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I Want to Know (Vorrei sapere). A favore di Adrian, di Adriano Celentano, ovvero Come ti smonto il detrattore.
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I Want to Know. Ho conosciuto questa bellissima canzone di Celentano quando a inizio 2019 è andato in onda Adrian, così come sono stato affascinato allo stesso tempo dall’omonimo cartone animato e dallo spettacolo proposto dal Molleggiato. Purtroppo, invece, si sono scatenate, per lo più, polemiche sterili ed epocali arrampicate sugli specchi. In particolar modo a Celentano sono stati criticati la sua assenza e il cartone animato, nella precisione il passaggio in cui la “Volpe”, il giustiziere cittadino sotto le cui spoglie si nasconde lo stesso Adrian, salva due ragazze da due malintenzionati.

I Want to Know, Vorrei sapere… Sí, anch’io vorrei sapere da dove nasce cotanta ignoranza critica, artistica e comunicativa. Per parafrasare un celebre passaggio, per me un classico, di Carlo Verdone in L’amore è eterno finché dura (Carlo Verdone, 2004), ovvero, “Chi è sto scienziato, ‘sto premio Nobel, ‘sto stronzo?”, anch’io voglio sapere chi sono questi scienziati e premi Nobel che criticando Adrian hanno dimostrato tutto il loro limite intellettuale e politico. L’articolo che segue è una analisi delle critiche registrate da alcuni media, in ordine cronologico, e da me oggettivamente smontate; inoltre, è anche implicitamente un’analisi dello spettacolo in sé.

“Sesso, noia e dialoghi surreali: Celentano con Adrian ha superato le frontiere del trash”, Lady V, Linkiesta, 22 gennaio 2019. Premetto che il giornale online Linkiesta è tra i miei preferiti perché è tra i pochi che, pur non confessandolo direttamente, tende esplicitamente a sinistra. Peccato che con questo articolo ha dato prova di una certa miopia. Innanzitutto, una giornalista seria non si firma con un nickname come questa Lady V, ma con nome e cognome, e già questo la dice lunga. Veniamo all’articolo che inizia con una frase ben poco professionale, più da blog amatoriale che articolo professionista – altra frecciatina a Linkiesta che meriterebbe giornalisti e giornalismo di qualità – ovvero: “Un’immensa, colossale, strepitosa presa per i fondelli”. Povera Lady V, che brutto avere limiti culturali e pure cognitivi. Continuiamo. Sullo spettacolo la luminare Lady V parla di “interminabile teatro dell’assurdo”, “battute agghiaccianti”, “solito tavolo al centro della scena, solite bottigliette d’acqua”. Secondo il Premio Nobel Lady V, Celentano “si presenta, ovviamente spettinato e in pigiama, dice tre parole in croce che non entreranno nella storia della tv e poi inizia il cartone”, di cui l’eminenza Lady V dice essere “un porno soft in salsa ecologista”, con un “Molleggiato in versione erotomane” attraverso cui “in prima serata è stato sdoganato il sesso spinto”. E continua con un festival di idiozie da italiano medio basso tipo: “dialoghi penosi”, “stalking legalizzato” in riferimento al battage pubblicitario e così via.

Innanzitutto, pur non avendo la fortuna di conoscere questa scienziata del rigurgito femminista in epoca #metoo, non so che tipo di teatro sia abituata a vedere, ma il teatro dell’assurdo è tra le forme più intelligenti di rappresentazione, come appunto la comicità di Frassica, di Jannacci, Fo, Pozzetto e lo stesso Celentano. Secondo: tavolo e sedia di legno e bottiglia d’acqua è da Francamente me ne infischio (1999) che sono la firma di uno stile e di una poetica che si ripeterà nel tempo, giustamente. Terzo: che Celentano si presenti in pigiama e spettinato fa parte della sua iconografia fin dagli anni ’80, quando il personaggio diventa l’uomo e viceversa, per farsi mito ed icona. Allo stesso modo, le tre parole in croce sono l’azzardo metalinguistico che solo un uomo di genio come Celentano poteva proporre nel paludato palinsesto televisivo generalista e non, tant’è che chi non ha capito questo suo linguaggio e queste sue provocazioni deve essersi scoperto di colpo ignorante e non ha resistito all’insulto compulsivo perché non aveva altre armi di difesa, dato che l’intelligenza non gli appartiene. Riguardo il cartone, una vera e propria intelligente e sofisticata opera d’animazione che rompe schemi consolidati e fa dell’antagonismo sociale il suo motore narrativo, non trovo nulla di male nell’esibizione di un erotismo d’autore anzi tutt’altro. Ben vengano programmi audaci dove il sesso e il corpo non sono castrati. Probabilmente, l’isteria femminile che accompagna molte oltranziste del fascio-femminismo attuale, secondo cui tutto è loro dovuto, in una sorta di maschilismo di genere ribaltato, ha fatto sì che certe scene e certe libertà turbassero la quiete mestruale della pseudo giornalista anonima.

