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Cinema: L'Arte del Calcio. Ovvero perché il Napoli non sa più vincere.
di maurri 63
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maurri 63

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Giorni difficili, questi: devo assolutamente guadagnare qualcosa. Immerso a correggere una sceneggiatura che forse non troverà mai compratori, mi arriva una telefonata: è un produttore, azz!

Resto dapprima un po' interdetto, perché gli scrittori di cinema devono andare in giro cercando di piazzare i propri scipt e non vengono certi raggiunti così facilmente da chi i film li fa per davvero, poi ascolto la telefonata. Cerco di suggerire le mie proposte con discrezione ma in maniera ferma. Vengono tutte respinte.

Devo restare calmo: meno di un anno fa ho litigato facendo la voce grossa con la Film Commission e mi sono rivolto al Presidente della Regione per farmi ascoltare. Risultato? Il film sarà pure stato discusso ma non si è realizzato.

Ora, qualsiasi cosa sia, devo accettare.

Oh, ragazzi, sono praticamente disoccupato da qualche mese. Si, vabbè, ho completato il mio ultimo film ma al momento per la distribuzione siamo in alto mare. E Venezia, tanto per fare nomi, l'ha persino rifiutato.

Però, dai! Tu produttore non puoi telefonarmi per un film sul calcio. Sul Calcio! Il pallone! Il football.

Ma poi che interesse ha, se vince sempre la stessa squadra ? E se tutti dicono che dietro le vittorie ci deve essere una società forte, blablabla, una squadra sana, un ambiente competitivo e tutti i calciatori vogliono andare a giocare nelle zebre perché sono dei cavalli ben pagati ecc ecc ?

Vabbè, proviamoci.

SCENA 1

INTERNO, GIORNO

Interno dello spogliatoio di calcio di una squadra candidata allo scudetto.

PP

L'allenatore sta parlando ad alta voce, durante la preparazione alla partita.

CC

Il gruppo non riesce più a vincere e l'uomo cerca di motivare i ragazzi.

Brusìo di fondo al termine del discorso.

Mi arresto. Penso sia troppo personale. Vale davvero la pena mettere la mia amata squadra del cuore sotto accusa ?

Rifletto: quanti sono davvero i film sul calcio ?

D'accordo, c'è stato “Il campione”, (Leonardo D'Agostini, 2019) con Stefano Accorsi. Ma non ha funzionato nelle sale. Certo, che non ha funzionato!, dicono tutti gli addetti ai lavori: la squadra non era fumosa, era la Roma! In ogni caso, allora, diciamo, per ricordare una celeberrima frase del compianto Morando Morandini “che in Italia non s'è mai fatto un bel film sul calcio”, forse perché secondo quanto sostenuto da Pasolini “il pallone è già uno spettacolo e diventa impossibile ritrarre quello spettacolo senza scendere nella retorica o, peggio, nella parodia. Quando Pupi Avati provò a dare la sua versione di ciò che accade dietro le quinte, sfornò “Ultimo minuto”(1987): nonostante un'impeccabile confezione, una cura dei particolari, fece una scelta suggestiva, quella di non mostrare mai un solo minuto di calcio giocato. La critica, che pure in parte ne parlò bene, si chiese però se, sostituendo quei personaggi ad altri che magari facevano un lavoro simile in mondi diversi, non si sarebbe comunque raccontata la stessa storia. Perché con il calcio è questo il punto: sono davvero credibili quei personaggi ? O, più semplicemente, il calciatore è un uomo anonimo che, appese le scarpette al chiodo, vivacchia come ospite d'onore nelle trasmissioni sportive se mette in fila due parole buone ?

Che poi, mica solo in Italia: basta vedere come è stato trattato Best (2000, Mary McGuckian). Da noi, direttamente in cassetta!

 

Però devo dire che ci hanno provato. Ci provò Paolo Sorrentino, con “L'uomo in più” (2002): ricordo bene quei giorni. L'opera non fu capita, il regista promise (e mantenne, facendo un'eccezione solo per le serie e mai in concorso) che non avrebbe partecipato più al Festival di Venezia e trovò un altro stile, completamente differente da quell'opera prima, pur omaggiando, di tanto in tanto, il gioco del football (“Youth- La giovinezza” , 2015, vede un grasso Diego palleggiare in solitudine).

