Ieri sera ho avuto l’opportunità di vedere per la prima volta sul grande schermo La voce della luna, ultimo film del regista riminese e dopo aver sentito nominare quel nome tutto il santo giorno, come si chiama il protagonista intrepretato da Begnini? Ancora lui, Salvini! Che l’ex ministro dell’interno abbia dato il via alla crisi su suggerimento del nostro satellite?

Nell’anno in cui si celebra il 50° anniversario dello sbarco sulla Luna, Fellini compie il percorso inverso a quello inaugurato da Méliès portandola sulla Terra.

Rivedendolo mi è parso un film “stanco” a tratti funereo nel quale il maestro settantenne s’interroga sul ruolo dell’uomo nel mondo, un mondo ormai invaso da ristorazione veloce, emittenti private e pubblicità e walk man che rendono già alienati i giovani. In questo senso sembrano anticipare l’odierno ruolo del telefonino. Fellini sembra anticipare anche certi eccessi della disco, risale più o meno a quegli anni, la nascita del Coccoricò la famosa discoteca di Riccione.  

Immancabile ne La voce della luna ritorna il tema del ricordo della famiglia e dell’infanzia.

Memorabile una delle battute finali del film, “Siamo un paese di stronzi” e Fellini sarà pure “un gran bugiardo” ma di certo non uno stronzo. E del resto “un paese di merda” per citare un’altra famosa battuta de I compagni di Monicelli non può che esser abitato da stronzi.

Sulla via del ritorno a casa guardo quella mezza luna con occhi diversi e penso che forse Fellini è stato l’unico in grado di riuscire a rifilare un calcio nel culo a Berlusconi: scusate se è poco…

Dimmi, o luna: a che vale

al pastor la sua vita,

la vostra vita a Voi? dimmi; ove tende

questo vagar mio breve,

il tuo corso immortale?