“Adrian, l’imbarazzante cartone animato di Adriano Celentano fa 6 milioni di spettatori”, Francesco Prisco, Il Sole 24 Ore, 22 gennaio 2019. È agghiacciante l’analisi del giornalista del quotidiano di Confindustria, che non tradisce le proprie radice e attacca Adrian soprattutto sui contenuti, senza però riservare inutili disprezzi alla messa in scena. Secondo Prisco, Celentano, in 60 anni di carriera ha sempre fatto passi falsi, ed elenca con poca cognizione di causa e una certa schizofrenia ideologica il ’68, la vena messianica, l’anticomunismo, l’antimodernismo, etc., quando la carriera di Celentano è costellata invece da una totale libertà ideologica che gli permette di passare dalla Madonna di Medjugorje alle prostitute clandestine ospitate in 125 milioni di caz..te (2001), passando per una sana ecologia, la ribellione alle convenzioni – dopotutto la beat generation, pur bella e necessaria, era una convenzione, e Tre passi avanti, citata da Prisco, non è affatto una canzone conservatrice, ma piuttosto una libera espressione di pensiero provocatoria. Io, di sinistra radicale, dura e pura, ascolto le canzoni di Celentano con grande passione e interesse per il testo, e non sono nemmeno religioso…

Quando Prisco si butta su Adrian, il cartone, si arrampica sui vetri per compiacere la testata a cui appartiene, puntando il dito contro la vocazione ambientalista di Celentano che si ostina a schierarsi contro i costruttori. La Caselli cantava “La verità ti fa male lo so” e infatti la Milano distopica di Adrian piace poco a Confindustria perché veicola messaggi totalmente in opposizione con la logica del mercato consumistico, della costruzione selvaggia e dell’accumulo di ricchezza.

“Adrian, di questo Celentano francamente me ne infischio”, Giorgio Simonelli, Il Fatto Quotidiano, 22 gennaio 2019. Pur essendo docente di Storia della televisione e Giornalismo televisivo non sembrerebbe avere le idee chiare sul valore comunicativo, televisivo e infine metalinguistico di Adrian. Nel suo articolo, Simonelli, elogia Celentano per le sue grandi ed epocali canzoni, ma non ne riconosce la ribellione, non compresa soprattutto dai detrattori storici che cristallizzano ideologicamente un artista e continuano a vederlo come monolite, quando invece la volubilità dell’arte vera fa sì che, per osmosi, un’idea, una contestazione, un segno politico, passi all’altro, all’opposto, mantenendo la stessa coerenza etica. Faccio un esempio che esula dall’articolo di Simonelli: Chi non lavora non fa l’amore (1970) è sempre stata ingiustamente tacciata di conservatorismo destrorso, un po’ come il Callahan di Eastwood tacciato di fascismo (sigh!), invece, il celebre brano di Celentano sentite un po’ cosa dice sul finale: «Dammi l'aumento signor padrone/Così vedrai che in casa tua/E in ogni casa entra l'amore». Altro che destra…

