre tutto ciò di peso nella virtualità? Ci manca solo che uno debba guidare una macchina virtuale e cercare disperatamente un parcheggio virtuale e difficile da trovare. Alla fine tutto questo avverrà a casa mia, sul mio schermo. E allora non posso decidere io a che ora vedere il film? E se i biglietti staccati coprono la capienza della sala, io non potrò vedere il film?

Curiosamente nessuno dei giornalisti intervenuti prima di me ha posto questa domanda. Sono rimasto abbastanza di stucco. Anche perché nessuno, dico nessuno, ha fatto notare che i titoli proposti (e questo, mi spiace, ma è proprio come per Miocinema) sono già in streaming o lo saranno presto su tutte le altre piattaforme (come Infinity, Chili, TimVision ecc.) al medesimo prezzo (7.90 euro).

Vorrei trovare un senso a questa storia, perché un senso visto da qui non ce l’ha. Non si capisce come le sale, puntando alla propria clientela con la quale chissà che tipo di rapporto avranno mai (voglio dire: io alcune di quelle le frequento, ma mica sono mai andato sul loro sito o ho dato loro la mia e-mail, voi sì?) possano battere, con tutti questi ostacoli reali, senza esclusive e a parità di costo piattaforme che hanno già una base di utenti consolidata. E che offrono senza compromessi i vantaggi dello streaming.

Mi fermo, sperando che Lionello Cerri o qualcun altro legga e mi spieghi. Motivi contrattuali? Misteriosi accordi con i distributori? Dove sta l’inghippo che giustifica questa trovata bislacca? Qualcuno me lo può spiegare?

Mi fermo quindi, e vi saluto, ma non prima di segnalare l’altra differenza: che almeno in questo caso la sensazione di calore è maggiore. Si sente la voglia di mettercela, si sente che sono le sale stesse a provarci, si sa che i dati resteranno a loro e solo a loro (una volta acquistato il biglietto alla cassa della sala viene rilasciato un codice con cui si va dal partner virtuale, altri dati a terzi non dovrebbero andare). Poi c’è da dire che se la cosa durerà nel tempo, potrà essere utile per ovviare alle difficoltà distributive di certi titoli che - come troppo spesso abbiamo lamentato - non sono accessibili in molte regioni a causa dei bassi numeri di schermi disponibili. Almeno questa è una buona notizia.

Ciò detto, la sensazione è di nuovo che solo il cinema in sala potrà salvare il cinema in sala. Speriamo nel 15 giugno, e in quello che accadrà dopo.

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