L’illustre matematico Renato Caccioppoli vaga solingo per i quartieri popolari di Napoli. Sembra istaurarvi un rapporto di tipo emotivo, fatto delle stesse amarezze e delle medesime aspettative rimaste inevase. Quasi carnale, come di chi cerca in quei vicoli brulicanti di disordinata vitalità le risposte alle proprie inquietitudini, nell’intrecciarsi di suoni e voci indistinte quel qualcosa che gli doni la persuasione di poter assorbire il suo malessere interiore nella variegata indeterminatezza cittadina, mischiarlo con un male più grande, che appartenendo a quei luoghi deputati alla custodia di universali meraviglie può emblematicamente appartenere al mondo intero. Si è votato all’indifferenza verso tutto e tutti il professore, la stessa di cui è specularmente vittima la città che gli ha tributato i più alti onori accademici, che ha osannato i suoi prodigi e si è fatta teatro del suo dolore. Sono vittime della stessa forma di apatia ora, abbandonati all’inevitabile declino dopo gli anni belli della gloria universale. Veste trasandato, con un impermeabile sgualcito e i capelli spettinati trasporta il corpo con stanca noncuranza, dimentico del suo prestigio e di quello che si accompagna all’incarnazione della sua indole rivoluzionaria. Cammina, scruta, saluta, osserva ed è osservato, incide su carta gli ultimi lampi del suo genio matematico, strappa pezzettini di manifesti incrostati per consegnare arabeschi ai custodi dell’avvenire, per consegnarsi stanco alla meta, per arrivare in fondo conservando ancora un barlume di tenerezza. Lo sguardo plana sopra le consuete precarietà, si perde nei dedali di una canzone inascoltata, fino a scorgere il mare e la sua insana richiesta di riscatto, fino a riposare gli occhi di fronte al bastione di un’antica nobiltà, con il fumo di sigarette a contare le ore l’alcol a misurare il tempo che manca. Si intrattiene coi pochi affetti che gli sono rimasti, devoto alla loro attenzione e alla sua distratta inazione. Aspetta il professore, deluso da troppe cose, dalla vita, dall'università, dalla politica. Avvinto senza rimedi dal demone del disincanto.
Morte di un matematico napoletano (Mario martone)
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