 Prisco, ed è qui che il docente di Storia della televisione mi stupisce, sentenzia che «Quello che non ho mai capito è perché uno che è capace di concentrare un mondo intero in un solo verso futurista come Il tuo bacio è come un rock, abbia scelto la strada opposta, quella della dilatazionetemporale, delle pause, delle divagazioni nei suoiinterminabili monologhi». Mi spiace contraddirla Simonelli, ma è proprio questo linguaggio, questa estetica che diventa poetica dell’artista Celentano, ovvero la dilatazione temporale, le pause, le divagazioni e i monologhi tanto discussi, ad aver rivoluzionato la televisione italiana. Dal 1999 di Francamente me ne infischio, il format dei programmi serali delle reti Rai affidati di volta in volta a Dalla, Zero, Morandi, Ranieri, Fiorello, etc. ha richiamato luci, spazi e ambient del programma di Celentano. Ovviamente, nessuno è riuscito ad eguagliarne il linguaggio, tra il polemico, il politico, il surreale e il lunare, tipico della Milano d’oro a cui appartenevano Jannacci, Pozzetto, Fo e il “fratello” Gaber. Infine Prisco invita Celentano a lasciare stare i discorsi sul potere, la morale, etc. Paura, vero?

“Adrian, Celentano furioso abbandona lo show tra i fischi? Ecco la verità”, anonimo, Il Messaggero, 22 gennaio 2019. Una voce fuori dal coro, nell’Italia dell’odio e delle menzogne, è un tuono, un boato che fa molto rumore. I social parlavano di fischi e insulti a Celentano in studio per essere apparso solo pochi minuti. I giornali compiacenti con i poteri forti rincaravano la dose, ma una ragazza del pubblico ha avuto il coraggio di dire la verità: «Nessun fischio. Hanno applaudito tutti. Il programma doveva essere così e finire così». Questo conferma la mia tesi, intuita già alla prima puntata di Adrian, secondo cui l’assenza di Celentano era produttrice di significato, un significato di presenza, un metalinguaggio che interrogava la grammatica comunicativa dei media attuali. Gli stessi media che seminano odio, esibiscono il trash, spettacolarizzano il dolore, trasformano la politica in guazzabugli condominiali, in puro intrattenimento sedato e senza vero contraddittorio e dove fanno vincere milioni di euro al primo che passa per strada invece che stimolare al lavoro e all’istruzione – esempio: «Matteo Salvini, da Milano, di professione nullafacente», Il pranzo è servito, 1993. A vent’anni il leader della Lega aveva già iniziato a non lavorare e oggi continua questa sua professione imbonendo incapaci di intendere e volere. Fine dell’esempio.

Celentano ha così voluto dare una lezione di grande qualità comunicativa tanto da mettere in imbarazzo il neo-sovranista Carlo Freccero. L’unico dubbio che mi resta è: era tutto programmato così da sempre, compresa la sospensione del programma, oppure è stata la risposta di Celentano all’obbligo Mediaset di apparire in uno show invece che trasmettere il solo cartone animato?

Dello stesso parere è Rudy Zerbi che afferma: «Vi lamentate che la tv è tutta uguale e poi, quando qualcuno tenta di fare qualcosa di diverso, vi lamentate perché è diverso». Ecco, un’altra volta, lo scarto tra il piccolo italiano medio basso analfabeta funzionale e la ristretta percentuale di italiani istruiti, colti, saggi e dotati di pensiero critico autonomo. Il 42% degli italiani è analfabeta funzionale (dati Eurydice-Indire 2018/19), ossia “4 italiani su 10 hanno gravi difficoltà a usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana” (fonte: Orizzonte scuola, a firma di Gianfranco Scialpi). Tradotto: 4 italiani su dieci non capiscono quello che leggono e quello che gli viene spiegato. Se contiamo il 33% di elettori leghisti e circa l’8% di elettori fascisti al seguito di Giorgia Meloni arriviamo al 41% degli italiani. Un caso?

“Adriano Celentano ha preso in giro tutti: la confessione in diretta”, Claudia Caputo, KontroKultura, 24 gennaio 2019. L’intelligenza di Claudia Caputo, a differenza dei giornalisti di Libero, il quotidiano che più di tutti si è accanito su Celentano, è di aver scritto un vero articolo, ovvero, una cronaca di quanto successo, senza prendere una posizione politica. La Caputo, infatti, racconta lo sgomento della seconda puntata di Adrian quando Celentano, nel confessionale con il prete-Rai Frassica che non può assolverlo, confessa: «Ho illuso Canale 5 che ci sarei stato fisicamente». Io infatti credo fortemente che Celentano solo volesse trasmettere il suo cartone, e non fare un programma, probabilmente voluto solo dai vertici Mediaset. Da qui, dall’attesa e dall’enigma sulla presenza di Celentano, non solo nasce la genialità del metalinguaggio adottato per provocare “in assenza” – a chi riuscirebbe una tale audacia? – ma trova origine anche la pioggia di critiche e di insulti che hanno riempito social e testate giornalistiche e che sono state oro per Celentano, di cui si è nutrito, per poi, nella terza puntata, presentarsi, cantare e azzittire tutti – come dopotutto ha fatto nella quinta puntata trasmessa a novembre 2019. Dopotutto, quando uno non capisce, è ignorante di natura, si infuria e passa alla violenza verbale e fisica.

