Illusione, realtà. Il gioco del cinema vive nello spazio cangiante posto tra questi due estremi. I quali, a loro volta, sono concetti che si scambiano di posto, rendendo il tutto ancor più complicato e con-fuso. Del resto la realtà stessa delle immagini in movimento è illusoria, basata sull’inganno percettivo che da 24 fotogrammi - perfettamente fermi nella loro realtà ma fatti scorrere in sequenza nello spazio di un secondo - risulti la raffigurazione di un movimento fluido. In fondo quell’effetto illusorio che a noi pare poi meravigliosamente vero ha generato un’altra grande illusione: quella di poter finalmente “catturare” il mondo reale. Non una sua definizione, non un suo racconto: il mondo stesso, obiettivamente ri-prodotto. Era il sogno di Albert Kahn, banchiere e filantropo, oltre che allievo del filosofo Bergson, che vide nella fotografia e poi nel cinema la possibilità di realizzare gli Archivi del Pianeta: un bellissimo e folle progetto - illusorio - di catturare il mondo intero “così com’era”. grazie a operatori inviati in tutto il mondo. Una follia, un’illusione, eppure animata da un pensiero realista, documentarista.
Il cinema quindi come “doppio del mondo” fu una delle prime suggestioni che l’invenzione della cinematografia generò nell’uomo. Anche i Lumiére in fondo la vedevano così.
D’altro canto ci fu però anche chi vide presto la possibilità opposta: non lasciar parlare l’esistente, ma creare una nuova realtà. Forse la genesi di questo approccio completamente diverso sta nel montaggio. Del resto fu proprio Méliès - che per primo tagliò e incollò spezzoni di pellicola - a “inventare” il montaggio. Non a caso. Méliès era un prestigiatore, uno che viveva di trucchi: un’illusionista. Il montaggio ha consentito alle riprese di truccare la realtà (discutibile) del piano sequenza, di giocare in libertà con il tempo e con lo spazio. Di inventare storie.
Non sto dicendo cose nuove: sono cose risapute. Le ripasso.
Quando il bambino era bambino / camminava con le braccia ciondoloni / voleva che il ruscello fosse un fiume / il fiume un torrente / e questa pozzanghera il mare. La riconoscete vero? È la poesia di Peter Handke con cui si apre Il cielo sopra Berlino di Wenders. Handke quest’anno ha vinto il premio Nobel per la letteratura. E il film di Wenders è stato riproposto, restaurato, nelle sale. Per festeggiare (anche se il film è di due anni prima, in verità) una ricorrenza importante: i trent’anni dalla caduta del muro di Berlino. La poesia di Handke ci porta al cuore del pensiero infantile: quello dove il principio di realtà non si è ancora affermato e dove domina ancora il pensiero magico, onnipotente, quello che trasforma le cose: il ruscello in fiume, la pozzanghera in mare.
È stato un anno importante questo 2019, denso di ricorrenze, ce ne rendiamo conto ora che sta finendo. Abbiamo festeggiato ad esempio anche i cinquant’anni dalla conquista della Luna: illusione? realtà? Comunque la vediate, la luna casca benissimo in questo discorso: ci riporta a Méliès, alla notte, al sogno, all’illusione.
Un altro film molto amato uscito quest’anno riporta a un evento di cinquant’anni fa. Parlo di C’era una volta a… Hollywood e la storia che torna è quella dell’omicidio di Sharon Tate, avvenuto il 9 agosto del 1969. Ne parlo senza più preoccuparmi di spoilerare, immagino che lo abbiate già visto tutti. In fondo, come già in Bastardi senza gloria, in quel film Tarantino si è semplicemente preso la libertà di essere bambino. Di cambiare la storia, di riscriverla. Di operare dando retta al pensiero magico, che trasforma le cose secondo il suo piacere. La realtà si cambia nel suo contrario, l’illusione, la fantasia. E le ombre proiettate su fondo della caverna diventano figurine di una lanterna magica, incantevoli, più delle figure reali che le proiettano.
Quando ero bambino avevo il coraggio di inventare storie. Poi crescendo mi sono fatto fregare dal principio di realtà e sono diventato un po’ più consapevole e un po’ più fifone. Se potessi fare un film oggi però vorrei farlo da bambino. E siccome stiamo per ricordare - a giorni - un fatto avvenuto 50 anni fa che ha segnato la nostra storia - tanto quanto, anche se su un altro piano, gli omicidi della Manson Family segnarono gli USA - farei un film fantastico, lunare. Mi attribuirei di nuovo i poteri che una volta sapevo di avere, senza dubbio
Sì, farei come Tarantino. Magari racconterei la storia di me stesso bambino, a soli 5 anni, nella Milano di cinquant’anni fa. Non so bene francamente come sarebbe la trama, ora non conta troppo, ma so il finale. E so che alla fine mi troverei in una banca, a far la pipì in un angolo, su una miccia. Sì, lo so, non era una bomba come quella dei fumetti, ma è il film di un bambino. Fatemelo girare. Sarebbe tutta un’altra storia.
PS: Nella foto Silvia e Claudia Pinelli, come le vide Baj nel quadro dedicato alla morte dell'anarchico Pinelli, il loro papà, "suicidato" e innocente. Magari gliela facciamo fare a loro la pipì sulla bomba, che ne dite?
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