SCENA 2

ESTERNO, GIORNO

TOTALE

La folla. Fischi assordanti.

Dalle sonoro si comprende che il centravanti ha appena sbagliato il rigore.

PP

Inquadratura del centravanti.

Lento incedere della MdP sul viso del giovane calciatore che fissa il pubblico inferocito.

Maurri, stai sbagliando: troppa forza, dramma, scrittura. Il calcio è allegria.

Lo è veramente ?

Mi sovviene un'opera che ho visto più volte: “Il presidente del Borgorosso Football Club” (Luigi Filippo D'Amico, 1970) . Lo so, lo so: la critica l'ha continuamente stroncato ma mi fa ancora piacere rivederlo. Il fatto è che, a suo modo, ogni film costruito su Alberto Sordi funziona nella parte grottesca. E quindi ? Beh, grottesco o meno, “L'allenatore nel pallone” (Sergio Martino, 1984) con Lino Banfi-Oronzo Canà tutta la vita ne ha fatti, di spettatori! Però è totalmente inviso a chi non mastica di calcio e il suo seguito “L'allenatore nel pallone 2”, dopo 25 anni - ! - è tra le pellicole più brutte della storia del cinema. Mentre rigiro i pollici pensando alla storia da scrivere, noto che curiosamente Stefano Accorsi deve essere considerato un attore da film sportivo: a parte il ruolo di pilota fallito in “Veloce come il vento” (Matteo Rovere, 2016), nel 2013, infatti, accettò di farsi dirigere da Paolo Zucca ne “L'arbitro”, pellicola incompresa da quanti la videro, forse perché, invece che esaltata cromaticamente era girata in black&white e anche se questo particolare è in linea con la divisa del direttore di gioco, allontana gli spettatori dalla sala, prima ancora che il titolo! Curioso che l'altro film dallo stesso titolo (“L'arbitro”, 1974) sia stato diretto ancora da Luigi Filippo D'amico. Come se le vicende calcistiche stessero a cuore solo a pochi registi. Eppure, molti sono i cineasti che hanno seguito da vicinissimo la storia delle proprie squadre – Zeffirelli arrivò persino a scrivere un articolo contro la Giuve che rubava scudetti- ma la paura di non riuscirci a indotto sempre a lasciare. Non bisogna dimenticare i tanti agganci: quan te volte Nanni Moretti ha palleggiato con un pallone ? Il fatto è che il mondo di Eupalla (come diceva il mitico Gianni Brera, cui faceva eco Giuseppe Pacileo, storico giornalista napoletano definito il Brera della Bassa) non interessa, a conti fatti, agli americani: nonostante l'opera di maggior successo in campo calcistico resti “Fuga per la Vittoria” (1981, John Huston ), negli Stati Uniti il calcio non ha mai prese piede veramente. E, si sa, anche i registi europei hanno la presunzione – talora legittima – di vedersi proiettati in America: un film di questo tipo li pone, da subito, in fuorigioco.

 

SCENA 3

ESTERNO, NOTTE

Inquadratura dall'esterno di un elegante edificio. Un'autovettura di alta cilindrata passa davanti al palazzo, uscendo dall'inquadratura.

PS DA ESTERNO A INTERNO

Dall'esterno dell'edificio si passa all'interno, dirigendo la MdP verso la scala. Il centravanti, ormai vestito, sale le scale del condominio. Arriva al secondo piano. Infila chiave nella porta d'ingresso di un appartamento, apre la porta e la chiude.

Fondu

  • Pronto?

  • Sì, buongiorno.

  • Mauriz, ciao. Ho letto qualcosa. Direi che dovresti pensare più ad un cortometraggio. Anzi, meglio ad un episodio. Sì, dai. Faremo un film ad episodi.

Attacco la cornetta. Episodi? Bah. Ma dicono che non funzionano più, i film ad episodi. Curioso: se non funzionano, perché poi tantissimi giovani guardano solo estratti su youtube e dintorni ? Dico che, sì, forse bisognerebbe riprovarci. E poi, sul calcio! D'altra parte, un film lungo solo sul calcio non funziona: persino un film degli anni '90, “Italia-Germania 4-3” (Andrea Barzini, 1990) ha stroncato completamente la carriera del regista...

SCENA 4

INTERNO NOTTE.