“Adrian, come gode Naike Rivelli. Celentano rovinato da…”, Giada Oricchio, Il Tempo, 25 gennaio 2019. La Oricchio è ambasciatrice che non porta pene, perché si ferma all’analisi dei velenosi post di Naike Rivelli, figlia di Ornella Muti, che dopo l’ipotetico flop di Adrian ha probabilmente trovato l’orgasmo che già a 43 anni le viene a mancare. Innanzitutto si può parlare di flop solo a livello di ascolti, perché la qualità del cartone è fuori discussione, e allo stesso tempo lo spettacolo, l’assenza/presenza di Celentano, il metalinguaggio di cui ormai si parla come cifra definitiva di Adrian e di Adriano Celentano, sono in realtà una grandissima opera incompresa. Ma dopotutto, da un italiano medio basso cosa puoi pretendere?

La Rivelli, poverina, sostiene che il proprio deretano abbia ispirato quello della Gilda di Manara. L’autostima è importante, ma qui si esagera. Se la Muti ha sofferto in passato per una relazione o scappatella finita come non si aspettava, ce ne dispiacciamo tutti sinceramente, essendo una grande attrice ed icona di quei fantastici anni, ma la figlia non può accusare nessuno. Facile adesso, in epoca #metoo accusare il primo maschio che passa per strada. Ripeto: è maschilismo al contrario, il buon senso dov’è?

“Adrian, la serie: Vittorio Sgarbi all’attacco di Adriano Celentano”, Marica Lancellotti, Movieplayer, 25 gennaio 2019. Che Sgarbi fosse Sgarbi non è una novità. Il suo indirizzo politico e l’aggressività di cui è manifesto lo tradiscono e non gli danno credito. Accusare Celentano di essere morto nel 1970 solo perché i suoi programmi sanno realmente svegliare le coscienze, che com’è noto a destra piacciono assopite, attraverso un linguaggio rivoluzionario e format unici e irripetibili, è pura mancanza di onestà intellettuale. Una semplice uscita marchettara mentre era ospite a I Lunatici su Radio2. Ma l’articolo a firma di Lancellotti si sofferma soprattutto sulla possibile querela degli avvocati Angelo e Sergio Pisani che si fanno portavoce dei cittadini di Napoli, a loro dire imbufaliti per l’associazione tra la loro città e la ditta costruttrice “Mafia International” che appare nel cartoon Adrian. Signori, forse ci eravamo sbagliati… la camorra non è a Napoli, la mafia non è in Sicilia e la ‘ndrangheta non è in Calabria. Scherzi a parte, ovviamente c’è dell’altro in queste città e regioni, ma è un dato di fatto che le radici delle organizzazioni criminali tra le più conosciute al mondo sia lì. Perché indignarsi? Piuttosto che lottino per sradicare la mafia dalle loro terre invece di accusare Celentano. O forse è più facile e remunerativo così?

