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Paolo Licata e la "sua" Picciridda: Intervista esclusiva
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“Un film stupefacente che va dritto al cuore”: a definire così Picciridda – Con i piedi nella sabbia non è uno qualsiasi. Le parole appartengono al premio Oscar Oliver Stone, che ha avuto modo di vedere la pellicola, tratta dall’omonimo romanzo di Catena Fiorello, allo scorso Taormina Film Festival. Ambientato nella fiabesca atmosfera di Favignana, l’isola senza tempo al largo delle coste di Trapani, Picciridda racconta una storia di donne segnate da drammi come l’immigrazione, la violenza tra le mura domestiche e l'omertà. Lo fa con delicatezza e senza sottolineature forzate, con primi piani intensi ed eccellenti prove attoriali, e con una solida regia. Al pari di tanti navigati maestri, l’esordiente Paolo Licata non cede mai il passo ai facili sentimentalismi e con crudo verismo ricostruisce una storia di formazione tutta al femminile ma con un forte messaggio diretto al pubblico maschile. Il suo Picciridda è un film per tutti, come si sarebbe detto una volta (trovate qui la recensione) ed è pronto a sbarcare nelle sale dal 5 marzo. Abbiamo incontrato il regista nella sua Palermo per capirne di più sul progetto e per sapere qualcosa di lui, del suo percorso e della sua prova dietro la macchina da presa.

Al termine dell’intervista, trovate in calce il backstage del film.

 

Paolo Licata

Picciridda - Con i piedi nella sabbia (2019): Paolo Licata

 

A guardarti, la prima cosa che mi salta all’occhio è la tua giovane età.

Ero giovanissimo. Ci scherzo spesso sopra: ero giovane quando ho cominciato a lavorare a Picciridda. Ho letto il romanzo di Catena Fiorello sei anni fa e, tra la stesura della prima sceneggiatura e la realizzazione del film, è intercorso un bel po’ di tempo.

In Picciridda sei riuscito a raccontare la condizione femminile con una sensibilità unica, mettendo in scena diversi modi di reagire di fronte a un trauma. Colpisce come un uomo riesca a sublimare certe sensazioni o emozioni che sulla carta non gli appartengono.

Non è la prima volta che mi viene posta questa osservazione. Secondo me, Picciridda tramette forti messaggi. Tutto parte ovviamente da un ottimo romanzo di base, a cui è seguita una sceneggiatura tesa a restituire il tutto nella maniera più asciutta possibile, senza nulla di superfluo, senza una parola in più o fuori luogo. Se vi si presta attenzione, i dialoghi sono ridotti all’osso. Credo che per sentire - sia da spettatore sia da autore ancor prima – una storia di questo tipo non sia necessario essere uomo o donna: è necessario semmai avere un cuore. Sensibilità e una certa conoscenza del mezzo ti permettono anche da uomo di confezionare una storia in cui le protagoniste sono prevalentemente donne, mettendo in evidenza tematiche e situazioni fondamentali per il genere femminile.

Anche perché gli uomini mostrati in Picciridda non hanno di certo comportamenti esemplari ed escono con le ossa rotte.

Ti dirò di più: il destinatario del messaggio lanciato da un film come Picciridda è proprio l’uomo. È lui che deve riflettere sul modo in cui si relaziona con l’altro sesso. Le donne sono quotidianamente soggette a gesti anche minuscoli di prevaricazione e sanno come gli uomini si comportano nei loro confronti.  Non essendo donna, ovviamente non ho esperienza diretta di quanto terribile possa essere ma ho raccolto le testimonianze indirette delle donne che frequento. Madre, fidanzata, amiche e colleghe di lavoro, mi raccontano di come quotidianamente ricevano delle attenzioni poco gradite. Ecco perché il messaggio del film è rivolto agli uomini. Quando mi dicono che Picciridda contiene un messaggio per le donne, rispondo che è forse vero il contrario. È un film per tutti ma al cui messaggio gli uomini devono prestare maggiore attenzione, provando a immedesimarsi anche per un attimo nell’animo femminile e a essere un po’ più civili.

Paolo Licata, Claudio Collovà

Picciridda - Con i piedi nella sabbia (2019): Paolo Licata, Claudio Collovà

Grande merito che ha Picciridda è quello di procedere per ellissi e non mostrare mai la violenza, di qualsiasi natura essa sia. La si percepisce, la si capisce ma non la si vede direttamente. Lasci allo spettatore e al suo tatto la comprensione di quanto avviene.

Pensa che qualcuno asserisce il contrario. Esistono frangenti in cui qualcosa viene mostrato ma mai ostentato in maniera gratuita. Si tratta di una scelta consapevole. Picciridda è pensato per un pubblico vasto. Ho girato tenendo in mente un solo obiettivo: diffondere il più possibile il messaggio in esso contenuto e non limitarmi a una cerchia ristretta di pochi eletti.

