
Se c’è una cosa su cui l’influenza cinese potrebbe non avere tanta influenza - nonostante la conseguente, inquietante, chiusura delle frontiere e la messa in quarantena di un'intera nazione - quello è il cinema cinese, ammesso che la gente in Cina possa presto tornare a frequentare le sale. Come tutti speriamo.
Mentre sono qui che mi dibatto senza successo nel cercare di comprendere perché un virus che finora è stato contratto da poche migliaia di persone e che ha una mortalità del 2% circa abbia generato una così imponente mole di precauzioni e misure, quando ogni anno per influenze comuni muoiono centinaia di migliaia di persone (ma non è che c’è qualcosa che non ci stanno raccontando?), scopro che l’anno 2019 è stato un altro buon anno per il cinema cinese.
In verità - alla faccia della crisi (altra parola sulla quale converrebbe fare dei ragionamenti) - è stato tutto il cinema mondiale ad andar bene nel 2019. È stato calcolato infatti che gli incassi delle sale nel mondo hanno raggiunto i 42.5 miliardi di dollari: il migliore risultato di tutti i tempi, quasi il 2% in più dell’anno precedente. Alla faccia - quindi, anche - dei servizi di streaming che ucciderebbero le sale.
Ma in Cina le cose non sono come nel resto del mondo. Perché in Cina - dove la crescita del box office nel 2019 è stata del 5.4% (ma l’anno precedente era del 9%) - non hanno visto gli stessi film che hanno visto un po’ tutti gli altri nel mondo. Hanno visto, soprattutto, film cinesi.
Addirittura 5 dei film cinesi usciti nel 2019 sono entrati nella lista dei film di maggior incasso nella nazione asiatica. Si tratta del film di animazione Ne Zha (incasso di 725 milioni di dollari), del film di fantascienza The Wandering Earth (700 milioni, se volete lo trovate su Netflix), del nazionalista My People, My Country (425 milioni), realizzato per celebrare i 70 anni dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, e infine di The Captain, catastrofista ed eroico (411 milioni). Gli unici film non cinesi che figurano tra i primi dieci incassi del 2019 sono stati Avengers: Endgame e Fast & Furious: Hobbs & Shaw. E il contributo del cinema straniero al box office annuale è stato di solo un terzo del totale, quando nel 2012 era di circa la metà.
Il motivo di questo crollo della presenza delle produzioni estere è semplice: i cinesi hanno semplicemente posto un limite all'accesso dei film stranieri alle loro sale. Ogni anno sono ammesse alla proiezione pubblica solo 34 pellicole non cinesi. Per quelli che ce la fanno a entrare è come fare bingo (per esempio gli incassi in Cina di Avengers: Endgame hanno rappresentato un bel 22% degli incassi complessivi di quel film). Ma tutti gli altri perdono la possibilità di giocarsela sul mercato che ha mostrato la maggior crescita negli ultimi anni. La scelta di chiudere le frontiere ai film internazionali è stata - ovviamente - una mossa politica: conseguenza della battaglia dei dazi voluta da Trump. La Cina si è così chiusa: prima i (film) cinesi! - hanno detto, secondo un modello che va abbastanza di moda nel pianeta di recente.
Sarà anche stata una ripicca giustificata, ma l'idea di chiudersi nella propria cinematografia a ma pare abbastanza un incubo. L'autarchia culturale è un'aberrazione, che genera mostri. Non solo: è anche assurdamente anacronistica. Siamo sempre più in contatto, che lo si voglia o no. La globalizzazione non è solo un fenomeno economico, è prima di tutto una questione di connessione: non c'è via di ritorno (se non l'apocalisse, ma non avventuriamoci nel campo). Lo dimostra l'arrivo di un nuovo virus, in una città di cui nessuno nel mondo conosceva il nome: di colpo si capisce quanto siamo tutti assolutamente ormai collegati, nella buona come nella cattiva sorte. E di quanto le risposte possibili alle sfide continue siano ormai necessariamente collettive, planetarie.
Spero di non prendere l'influenza cinese. Spero che nemmeno i cinesi prendano la loro influenza. Ma spero anche che il modello culturale della Cina non ci influenzi. Un giorno glorioso non ci saranno più confini, ve lo dico io. Anche se - temo - quel giorno potrebbe fare molto caldo.
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Un po' ha influenzato il cinema cinese, un film è uscito in streaming invece di andare in sala.
Chissà se il successo del cinema cinese sia grazie all'autarchia o nonostante l'autarchia. Sempre che sia un successo e non sia dopato.
L'influenza che non influenza è un giochino di parole: influenza eccome visto che le sale in Cina sono deserte, per di più nel momento - il Capodanno cinese - in cui l'affluenza alle sale è massime. Le perdite sono notevoli.
https://variety.com/2020/film/asia/china-box-office-vanishes-virus-emergency-measures-1203481892/
Il gioco serviva a introdurre la visione autarchica che si è imposta il cinema cinese. Il successo è reale, i numeri sono quelli: certo fare fuori i competitor però rende un po' più facile la vittoria in casa.
Io, essendo (forse) mezzo ipocondriaco, un po' la paranoia di questa epidemia la subisco, e purtroppo la maratona Romeriana a cui mi sto sottoponendo ultimamente non aiuta.
Comunque, ho apprezzato molto questo curioso collegamento con la stagione cinematografica cinese e non solo.
Non so perché ma ho avuto problemi a pubblicare questo messaggio: è dal pomeriggio che provo a lasciarlo ma con scarso successo, fino ad ora.
l'articolo è molto interessante, ma volevo segnalare che il motivo del "crollo della presenza delle produzioni estere" non può essere il "limite all'accesso dei film stranieri alle loro sale", semplicemente perché è un limite che c'è sin dal 1994 come si può vedere in questo articolo del Wall Street Journal: "Dal 1994, la Cina ha fissato una quota sul numero di film stranieri che possono essere proiettati nei cinema cinesi - la quota è attualmente di circa 34 film che possono essere importati su una base di compartecipazione alle entrate - e i film cinesi stanno rapidamente raggiungendo il livello americano in termini di qualità."
https://www.wsj.com/articles/hollywood-takes-a-back-seat-to-chinas-own-domestic-filmmakers-at-box-office-11576674000
Hai ragione, ho semplificato un po' fino a quasi indurre all'errore. Il limite esiste dal 1994 e, anzi, il numero dei film ammessi è cresciuto negli anni. Ma la gestione degli incassi, la scelta dei titoli, della loro provenienza (è aumentata ad esempio la quota dei titoli indiani) e del periodo in cui possono essere visti, insieme alle difficoltà generate da una censura severa e da una burocrazia esasperante (le società di distribuzione cinesi sono statali), negli ultimi anni - in risposta appunto alla guerra dei dazi - hanno causato una chiusura al mercato USA che è indipendente dal numero di titoli ammessi.
Certo che se quello che importano e' "Avengers: Endgame" e "Fast & Furious" non credo che l'autarchia culturale possa riuscire a fare danni peggiori...
be' in realtà il fatto che importino solo quei titoli è il risultato indiretto dei pochi slot concessi. Poiché sono slot molto ambiti ovviamente passano solo le mega produzioni. Disney poi ha un canale d'accesso privilegiato poiché è partner del governo in Disney Shangai.
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