“Adrian, l’esperto fa respirare Adriano Celentano: Prediche banali, eppure…”, Pino Farinotti, Libero, 27 gennaio 2019. Farinotti, critico cinematografico, parte con il suo pezzo su Libero separando nettamente il Celentano cantante, che mette sempre tutti d’accordo, e il Celentano attore-regista, dai film mediocri e deliranti come Joan Lui (1985), e il Celentano televisivo, da Fantastico (1987) in avanti. Farinotti, inizialmente, cita le aspre critiche di tanti dizionari cinematografici che demoliscono Joan Lui, usandolo come assist per criticare il cosiddetto delirio di onnipotenza di Celentano, che invece andrebbe letto piuttosto come la consapevolezza della propria grandezza, del proprio genio, della propria ineguagliabile capacità comunicativa, dell’iconicità del personaggio, per poter veicolare messaggi politici e sociali importanti. Lo sbaglio di Farinotti è di voler rivaleggiare con Celentano e con lo spettatore culto, ovvero i pochi che hanno capito e apprezzato lo show fin da gennaio 2019. Il critico, infatti, elenca tutta una serie di opere che starebbero, logicamente, alla base del racconto distopico di Adrian: Metropolis (Fritz Lang, 1927), Fahrenheit 451 (Ray Bradbury, 1953), Zorro (Johnston McCulley, 1919 [titolo originale The Curse of Capistrano]), La macchina del tempo (H. G. Wells, 1895) e infine La fattoria degli animali e 1984 (George Orwell, 1945; 1949). I romanzi o film avrebbero ispirato Celentano per quanto riguarda le architetture futuriste della Milano del 2068, la democrazia apparente, il classismo, i libri proibiti – vedi alla voce libreria La pecora elettrica bruciata dai fascisti il 6 novembre 2019 a Centocelle per la seconda volta – oppure il giustiziere mascherato come la “Volpe”, appunto el zorro, di Adrian, ma anche la Befana, altro alter ego dell’orologiaio, così come i riferimenti distopici tra oppressori e oppressi e i vari meccanismi di controllo da parte dei regimi totalitari come violenza, censura, omicidio. Secondo Farinotti è legittimo, ma nelle sue parole non c’è spazio per ammettere che un’opera come Adrian, condensando tutti questi aspetti e contenuti, non possa esistere. Inoltre, c’è molto di Celentano in Adrian, quasi potremmo dire che Adrian sta a Celentano come Dolor y Gloria (2019) sta a Pedro Almodóvar. Comunque la si legga, la critica cinematografica si rivela un’altra volta triste e parruccona.

“Adrian, anche Morgan contro Adriano Celentano: Non è un filosofo, canti e basta”, Gianluca Veneziani, Libero, 28 gennaio 2019. Da una persona intelligente e da un artista a tutto tondo come Morgan, a parte le marchette televisive a X Factor, ci si aspettava tutt’altra analisi, ovvero di plauso alla rottura di schemi e aspettative elaborata da Celentano. Morgan usa espressioni come “troppo sofisticato” e “troppo intellettualoide” – senti da che pulpito… - “troppa metacomunicazione”, perché secondo lui Celentano non è Severino, non è Pasolini, non è Montanelli – grazie, lo sapevamo comunque – e che non deve fare il filoso – e chi l’ha fatto? – e che esibendo l’Adriano giovane ed erotizzato di Adrian ha sfogato la sua vanità, il suo narcisismo e conclude con una battuta sofisticata per sottolineare che lui invece è sì un filosofo, un intellettuale, lui sì che potrebbe permettersi metalinguaggi – ma fa però X Factor… – ovvero, dichiarando che «non importa a nessuno di vederlo giovane, di vedere Celentano che fa l'artista concettuale, come se fosse Marcel Duchamp». Grazie Morgan, ora siamo tutti più dotti. PS: notare come gli scienziati di Libero, pur pubblicando un’intervista a 360° su Morgan, in cui compare solo una domanda su Celentano, hanno il coraggio di titolare l’intervista come l’ennesimo attacco al Ragazzo della via Gluck. Avete aggettivi? Offensivi ovviamente, grazie.

“Adrian, anche Milo Manara scarica Celentano: Miei disegni usati non per mia scelta”, anonimo, Libero, 28 gennaio 2019. Tanto per cambiare, Libero non si smentisce. Utilizza un titolo fuorviante per veicolare idee proprie e fare propaganda. Nell’intervista, infatti, il Maestro Manara non scarica nessuno, precisa soltanto che il suo ruolo era quello del character designer e non dello sviluppatore della serie. I bozzetti usati nei titoli di testa, che effettivamente non assomigliano poi ai personaggi di Adrian, e la qualità del tratto e la bellezza dei corpi è infatti di una qualità superiore, questo va detto, non sono stati usati con il consenso di Manara. Tutto qui. Non c’è nessuna critica. L’unica “discarica”, qui, è il giornale che pubblica fandonie per alimentare odio e screditare i dissidenti del credo destrorso e fascistoide. Punto.

