È UFFICIALE: SIAMO SPACCIATI
Uh-uh. Proprio così.
Ora, non vorrei allarmarvi, ma lo siamo proprio. La fine è vicina.
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INTERMISSION
Ecco l’adeguato sottofondo sonoro per la lettura del pezzo:
In the House, In a Heartbeat (J. Murphy, 28 giorni dopo)
Lux Aeterna (C. Mansell, Requiem for a Dream)
No Time for Caution (H. Zimmer, Interstellar)
(tanto per farvi salire l’ansia al punto giusto, nel caso le mie parole non dovessero bastare :))
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Bene, si stava dicendo…
La fine è vicina.
Siete pronti? Io, personalmente, per nulla.
Tuttavia, c’è poco da fare, il mondo che crolla di certo non si preoccupa del mantenimento dell’equilibrio psicologico di un mucchio di microscopici esserini semi-razionali “mammifero-depredatori” che si credono più di quel che sono, ben più di semplici formiche in balia degli elementi, ben più di insignificanti scarafaggi striscianti, ben più di piccoli, piccolissimi, infinitesimi puntini sparsi su una piccola, piccolissima, infinitesima Terra parte di una piccola, piccolissima, quasi infinitesimale galassia sperduta per un universo freddo, infinito ed indifferente.
Il mondo si avvia al declino, e nel farlo non si preoccupa di inutili facezie come il benessere del genere umano.
Ma è meglio mettere le cose in chiaro, per evitare fraintendimenti: è il mondo come lo conosciamo ad esserlo. E’ il mondo che ha favorito la vita di noi umani e di tutte le altre specie attualmente abitanti la superficie del pianeta ad esserlo, al tramonto. In ultima analisi, è anche il nostro mondo, sono le nostre società, le nostre civiltà che si stanno avviando inesorabilmente al disfacimento.
Dunque, dato il nostro congenito egoismo ed egocentrismo, dovremmo cominciare a pensare che non è la Terra che dobbiamo salvare, ma noi stessi. Non è il pianeta che dobbiamo salvare, ma il pianeta così come lo conosciamo che permette la nostra stessa esistenza.
Chissà che, cambiando il nostro linguaggio, non si cominci a fare qualcosa di più…
Di fronte a tutto questo, comunque, si palesa ancor più chiaramente tutta la nostra arroganza, la nostra inesauribile hybris di antica memoria o più semplicemente molto più terrena tracotanza che, come si sapeva già ai tempi, inevitabilmente conduce alla rovina. Immancabilmente porta alla guerra e all’annientamento.
Perché quando troppo ci si accresce non curandosi minimamente dei limiti imposti dall’ambiente e dalla necessaria convivenza con gli altri, il conflitto è già nell’orizzonte delle cose e aspetta solo il momento opportuno, la miccia che lo faccia infine deflagrare.
Quando si entra in competizione, per le risorse, per il predominio, o per entrambi, non esistono altri esiti possibili se non quello di una devastante guerra di annientamento. L’uomo non impara mai dai propri errori, e questo (ancora una volta) lo si era già capito ai tempi in cui quasi sempre il maggior pericolo constava di altri uomini, imperi o città che fossero, e il centro del mondo (occidentale) era ancora rappresentato da una certa regione dell’Europa meridionale.
Queste idee, questa consapevolezza… tutto rimane ancora di estrema attualità nel nostro stanco mondo di oggi, duemilacinquecento anni dopo. E non fa ben sperare per il futuro.
Rimane di un’attualità inquietante all’alba del terzo decennio del Nuovo Millennio sin da subito funestato da tenebrosi presagi di sventura. Che, sin da subito, ci da il benvenuto tra guerre, carestie, disastri e epidemie, oltreché tra duri moniti che aleggiano lugubri. Sì, perché non siamo mai stati così vicini.
Sono 100 secondi alla mezzanotte, signori e signore.
Più ancora del 1953, del 2018 e del 2019, l’umanità è un altro passo avanti. Un altro passo avanti verso il baratro (se possibile, molto più inquietante di un plastico di Bruno Vespa).
Perché non c’è mica tanto da ridere e scherzare quando le lancette rintoccano inesorabili e implacabili, e il buio, l’oscurità più imperscrutabile, la tenebra più asfissiante della mezzanotte si avvicina.
(Mentre in Italia ci preoccupiamo di ridurre (e se possibile cancellare) la tassa sulla plastica, delle dimissioni di un certo leader o delle elezioni in Emilia…)
Vorrei potervi dire:
Ma qua invece c’è proprio da aver paura.
E, se per caso ve lo steste chiedendo, no. No, per come stanno andando le cose, l’obiettivo di mantenere il riscaldamento entro i 2°C verrà senza dubbio mancato, figurarsi quello di mantenerlo entro l’1,5.
E, ancora, no, non è possibile conciliare la crescita perpetua assurta a dogma con un mondo sostenibile. Se il cosiddetto “Green New Deal” verrà (com’è ormai quasi certo) impostato su queste basi un po’ ovunque tanto vale non farlo del tutto e accelerare la fine.
Non vorrei suonare pessimista. Credo sia preferibile il termine realista.
Il mondo avrebbe bisogno di più razionalità, più scienza e libera ricerca e meno dogmi, ma ora come ora è tutto ribaltato. Crediamo nell’indimostrato, ma dubitiamo dei fatti. Ci lasciamo terrorizzare da Apocalissi immaginarie e poi non temiamo in minima considerazione quella fin troppo reale e imminente.
Eppure, i segni ci sono tutti, basta saper guardare.
SOVRAPPOPOLAMENTO
E il tutto non farà altro che peggiorare.
Non tra cinque miliardi di anni, non tra qualche milione, non tra due millenni, ma dopodomani.
Dopodomani…
E pure il cinema, a suo modo, con alterne fortune, in qualche misura ci ha avvisato e continua a farlo:
THE DAY AFTER TOMORROW e 2012
Ok, non sono granché come film: ma le scene delle gigantesche inondazioni (degli tsunami) e della terra che si spacca in due non si dimenticano...
LA COSA
CONTAGION
28 GIORNI DOPO
((THE FLU))
Forse persino "troppo ottimisti" rispetto a quel che ci aspetta: nuovi, sconosciuti agenti patogeni quando si scioglierà il permafrost o, “semplicemente”, il ritorno di antichi terrori come la peste bubbonica (altro che coronavirus...)
LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI
In aggiunta ai patogeni, di sicuro la risposta al crollo sarà violenta, gli sceriffi spareranno alla cieca, la società, la civiltà si sfalderà…
AKIRA
E, poi, non dimentichiamoci (e difatti quelli del Bulletin non lo fanno) del rischio di un olocausto nucleare e di relativo fallout che seguirà…
REQUIEM FOR A DREAM
Infine…
siamo così bravi a giudicare gli altri per la loro condotta anche quando fanno del male solo a se stessi, mentre stiamo distruggendo tutto quanto e dunque la speranza di una vita serena per chiunque.
Requiem for a Dream: sì, ma non quello americano, quello di una qualunque speranza…
MA NON C’È POI TANTO DA PREOCCUPARSI, NONOSTANTE QUANTO DETTO, PERCHÉ TANTO “THEY GOT THIS” (CI PENSERANNO LORO):
https://www.ilpost.it/2019/12/16/cop2-conferenza-clima-fallimento/
QUINDI, DAVVERO, “DON’T PANIC!”
O NO?
Tutto questo per la serie: "Una domenica leggera"
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