Il centravanti apre il frigorifero nella casa sita nel condominio elegante. La luce del frigo illumina l'uomo di taglio. Resta lì a fissare inebetito l'interno dell'elettrodomestico.

Stacco

SCENA 5

ESTERNO NOTTE

INQUADRATURA IN CAMPO LUNGO

L'autovettura di alta cilindrata Passa davanti un chiosco di bibite, sul lungomare..

Scende dall'auto. Si dirige verso la spiaggia.

SCENA 6

ESTERNO NOTTE; SPIAGGIA. 

Il centravanti è fermo sulla spiaggia. Sta bevendo un alcolico in bottiglia

A fianco, si notano numerose altre bottiglie vuote.

 

A ben pensarci, neppure nel resto del mondo i film sul calcio hanno fatto sfracelli: penso a “Il maledetto United” (Tom Hooper, 2009), che da noi non fu nemmeno distribuito. Nel mondo femminile, qualcosa funziona meglio: “Sognando Beckham” (Gurinder Chadha, 2002) ha ottenuto un buon successo. Ma il calcio non è solo un giuoco: troppo complicato spiegare perché. Muove tante cose non solo economiche; forse anche per questo, il pallone al femminile è visto con simpatia ma non ha lo stesso fascino del calcio giocato al maschile. Idea: e se provassi con il documentario?

SCENA 7

INTERNO, NOTTE. CHIOSCO

Il locale venditore di bibite e patatine del chiosco è al telefono. Il suo apparecchio squilla più volte.

SCENA 8

INTERNO, NOTTE

PPP

Gli occhi dell'allenatore si aprono. Prende il telefono cellulare, lo porta all'orecchio.

SCENA 9

ESTERNO; NOTTE

L'allenatore arriva sulla spiaggia.

Trova il centravanti abbandonato sulla riva, la testa quasi sul mare. È visibilmente ubriaco. Prova a metterlo in piedi.

Il gestore del chiosco lo affianca. Lo aiuta a sollevare l'uomo. A fatica, lo trascinano vicino all'auto dell'allenatore. Lo mettono nell'auto di questi, facendolo sedere al lato passeggero.

L'allenatore alza il braccio per ringraziare il gestore del chiosco.

I due sembrano conoscersi da moltissimi anni.

Prima di entrare in auto, il mister dice al gestore a gesti di provvedere all'auto del calciatore.

Il gestore del chiosco annuisce.

 

Il profeta del gol” (Sandro Ciotti, 1976) lo vidi piccolissimo e non l'ho mai più rivisto. Eppure alcune scene le ricordo ancora oggi: potenza di Cruijff, l'olandese volante? Io penso che un documentario possa avere due formati: storico, e allora si traccia l'autobiografia di qualcuno che ha fatto epoca, oppure contemporaneo, quando serve come instant-movie per fissare qualche particolare sulla celluloide prima che venga dimenticato. Però, è curioso, oggi che ci penso, che a celebrare le gesta di un olandese sia stato un italiano!

Oggi tutti sono diventati bravissimi fuori dal campo: Ancelotti dovrebbe essere esonerato, dicono i giornalisti. Su che basi, mi chiedo ? Nessuno davvero fa un'analisi critica sui calciatori. Sono tutti campioni ? Sono stati scelti – e comprati – bene ? O non erano adatti al gioco del mister ? E come si fa a sostenere che questo Napoli è più forte del passato, se Hamsik non c'è più e abbiamo dato via nel tempo Cavani, Lavezzi, Higuain, Quagliarella, il Gabbia ed anche pezzi intermedi come Jorginho e il mai compreso Diawara e perfino Reina ed Albiol hanno staccato il biglietto d'addio ? Mah. Comincio a pensare ad una pletora di giornalisti prezzolati che non sono stati invitati al tavolo delle contrattazioni. Ma se non riusciamo a chiudere una trattativa che sia una con una squadra italiana!

Bisognerebbe fare un documentario! Assolutamente: e poi i pezzi del thriller ci sono tutti: un allenatore testardo, quattro- cinque elementi che covano rabbia all'interno dello spogliatoio, le implausibili sconfitte in campo, la ribellione, l'ammutinamento e poi la rassegnazione. Il ritorno del capo dall'estero e la nuova sconfitta. Ovviamente, è un film. E l'Allenatore saprà prendersi la rivincita: sconfitto in campionato, alzerà la Coppa in Champions League.