“Adrian, pazzesco Adriano Celentano: si dà del fallito da solo, la frase che fa infuriare Mediaset”, anonimo, Libero, 29 gennaio 2019. C’è chi gioca da solo a Scemo e più scemo, e vince pure! A parte l’anonimato, anche questo pezzo non rappresenta la verità delle cose. Celentano non si dà del fallito da solo, ma utilizza l’arma del metalinguaggio per provocare i detrattori e dare una lezione di comunicazione in un’epoca in cui si è perso il senso stesso di comunicazione, nonostante i tanti massmediologi affermino il contrario. Celentano, come già detto, confessa di aver sabotato Canale 5 e che lo rifarà un’altra volta. Geniale. E lo farà ancora per altre sei puntate, fino a che non resterà un solo ascoltatore: lui salverà il mondo. Scusate se ora esibisco il Celentano che c’è in me, ma quell’ultimo spettatore sono io.

“Adriano Celentano demolito da Naike Rivelli: Che razza di uomo. Quando stava con mia madre…”, anonimo, Libero, 31 gennaio 2019. Eccola di nuovo che torna all’attacco ai microfoni di Radio2 a I Lunatici, Naike Rivelli, da due anni asessuata e alienata dal sesso, e forse è qui dove cercare l’epicentro della scossa isterica, nell’insoddisfazione di una donna che a 43 anni, incapace di farsi una vita, vuole distruggere quella altrui. Il problema, però. È anche un altro, che la Rivelli non demolisce proprio nessuno, se non se stessa: «Non sono mai riuscita ad arrivare a vedere il cartone. Non mi è piaciuto per niente», preferendo vedere La dottoressa Giò. Insomma, a ognuno il suo orizzonte culturale e il suo quoziente intellettivo.

“Adrian, Michelle Hunziker demolisce Adriano Celentano: ‘Perché sono fuggita. E la battuta sullo stupro…”, anonimo, Libero, 20 febbraio 2019. Non poteva mancare la fregnaccia della Hunziker, bella donna, ma pessima attrice, simpatica come un vetro nell’occhio, che non ha colto l’occasione per farsi e farci un regalo: non proferire parola. Nell’articolo, ovviamente anonimo, di Libero, la conduttrice tv dice che dopo le lunghe attese per Celentano che non si presentava in studio, un giorno finalmente si palesa e lei gli dice che deve mostrarsi durante lo spettacolo perché la gente vuole vedere lui, ma «Non c'è stato nulla da fare. Così ho deciso di andarmene. Con il senno di poi ho fatto la scelta giusta. Visto anche il cartone». Sì, perché qui arriva il bello, per modo di dire, perché in realtà si tratta della solita miopia, del solito oltranzismo di genere, maschilismo contro femminismo, invece di fare il tifo per il buon senso. La Hunziker, dopo la scena in cui Adrian la “Volpe” salva due ragazze da un possibile stupro di gruppo, scioccata, afferma: «Quella scena mi ha raggelato. Il mio ruolo e i miei valori sono incompatibili con messaggi di questo tipo». Che messaggi? Questa battuta pronunciata da Adrian: «Se aveste bevuto qualche bicchierino in meno forse avreste evitato l'increscioso approccio con quei tipi loschi». Qualcuno può spiegarmi lo scandalo di questa frase e cosa può c’entrare questa frase con sessismo, maschilismo, machismo e altri orrori di cui son ben conscio e certo non supporto? Nessuno.

In questa frase il personaggio di Adrian non fa altro che registrare un dato reale: il tasso alcolico delle ragazze le ha disinibite tanto da non avere freni. È un attacco all’abuso di alcol, nient’altro. Immaginiamoci uno scenario diverso: due ragazzini, fumati e ubriachi, s’incontrano con dei tipi loschi, i freni inibitori sono spariti, iniziano a scherzare e poi finiscono per litigare e stanno per rimediare una serie di bastonate, poi arriva la “Volpe” Adrian e dice «Se aveste bevuto qualche bicchierino in meno forse avreste evitato l'increscioso approccio con quei tipi loschi». Ci sarebbe stato scandalo? No. Ma qualche oltranzista femminista, che oso chiamare fascio-femminista per l’intolleranza a idee contrarie alle loro, dirà che non è un esempio corretto, perché nel cartoon incriminato c’erano due ragazze e non due ragazzini. Questo confermerebbe la mia tesi, ovvero, che sono le donne stesse, le femministe radicali, a discriminarsi per prime e a vedersi oggetto diverso da quello maschile. Per me regna sovrano il buon senso, non le quote rosa, che sono reale discriminazione. Chi vuole capire capisca, altrimenti continui a crogiolarsi nel suo estremismo.

