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NESSUN NONE NEI TITOLI DI CODA: incontro con il regista Simone Amendola e il protagonista Antonio Spoletini.
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Incontriamo il regista Simone Amendola e il protagonista Antonio Spoletini alla Festa del Cinema di Roma 2019, in occasione della presentazione del film dal titolo NESSUN NOME NEI TITOLI DI CODA.

 

Buongiorno Simone, non le nascondo che il solo titolo scatena la voglia di vedere il film. Come nasce questo progetto?

 

Vede, i figuranti del Cinema, rientrano un po’ nelle cose che mi piace raccontare, le comparse della vita, le maestranze della vita, fanno parte delle cose e persone che mi interessa raccontare, in generale il lavoro nell'ombra. Io scrivo anche per il Teatro, testi teatrali e soggetti per i documentari, i miei personaggi vengono sempre un po’ da quel mondo lì, sono invisibili e il mio desiderio è di tirarli fuori dall’anonimato. Antonio è stato il mio passe-partout per il mondo invisibile delle comparse nel Cinema. Antonio Spoletini ha una storia importante da raccontare, cinque fratelli che hanno lavorato come figuranti e lui come l’ultimo dei Mohicani, l’ultimo degli Spoletini, a 82 anni sta ancora sul set e fa il suo lavoro con passione. Antonio quando parla delle sue mansioni, chiama i grandi registi e attori, con cui ha lavorato, con il nome proprio “perché Marcello faceva così, mentre Federico diceva così”. Marcello era Mastroianni e Federico il suo grande amico Fellini. Ha una grande forza dentro di sé che mi ha portato ad una riflessione e ad una conclusione importante, Antonio è la sintesi di un Mondo in cui ci si sentiva partecipi di qualcosa e a un certo punto quel qualche motivo si è sfaldato. Il Mondo del Cinema è sempre meno partecipativo e sempre più settoriale. La comparsa di oggi non ha più nessun rapporto con il regista, mentre il suo era ancora un mondo dove la mediazione degli Spoletini, tra il popolo e gli intellettuali, era fondamentale. Antonio diviene così la sintesi di un mondo culturale italiano che è stato e che ora non c’è più. Il mio film Nessun Nome nei Titoli di Coda parla nel sottobosco degli invisibili del Cinema. All’interno di un percorso durato un anno di lavoro, usando la finzione e non il documentario, il film prova a raccontare il passaggio dalla dimensione pubblica a quella più intima del protagonista, il desiderio di Antonio Spoletini, un uomo di 82 anni, che vuole lasciare un nome nei titoli di coda, nel privato e nella Storia del Cinema.

Antonio, la "S" maiuscola, nel suo curriculum, la può mettere.

 

Il film ha gli spunti per diventare una sceneggiatura di maggior respiro?

 

Lo spazio c’è e si può allargare, si può creare una storia tra la pellicola e i contenuti virtuali, uno spazio tra il simbolico e fisico, molto più grande. La storia che in parte tocchiamo nel film, può essere sviluppata dando maggiori contenuti e materia su cui riflettere, senza cedimenti alla nostalgia. Io, personalmente non sono un autore nostalgico, credo nella tecnologia utile. Se la computer grafica mi permette di ricreare le gambe di Marion Cotillard come nel film Sapore di Ruggine e Ossa, ben venga la tecnologia! Ti aiuta a raccontare l’essere umano! Se la tecnologia è la riproduzione meccanica delle folle, non ce ne frega niente, non è quella la strada. Il Cinema può dare ancora delle cose, perché si possono inventare ancora delle cose. La storia di tutte le persone che lavorano nell’ombra è un valore importante. I gruppi di figuranti utilizzati nei set, erano disoccupati, operai, avvocati, vescovi, attori latenti, persone comuni, che con i loro odori, umori e caratteri hanno lasciato un’impronta indelebile per la produzione di un'opera, anche nell'anonimato. 

Vedere un film per me, è ancora “speriamo che mi cambi la vita”, con le serie tv questa speranza non c’è più.  Con le serie televisive hai la speranza di qualcosa di intelligente, ma l’intelligenza non è abbastanza per cambiarti la Vita.

 

 

Antonio Spoletini, seduto accanto a Simone Amendola, ascolta in religioso silenzio. Ha una faccia da Cinema, le rughe allineate, abbronzato e ben pettinato nei suoi riflessi argento. Trasteverino, come ama precisare, accompagna alcune considerazioni del giovane regista con espressioni gergali che suscitano il sorriso. Annuisce e scruta le reazioni emotive nei miei occhi. La sua presenza mi incute un nonsoché di imponente, tanto che nel rivolgergli la prima domanda balbetto.