Sì: un documentario. Di che tipo, Mauri ?, mi chiedo. Nel 2006 c'è stato “Zidane, un ritratto del XXI secolo” (Douglas Gordon, Philippe Parreno): sperimentale, simpatico. Diciassette telecamere per un solo giocatore: Zinedine. Successo? Boh, forse me lo sono guardato da solo. Un paio d'anni dopo, ci provò Emir Kusturica (!), mica l'ultimo degli ultimi: “Maradona by Kusturica” (2008), che guarda caso segnò la sua fine cinematografica. Vabbè sempre meglio di Luca Sardiello, che dopo “Piede di Dio” (2009) è proprio scomparso, però mi sembra che film sul calcio fanno il vuoto...

 

Diego Armando Maradona, Emir Kusturica

Maradona by Kusturica (2006): Diego Armando Maradona, Emir Kusturica

SCENA 10

INTERNO, NOTTE

10/A CAMERA DA LETTO

L'allenatore adagia con grande fatica l'uomo sul letto.

Fissa il giovane attaccante con l'occhio paterno. Poi esce dalla stanza. La Mdp segue il mister.

L'uomo si muove nella casa attraversando tutto il disordine che c'è intorno.

Con calma, si sofferma in maniera perplessa su quanto vede: panni accatastati, bottiglie vuote in salotto. Su qualche ripiano ci sono e foto dell'attaccante: in compagnia di un gruppo di tifosi, con la moglie e la bambina, con il presidente e con l'allenatore. Attraversa la grande vetrata che dà sul mare e si dirige in cucina.

10/B CUCINA

Apre il frigo. Guarda all'interno. La scena ripercorre in parte la Scena 4: l'anziano resta qualche attimo a guardare nel frigo. Lentamente, la Mdp arriva alle spalle dell'allenatore. Ora anche lo spettatore può osservare il frigorifero dall'interno.

In pratica, è vuoto. C'è solo una lattina semiaperta. Accanto, una busta da lettera.

Il mister allunga le mani verso la busta, la legge.

 

A ben pensarci, pure Marco Risi era caduto con Dieguito: “Maradona - La mano de Dios” (2007) – non che dopo “Messi – Storia di un campione” (2014) Alex De La Iglesia se la passi proprio bene, eh - : devo cominciare a preoccuparmi ?... Non contento degli insuccessi, in tempi recentissimi Asif Kapadia ha voluto fare un film su Diego, ancora uno: “Diego Maradona”(2019), titolo semplice eppur pomposo. Il fatto è che il Pibe de Oro sia appunto un nome con cui cavar fuori denaro dai produttori ma non sempre è chiara la finalità dell'operazione: un film sul calcio che fu, su quello di oggi, la storia di un personaggio e quale il target? E presentarlo a Cannes, poi!

 

scena

Messi (2014): scena

Driiin!

  • Mauriiiiii

  • Sì, sì.

  • È finita ?

  • No, cioè, sì. Ascolta, sicuro che non vogliamo ripensarci?

  • No.
  • ...è  che i calciatori in fondo hanno poco da dire, sono bambini. Meglio i gangster, non trovi ?
  • No.

 

SCENA 11

INTERNO, ALBA

Grande vetrata. Il mister è ad un lato dell'inquadratura.

Legge la lettera.

VFC

Non c'è mai una sola ragione.

Ti amo e continuerò ad amarti.

Ma non posso più restare qui,

in questo posto.

Ho bisogno di sentirmi a casa,

di tornare dove fui felice.

Tu, invece, hai bisogno degli applausi.

Di essere un campione.

Ciao, Pauline

Dissolvenza al nero

Titoli

 

  • Sì, pronto. Posso parlare con il signor Aurelio ?

  • Non c'è in questo momento. Se vuole, può lasciare un messaggio.

  • Ah. sì, ok. D'accordo. Vabbene, non fa nulla.

     

Dirigere un film sul calcio, meglio evitare. Certo, un film a episodi è altra cosa: “L'oro di Napoli”(Vittorio De Sica, 1954) è tra le mie opere di tutti i tempi preferiti, e so di non essere solo: Martin Scorsese ha cominciato a pensare che avrebbe potuto fare film dopo averlo visto da bambino. Chissà, forse non è il davvero il pallone ad interessarci. Ma l'anima di una città che ancora non sa ritrovarsi: è solo Eupalla che rende possibili gli abbracci tra la città alta e quella bassa. Ma da troppo tempo questo abbraccio non si celebra più: l'odore della polvere da sparo è stato coperto dall'invasione turistica. Eppure, la cenere cova ancora sotto la brace spenta.

