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Fu Dylan Dog: fine di un mito
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Ex guardiano del cimitero, barba incolta, dotato di biglietto da visita, con tanto di email, sul quale risalta l'attività di "Indagatore dell'incubo".

Dopo 400 mesi di vita, Dylan Dog riparte da zero. La nuova linea editoriale del fumetto potrebbe essere definita l'equivalente di un reboot. Allora ecco un Dylan "moderno", perchè -stando agli autori- si rende indispensabile aggiornare il profilo del personaggio, non più al passo con i tempi. Sarà.

Però le citazioni sono rimaste quelle (immancabile, George Romero e i suoi morti viventi in una rilettura del n. 1, L'alba dei morti viventi, tale e quale a 34 anni fa). Questo processo di rinnovamento ripesca in realtà il romanzo originale di Tiziano Sclavi, già alla base del poco riuscito (detto come va detto) film di Michele Soavi, quel pasticciato Dellamorte Dellamore che dell'orrore faceva ironia e nonsense (anche se proponeva l'attore a cui gli autori di Dylan si erano ispirati per dargli fisionomia): ecco quindi sparire Graucho, per fare spazio a Gnaghi (l'orrore... l'orrore! )

Un passo avanti? Permetteteci di dubitarne. Un fumetto di successo, tale per via di sceneggiature cinematografiche e autori che hanno saputo rendere nobile il fumetto popolare (nello stile e nel testo), negli ultimi anni sottoposto a rivoluzionari e continui "aggiornamenti". Mentre il buon vecchio Tex se ne sta lì, fermo in un limitato spazio-temporale, senza mai mutare di una virgola, il povero Dylan Dog ne deve subire di tutti i colori (giganti, maxi, almanacchi, color fest, riedizioni cartonate, uscite associate ai quotidiani): arrivando anche ad incrociare (in un discutibile cross over) i supereroi della DC Comics (per ora Batman).

Calo di vendite? Si direbbe di no (il n. 400, stampato con 4 differenti copertine, è andato esaurito dopo pochi giorni dall'uscita).

Era settembre del lontano 1986 quando Dylan Dog fece la prima (timida) comparsa nelle edicole, cogliendo di sorpresa i suoi stessi autori per l'inaspettato successo, che ne impose una ristampa a tempo di record, e poi -addirittura- una seconda a seguire di pochi anni.

Sfogliando Dylan Dog 401, per chi ha seguito a lungo e con piacere le avventure dell'Indagatore dell'incubo, si resta piuttosto delusi. A cominciare da quella barba incolta, adatta al personaggio come i cavoli a merenda. Il lettore si è sempre perso volentieri nell'universo anacronistico di Dylan, proprio per prendere le distanze dai caotici, nonché tecnologici, ultimi anni. Adesso anche quel rifugio dall'incubo del reale ci verrà a mancare: persino Dylan usa il cellulare, il computer e internet. Le ironiche battute di Graucho (spesso vere e proprie genialate sarcastiche) verranno sostituite dal "gnalare" di Gnaghi (sic!)

Se ci si teneva tanto a "svecchiare" il personaggio, perchè non avviare una serie parallela o, in alternativa, affiancargli dei periodici, in stile Old boy, fuori serie?

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Dylan Dog 666… un nuovo inizio? O una nuova fine? Di certo una sonora delusione.

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