Questo non vuol dire però che sia un film semplice. Ci sono diversi aspetti che gli donano diversi livelli di lettura, che tirano in ballo la Storia, la cultura, la sociologia e persino l’antropologia. Tratti di diversi temi, dalla condizione femminile all’emigrazione, per esempio.

Quello dell’emigrazione è un tema universale e senza tempo. L’emigrazione, tra i tanti suoi dolorosi aspetti, comporta il distacco dagli affetti. Nel corso del tempo, l’emigrazione ha subito dei cambiamenti legati ai flussi, alle aree coinvolte, alle motivazioni che portano ad andare via. L’emigrazione è cambiata e cambierà sempre. Quella raccontata in Picciridda, la grande emigrazione degli anni Sessanta, vedeva i genitori partire e lasciare i figli, soprattutto i più piccoli, a casa, trasformandoli inconsapevolmente nel bersaglio dei malintenzionati. Oggi, invece, siamo di fronte a un nuovo tipo di emigrazione. Accade esattamente l’opposto: partono i figli per cercare nuova possibilità. Entrambi i tipi di flusso migratorio hanno in comune il distacco, con tutto il dolore e la tragedia che comporta. Sia figli sia genitori, tanto allora quanto oggi, subiscono uno choc doloroso dettato dalla necessità, dal bisogno. Picciridda offre diversi livelli di lettura. Mi auguro che possa arrivare diretto a chi non sta lì a porsi mille domande e si goda semplicemente la storia raccontata e che possa offrire diversi spunti di riflessione profonda a chi ha una diversa cultura cinematografica e presta maggiore attenzione ai temi sociali.

Com’è che è nata in te la voglia di fare il regista? Palermo non è di certo la capitale dell’industria cinematografica italiana.

E ti dirò anche di più: sono un avvocato. La mia professione principale è quella di avvocato civilista. Dopo il liceo classico, ho studiato Giurisprudenza e ho fatto l’abilitazione alla professione. Dopo la laurea, mi sono però trasferito a Roma per frequentare la Scuola di Regia cinematografica. Sono nato e cresciuto in una famiglia di artisti: mio padre è direttore d’orchestra mentre mia madre è pianista. Il teatro lirico ha segnato la mia vita e, come si sa, quando si cresce in un determinato contesto si finisce o con l’amarlo o con l’odiarlo. Nel mio caso, ho sempre amato l’ambiente e ho fatto le mie prime esperienze da assistente alla regia nell’opera lirica. Mi sono in seguito occupato anche di alcune regie. La passione per il cinema, e per l’arte in generale, mi ha sempre accompagnato e, crescendo, ha preso il sopravvento. L’attenzione per la regia teatrale pian piano si è spostata verso quella cinematografica. Iniziando la scuola a Roma, mi sono reso conto che molte delle cose che mi facevano studiare le avevo già imparate da autodidatta. La voglia di fare da regista da hobby si è espansa pian piano fino a prendere talvolta il sopravvento anche sul mio lavoro di avvocato. Ho cercato di portare avanti parallelamente le due carriere.

Paolo Licata

Picciridda - Con i piedi nella sabbia (2019): Paolo Licata

E come sei arrivato a Picciridda?

Ho letto il romanzo e ne sono rimasto colpito. A dir il vero, è stata mia madre a suggerirmelo, lo aveva letto e lo aveva ritenuto interessante. Ero allora in cerca di un soggetto per la mia opera prima. Avevo scritto già un paio di sceneggiature che sono ancora chiuse nel cassetto perché ritenute troppo costose per un’opera prima. In qualche modo, l’opera prima deve rispettare determinati requisiti. Sostanzialmente, deve essere a basso budget e deve vedere il regista in qualche modo legato a quanto sta raccontando, all’ambientazione o alle tematiche. Leggendo il lavoro di Catena Fiorello, si è accesa la luce: la storia era molto bella, parlava di una Sicilia che conosco bene per esserci nato e cresciuto e potenzialmente poteva dare vita a un film non eccessivamente costoso.  Ho deciso allora di mettermi in contatto con Catena, ci siamo piaciuti e abbiamo portato avanti il progetto.

Come hai trovato Marta Castiglia, la giovanissima attrice che interpreta Lucia?