Antonio, il Cinema ….

 

Una volta la persona qualunque poteva dire di lavorare nel Cinema. Tu che fai al Cinema? Faccio la comparsa ! tu che fai? Faccio il generico! C’era tanto di quel lavoro che potevi fare dai 200 ai 250 giorni l’anno sui set. C’è gente che ci ha cresciuto due famiglie in questo modo. Nel quartiere di Cinecittà, la parte di Don Bosco è stata edificata per accogliere tutte le maestranze del Cinema. Prima non c’era poco o nulla.

 

Sono cambiate le modalità di fare un film, è cambiato un mondo. Sembra che il tuo pensiero si allinei a quello di Quentin Tarantino che il suo film l’ha titolato “C’era una volta a Hollywood”?

 

Non c’è più il Cinema di una volta, non ci sono più gli sceneggiatori di una volta, i produttori temerari. Una volta il Cinema lo dovevi pensare, ora è cambiato tutto enormemente. Considera che per il film Cleopatra nel 1963 ci sono volute 5000 comparse mentre per la serie tv Ben-Hur del 210, ne sono state impiegate solo 700! Nei film che si girano oggi, ci lavorano un massimo di 56/60 figuranti. Le grandi produzioni arrivano alle 350/400 persone, ma sono rare e molto lontane dalle migliaia di lavoranti degli anni’60. Martin Scorsese con Gangs of New York nel 2001 è stato uno degli ultimi lavori a Cinecittà, con un buon numero di comparse.

 

Parla con fervore ed entusiasmo del suo lavoro Antonio Spoletini, un’autentica dinastia al servizio di Cinecittà. Il suo non è un ricordo nostalgico, nasce bensì dalla volontà di non far dimenticare al pubblico, il lavoro oscuro e importante di molte persone poco note.

Quale criterio usi per scegliere le persone giuste?

 

Ho tutto qui in testa! Ho una memoria visiva efficiente che mi permette di indicare le persone giuste nel film giusto. Altro che computer e database! Ho sempre con me il magico taccuino, con i numeri di telefono di tutti! Di tutte le persone importanti del mondo del Cinema, ma proprio tutti!

 

Hai un aneddoto che ci vuoi raccontare e che possa riassumere l’importanza del tuo lavoro?

 

Mi chiama Luigi Magni per il film La Tosca. Conosci il grande regista romano? Premetto che ho fatto anche le altre due di Placido Domingo e Gianfranco De Bosio e in diretta mondiale quella di Giuseppe Patroni Griffi, con tre miliardi e mezzo di spettatori! Ma il rapporto con Gigi (Magni) era speciale. Il film è stato girato nel 1972, per fare la scena del Te Deum dovevo cercare della gente tipo quella dei Miracoli o per capirci Notre Dame de Paris! uomini, donne con disagi fisici evidenti, zoppi, storpi, senza una gamba o un braccio, su una sedia a rotelle. Mi chiama e mi da il tempo necessario per cercare questo tipo di persone per il film. Gigi era una persona dalla sensibilità e umanità unica, ho conosciuto pochi come lui. Quando ha visto sul set le persone che gli ho portato, si è commosso al punto, che non voleva più girare personalmente ma affidandosi all’aiuto regista. Questo è un episodio di mille altri che potrei raccontare, soprattutto vissuti con il mio amico Federico (Fellini), ma andate a vedere il film e avrete altre sorprese.

 

 

Antonio Spoletini di Trastevere, è nato nel 1937, come Cinecittà,” io sono più vecchio, lei è di aprile, io sono di marzo” e ancora si incazza quando qualcuno le chiama comparse “queste sono le mie attrici e i miei attori”. Tante facce del Nord e del Sud dell’Italia, gruppi numerosi in fila sotto la pioggia battente o il sole torrido “per fare una giornata”. Duro all’apparenza ma con una buona parola per tutti a fine ripresa. Se gli nominiamo il Teatro 5 accusa il colpo, il Maestro riminese "aveva qualcosa di speciale, parlava con tutti, appioppava soprannomi affettuosi, dall’elettricista all'ultimo dei figuranti." Il film Roma di Federico Fellini gli è rimasto particolarmente nel cuore e vedendo Nessun Nome nei Titoli di Coda, ne scopriamo il motivo profondo.

 

Lu Abusivo

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