Mo' glielo dico: film a episodi, ok. Altrimenti, mi basta la sceneggiatura: trovatevi chi ve lo dirige, 'sto film.

 

 

NOTE:

La Società Sportiva Calcio Napoli, fondata il 1926 è stata dichiarata fallita nel 2004.

Nel 1974-75, in maniera incomprensibile, perse lo scudetto, lasciando che l'odiata Juventus, cui nel biennio precedente erano stati ceduti due calciatori importanti - Zoff e Altafini, guarda caso responsabili della sconfitta nel girone di ritorno a Torino che determinò lo scudetto dei bianconeri...- mentre nel 1981, in testa alla classifica, perse nuovamente il titolo venendo sconfitta in casa con il Perugia, ultimo classificato e già retrocesso dell'annata 80-81, complice un'autorete al Primo Minuto di Gioco (!) del calciatore che sette anni dopo, accusato di combine – mai veramente provata – e della perdita di un altro scudetto, a favore del Milan acquistato l'anno precedente da Silvio Berlusconi, venne allontanato definitivamente dai titolari azzurri. Dopo l'acquisto del nuovo presidente, una programmazione sbagliata non pemise, giunti di nuovo in Serie A, di vincere il titolo nel 2011/12 perché i calciatori furono spremuti per dare il massimo nella Champions League, che non avrebbero mai potuto vincere e si dovette accontentare del secondo posto nella stagione successiva, quando erano sfumati i tempi per vincere lo scudetto. Incomprensibili, infine, sono anche gli scudetti persi, entrambi a favore delle zebre, dopo aver vinto “simbolicamente” il girone d'andata, nel 2015/16 e nel 2017/18.

Nell'agosto del 2019, l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis,proprietario del club, dopo annunci di acquisti imponenti, prova a costruire la squadra che il più titolato allenatore del mondo attuale gli chiede: gli ingaggi di Icardi (dall'Inter), Pepè (dal Lilla) e James Rodriguez (dal Real Madrid), però, non avvengono. Dopo una supplica all'agente più famoso, Raiola, sbarca nella città partenopea, tal Lozano, messicano proveniente dal PSV: costretto a sostenere che la squadra può lottare per lo scudetto, l'allenatore più titolato al mondo si piega al volere del patron, ben sapendo che questa squadra può collocarsi tra il quarto e l'ottavo posto in campionato. Certo che poi i calciatori sanno fare anche di peggio.

La Juventus Football Club, fondata nel 1897, è la squadra più titolata d'Italia. Appartenente dal 1923 alla famiglia Agnelli, principali imprenditori italiani, quotata in Borsa dal 2011, rappresenta l'ultimo baluardo nel mondo di club calcistico aziendale: può certamente recriminare per lo scudetto perso sotto la nube di Perugia nel 1999/2000 ma, oltre ai titoli che le contesta il Napoli, anche la Fiorentina, l'Inter, il Milan, il Torino (il grande giornalista Giampaolo Ormezzano e soprattutto i due autori del libro "Lo scudetto rubato", Bramardo e Strippoli, Priuli & Verlucca ed. possono raccontarne di più) e la Roma, (il mitico gol di Turone) hanno da recriminare nei confronti della stessa squadra che, complice il dirigente calcistico Luciano Moggi, fu retrocessa in serie B per scandali avvenuti negli anni precedenti al 2006, che videro coinvolte anche la Fiorentina, il Milan, la Lazio.

 

Nonostante tutto questo, i film sul calcio non hanno mai davvero avuto successo.

Oggi, pare che Quentin Tarantino stia pensando di chiudere la carriera parlando di football. Incrociamo le dita.

 

Chi scrive, oggi si occupa di cinematografia e da ormai molto tempo ma ha provato in gioventù a fare il calciatore, senza grandi risultati, divenendo arbitro federale nel 1982 e fischiando sui campi ora freddi, ora assolati, nei giorni sporchi e piovosi dei successivi sette anni. Era presente, allo stadio, numerose volte che i misfatti venivano consumati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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