Chiudo questo, ahimè, lungo articolo – perché ne avrei fatto volentieri a meno, ma la “Volpe” raddrizza torti doveva pur intervenire anche nella realtà – con le saggie parole, ovviamente di parte, di Rosita Celentano: «Credo che un artista genuino e coraggioso come mio padre faccia bene a fare quello che il suo istinto gli detta.  Con mio padre si diventa telespettatori attivi invece che passivi di fronte a programmi trash». Già, spettatori attivi. E qui sintetizzo ciò che ho tentato di spiegare smontando le tesi menzognere sul flop di Adrian: Celentano ha avuto, a 81 anni esatti, la forza e la lucidità artistica di creare uno spettacolo di rottura con il paludato orizzonte televisivo italiano che è poi lo specchio del paludato e pericoloso tessuto sociale italiano, tentando la difficile strada dello spettacolo pensante, che rende gli spettatori attivi e non passivi, utilizzando la grammatica di un metalinguaggio che riflette su se stesso e si interroga su cosa voglia dire comunicare, in presenza e in assenza, su quanto purtroppo sia forte l’icona sul logos, e quanto sia povera la società occidentale moderna nutrita di odio, pregiudizio, intolleranza, inciviltà e altri abomini ben rappresentati da una inquietante e ampia fetta di italiani. E le accuse a Celentano, dopo il ritorno della quinta puntata a novembre 2019, dove ha cantato con anima e cuore, dove ha perso il filo del testo come è giusto che sia, duettato con l’energia di un ragazzino, sfoggiando una forma fisica e spirituale inattaccabile, sono la conferma che in Italia, la madre dei fascisti è sempre in cinta.

 

Mauro Fradegradi, venerdì 8 novembre 2019

 

Sitografia in ordine di trattazione:

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/01/22/adriano-celentano-adrian-recensione-flop/40827/

https://www.ilsole24ore.com/art/adrian-l-imbarazzante-cartone-animato-adriano-celentano-fa-6-milioni-spettatori-AErnbhJH

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/22/adrian-di-questo-celentano-francamente-me-ne-infischio/4915230/

https://www.ilmessaggero.it/televisione/adriano_celentano_adrian_programma_polemiche_fischi-4247964.html

https://www.orizzontescuola.it/docenti-italiani-lavorano-poco-i-dati-dicono-altro-primi-in-europa-per-giorni-di-scuola/

https://www.kontrokultura.it/128564/adriano-celentano-ha-preso-in-giro-tutti-la-confessione-in-diretta/

https://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/2019/01/25/news/adrian-naike-rivelli-vendetta-adriano-celentano-rovinato-ornella-muti-claudia-mori-cartoon-1106076/

https://movieplayer.it/news/adrian-la-serie-vittorio-sgarbi-attacca-adriano-celentano_64057/

https://movieplayer.it/news/adrian-la-serie-vittorio-sgarbi-attacca-adriano-celentano_64057/

https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/13423615/adrian-adriano-celentano-pino-farinotti-recensioni-milo-manara.html

https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/13423845/adrian-morgan-adriano-celentano-canale-5-flop-ascolti.html

https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/13424027/adrian-milo-manara-prende-distanze-adriano-celentano-miei-disegni-usati-senza-mia-volonta.html

https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/13424203/adrian-adriano-celentano-sabotaggio-share-lo-faro-altre-sei-puntate-dubbi-mediaset.html

http://www.today.it/media/musica/clan-contro-celentano.html

https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13425109/naike-rivelli-adriano-celentano-adrian-non-mi-piace-lui-uomo-poco-polso-i-lunatici.html

https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/13431886/adrian-michelle-hunziker-adriano-celentano-sempre-assente-battuta-tentato-stupro.html

https://www.ilsussidiario.net/news/rosita-celentano-figlia-di-adriano-adrian-e-immortale-con-mio-padre-si-e-spettatori-attivi/1944245/

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