Abbiamo fatto tantissimi casting. Abbiamo visto tantissime bambine provenienti da varie parti della Sicilia. Abbiamo cercato Lucia ovunque e dovunque ma non arrivava. Provvidenziale è stato l’apporto del mio aiuto regista, Maurizio Quagliana: consigliere fidato e amico su cui si può sempre contare. A due mesi dalle riprese, è arrivata Marta, una vera e propria rivelazione. Originaria di Palermo, è andata incontro a una notevole trasformazione. Quando l’ho scelta, ero molto combattuto: da un lato, fisicamente, era la perfetta incarnazione di come avevo immaginato Lucia; dall’altro lato, la provenienza da una scuola di teatro (quella di Lollo Franco) la faceva parlare con una perfetta dizione italiana, lontanissima dal modo in cui si esprime Lucia. Al provino, ha recitato un estratto tratto da Novecento di Alessandro Baricco senza alcuna sbavatura. Nonostante i dubbi, l’abbiamo selezionata ed è arrivata fino all’ultima scrematura, dove ha avuto la meglio su altre due contendenti. Le abbiamo allora affiancato una coach: non parlando in dialetto, ha dovuto trasformarsi nella “selvaggia” che io volevo. Marta si è rivelata un genio sul set grazie a una capacità di apprendimento fuori dal comune. Nonostante i suoi dieci anni, si è comportata come un’ottima professionista, al pari di un’attrice navigata. Giorno dopo giorno, notavo i suoi progressi: non parliamo di piccoli passi ma di veri e propri balzi in avanti. Entro l’inizio delle riprese, durate 21 giorni, è riuscita a diventare la Lucia che volevo. Ricordo ancora i miei timori durante il primo giorno di riprese che la vedevano protagonista. Dopo tre giorni con gli adulti, è arrivato il fatidico giovedì in cui dovevo girare con Marta la sequenza in cui Lucia si ritrova in spiaggia con la sua amichetta. Era quella la prova del nove ed è stata incredibilmente buona la prima. Si è rivelata eccezionale, così come la piccola Anna Di Chiara: tutta la troupe è rimasta immobile a osservarle.

Mentre Marta Castiglia è un’esordiente, Lucia Sardo che hai chiamato per il ruolo di nonna Maria è un mostro sacro, forse troppo sottostimata dal cinema italiano.

Nel reclutare le attrici protagoniste di Picciridda ho tenuto in mente solo una cosa. Non volevo che lo spettatore si ricordasse che quell’attrice è Ileana Rigano, Tania Bambaci, Katia Greco o Lucia Sardo. Volevo si ricordasse del personaggio che ognuna interpreta. Il mio obiettivo principale era infatti quello di far vivere il personaggio tramite l’attore o l’attrice. Ho fatto allora sì che l’attore fosse giusto per il personaggio e non che il personaggio fosse giusto per quell’attore, come spesso invece accade nel nostro cinema. A parte rare eccezioni, ho scelto nomi poco noti, non da copertina o riviste patinate. Ho scelto interpreti che fanno solo il loro mestiere, a partire dalla più conosciuta Lucia Sardo, e sanno come farlo al meglio. Volevo che tutte le interpretazioni fossero autentiche e reali. Non volevo vedere recitazioni finte o sopra le righe. Tutti gli attori con cui ho avuto l’onore di lavorare sono dei numeri uno, anche coloro che nel film portano in scena ruoli piccolissimi. In un paese poco meritocratico come il nostro, sono però anche quelli che hanno molte meno possibilità di lavorare rispetto ad altri. È un’ingiustizia che non sopporto: mi dispiace vedere attori del loro calibro incontrare difficoltà nello svolgere la loro professione. Nel caso di Lucia, basta la sola espressione a trasmettere emozioni: anche se rimane immobile, è in grado di comunicare più di quanto lei stessa creda.

Ileana Rigano, Paolo Licata

Picciridda - Con i piedi nella sabbia (2019): Ileana Rigano, Paolo Licata

Ileana Rigano, zia Pina, è una bella riscoperta. La ricordiamo tutti per il ruolo di una prostituta âgée in un episodio del Commissario Montalbano.

Lei ha un passato con Lina Wertmuller e Mauro Bolognini. Era anche una bomba sexy ed è tuttora una bellissima donna. Il cinema non ha saputo sfruttare né la sua bellezza né il suo talento.

Mentre le radici del tuo Picciridda affondano quasi nel neorealismo, quali sono stati i tuoi modelli di riferimento come regista?

Nel mio percorso sono stato influenzato da diversi registi che mi piacevano tantissimo. A rischio di sembrare populista, mi piace molto Giuseppe Tornatore e non ti nascondo che molto probabilmente il sogno di voler diventare regista è partito proprio da Nuovo Cinema Paradiso. Colui che più mi ha influenzato è però senza dubbio Pasquale Scimeca, di cui sono stato anche assistente. È un autore che stimo molto: il suo cinema punta al vero e lo considero il massimo esponente del cinema verista siciliano.

 

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Pietro Cerniglia.

©2020 Mondadori Media S.p.A. – Riproduzione riservata

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