Quel week end ero andato con la mia ragazza alla casa al mare di un mio carissimo amico, sulla Costa Azzurra. Erano anni che Max, il mio amico, mi invitava, ma, per un motivo o per l’altro, non eravamo mai riusciti ad organizzare. Sapevo che eravamo a due passi da Cannes, ma, al momento in cui avevamo deciso di fare il week end, non avevo considerato che proprio in quei giorni ci sarebbe stato il Festival. Sapevo inoltre che Max, per sue ragioni personali, non amava molto Cannes. Eppure pensavo: non posso perdere questa occasione, devo per forza andarci, devo respirare l’atmosfera da Festival, chissà quando mi ricapiterà un’altra volta. Lo “obbligherò” ad accompagnarmi: saremmo infatti andati con una sola macchina ed i mezzi di collegamento tra il paesino in cui avremmo alloggiato e la Croisette erano improponibili.
Prima di partire consulto il sito del Festival. Quasi prendo un infarto. Il sabato sera in cui noi saremmo stati in Costa Azzurra era prevista la presentazione di “Femme fatale”, aggiunto all’ultimo momento al programma ufficiale (il film in Francia era già uscito da un paio di settimane). Già pregustavo il momento con l’ingenuità e l’entusiasmo tipici di chi pensa di poter incontrare un suo mito cinematografico. Avrei infatti potuto vedere da vicino Brian De Palma e magari avrei pure potuto chiedergli un autografo.
Ovvio che di fronte a questa notizia Max non aveva alternative: ben consapevole della mia malattia depalmiana ma a sua volta incuriosito dalla possibilità di andare ad un festival, non ha fatto la minima opposizione, tanto più che anche le rispettive ragazze erano alquanto intrigate.
Quel sabato sera, arrivati a Cannes, ci siamo ritrovati in mezzo a una miriade di cartelloni pubblicitari di film, a dimensioni gigantesche, a tappezzare hotels e strade. Mentre le ragazze si perdevano a vedere le vetrine di negozi chic, io mi perdevo tra le molteplici locandine, leggendo avidamente anche l’informazione più inutile e superflua. Sembravo in un paese delle meraviglie, ovunque intorno a me parlava di cinema.
Ero fortemente catturato da quell’atmosfera ma non al punto di dimenticarmi... l’Appuntamento.
L’orologio era tenuto costantemente sotto controllo, i miei compagni di avventura ripetutamente allertati (so essere particolarmente noioso in queste circostanze).
Alle 22,30 siamo nei pressi della mitica Montèe des marches dove già diversa gente è accalcata. Sinceramente mi aspettavo di più, è la prima cosa che considero.
Con una certa furbizia mi intrufolo tra la folla. Le mie mani sono gelide e sudaticce (come farò a stringergli la mano in questo modo, penso), l’apprensione è forte, sembro un bimbo tutto eccitato che aspetta con ansia e trepidazione di aprire i regali di Natale. Neanche all’esame di diritto penale ero così teso ed impaziente.
Ad un certo punto, attraverso gli altoparlanti, si sente la musica del Bolero di Ravel, riarrangiata magneticamente da Sakamoto: la sensazione è magica, l’attesa fremente, l’atmosfera sempre più indescrivibile ed elettrizzante. Mi sembra quasi di avvertire intorno a me la cinepresa avvolgente di De Palma con i suoi movimenti acrobatici e sensuali.
Lo speaker sta per annunciare l’arrivo dei divi, dietro di me la gente spinge e spintona, i fotografi si agitano, sistemano le loro macchine per non fallire il minimo scatto, di colpo si accalcano e partono i primi flash...
Non riesco a vedere nulla, si crea solo una gran confusione, quei maledetti giornalisti coprono tutto, ora sembrano andare via. Inizio ad innervosirmi, non può succedere questo, devono salire la scalinata rossa, non possono che entrare da lì, passare davanti a me.
Intorno mi accorgo che si è creato improvvisamente il vuoto.
Tutto si fa sfumato, lontano, incomprensibile, come un sogno.
Di colpo sento la sveglia.
L’attesa è finita: torno alla realtà.
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