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La scrittura non è frittura
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Confusionary ramblings of a confusionary mind.

 

Invettiva confusionaria d'una mente in stato d'allerta intellettuale.

Breve pamphlet di stampo ideologico-sintattico-cinefilo gratuitamente distribuito al general volgo.

Prima edizione: 2019

 

I. Delucidazioni in materia di frittura

 

E' difficile intuire razionalmente da dove iniziare la presente discettazione di natura prettamente tecnica (pressappoco). Quel che è auspicabile, comunque si voglia iniziare, è la possibilità dell'accettazione d'una definizione univoca nonché comune di frittura.

Dicesi frittura un miscuglio inarticolato di ingredienti eterogenei che produce egualmente un risultato finale soddisfacente.

Data tale definizione, piuttosto generica, di frittura è ora possibile proseguire introducendo le sue, possibili ma si potrebbe dire persino inevitabili, conseguenze.

Innanzitutto, appare evidente come, nell'ambito sempre della definizione, la frittura possa definirsi piacevolezza alquanto rara e difficile da perseguire. Nella stragrande maggioranza dei casi, dunque, la frittura non può (e non dovrebbe essere) presa né come metro di paragone né come indicazione all'azione (in altri termini, come ispiratrice dell'azione [anche artistica]). Anzi, la frittura dovrebbe, al contrario, esser vista per quel che semplicemente è: una inusuale, ma anche piacevole, eventualità che però solo in se stessa, nel suo ristretto ambito, acquista di senso e può dirsi funzionare. In parole povere: la scrittura, invece, non è frittura.

 

 

II. Delucidazioni in materia di scrittura

 

La scrittura, abbiamo stabilito, è un campo a se stante, indipendente dalla frittura e, per diretta conseguenza, da essa non dovrebbe farsi influenzare. Ma l'indipendenza, com'è noto, non è sempre facile da stabilire e la sudditanza intellettuale troppo facile da mascherarsi. Pertanto, con fin troppa frequenza, la scrittura confonde se stessa per frittura, ingenerando una serie di aneurismi artistici a catena che, alla fine, producono abomini creativi uno in seguito all'altro.

E' necessario, quindi, imporre, con voce sicura e ferma convinzione, un cambio di marcia allo svicolare sempre più manifesto della produzione cinematografica contemporanea, non solo erudendo il gusto delle masse ma anche, allo stesso tempo, erudendo le menti degli sceneggiatori ormai succubi d'un industria del fritto che tutto inghiotte e tutto consuma.

La scrittura non è frittura, mischiando i più svariati "ingredienti" non si ottiene in ogni caso un risultato finale delizioso, ma al contrario un insieme finale mostruoso e deforme; aggiungendo ed aggiungendo all'insieme non si ottiene altro, colpevole, piacere ma solo ed esclusivamente altro, vacuo, fracasso; inanellando esagerazioni, esasperazioni, parossismi a ogni pie' sospinto non si ottiene una pregnante opera di alta sperimentazione, ma un obbrobrio audiovisivo buono soltanto per garantire grassi incassi (e, a volte, neppure quelli); frullando tra loro effetti speciali, grandiose scenografiche, mastodontiche scene d'azione e frastornanti musiche, non si finisce per ottenere una nuova vetta del cinema d'intrattenimento, ma viceversa una nuova vetta del trash a tutto tondo.

No, decisamente, la scrittura non è frittura, ed è ora di rendersene conto.

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