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Cannes fino a qui: day 4-6
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Riprendiamo da dove ci eravamo fermati: sono passati altre tre giorni - venerdì, sabato e domenica - e il concorso ha sfoderato altri 6 titoli.

Tra quelli presentati venerdì al Grand Théâtre Lumiere ce n‘è uno che è assai facile riassumere, visto che è nelle sale italiane dallo stesso giorno e in parecchi lo hanno visto già. Si tratta - come avrete capito - di Dolor y Gloria, ultima regia di Pedro Almodovar, con Antonio Banderas e Penelope Cruz. 

Crepuscolare, introspettivo, autobiografico e molto metacinematografico, il film nelle intenzioni dell’autore chiude la trilogia ideale iniziata molto tempo fa con La legge del desiderio e proseguita in anni più recenti con La mala educación. Il suo compimento è questa vicenda in cui un regista in declino - qui interpretato da Banderas - ripercorre il suo passato: gli amori, la madre, gli anni Settanta e poi quelli del successo e della “movida”, gli Ottanta. Compreso tra le polarità del desiderio e della libertà, nostalgico e sentimentale, il film ha avuto una buona accoglienza: qualcuno già dice che un premio ci potrebbe scappare e altri hanno anche additato la prova di Banderas, cui il regista ha chiesto di provare a tornare quello che era agli esordi, dimenticando il suo periodo americano e d’azione (qualcuno potrebbe dire la sua deriva), e lavorando per sottrazione. Tra le altre cose il film, terzo al botteghino italiano, è già il film di Almodovar che ha incassato di più nel suo weekend d’esordio. 

 

Dolor y gloria (2019): Trailer ufficiale italiano

 

L’altro titolo di venerdì era Little Joe, della regista austriaca Jessica Hausner, che qualcuno ricorderà per Lourdes, passato per il concorso di Venezia del 2009 e poi approdato anche nelle nostre sale. La Hausner (classe 1972) ha prodotto un film estraniante, “una distopia asettica come un laboratorio sterilizzato, tutta linee geometriche e colori pastello a tinta unita su pareti e oggetti. Una musica di fiati insidiosi e di percussioni improvvise, che destano dai vari traumatici silenzi in cui la suspense ha intenzione di trionfare” come si legge nella recensione di EightAndHalf, che non promuove il film senza però affossarlo. 

Con toni hitchockiani che strizzano però l'occhio anche alla nouvelle vague greca e a Lanthimos, racconta di una pianta prodotta in laboratorio da una ricercatrice che la battezza Little Joe, prendendo spunto dal nome del figlioletto. Chi però entra in contatto con la nuova specie subisce un cambiamento - si ipotizza che sia l'inalazione del polline a causarlo. Non si tratta tuttavia di una mutazione horroifica o zombieggiante: è una trasformazione del carattere, Chi era noto non sembra più esserlo, i legami si fanno incerti, le personalità si trasformano e con esse le relazioni. È naturale che tutto ciò sia foriero di grande ansia e, soprattutto, di molte riflessioni. 

 

Emily Beecham

Little Joe (2019): Emily Beecham

 

Venerdì ampia attenzione (anche dai media) è stata data alla proiezione fuori concorso di due episodi di Too Old To Die Young, la serie tv firmata da Nicolas Winding Refn prodotta da Amazon che sarà distribuita sulla piattaforma di streaming Amazon Video a partire dal 14 giugno 2019. Avremo modo magari di parlarne più ampiamente altrove. Del resto. il giorno prima la proiezione fuori concorso di Rocketman, il biopic su Sir Elton John, ha fatto parlare di sé - grazie anche all'arrivo sulla Croisette della pop star - molto più di tutti i film in concorso messi assieme...

 

scena

Wild Goose Lake (2019): scena

 

Sabato è stata la volta di altri due titoli: Wild Goose Lake, del cinese Diao Yi'nan, e The Whistlers, del rumeno Corneliu Porumboiu. Il primo è un noir: nelle parole del regista il genere migliore per indagagare i problemi della società cinese. La storia è lineare: due personaggi in fuga - un gangster e una prostituta si incontrano e uniscono i loro destini. Entrambi fuggono dalle loro vite, entrambi aspirano ad altro: una redenzione, la libertà. Intorno a loro una Cina urbana, rumorosa, sporca e bagnata, fa da sfondo a un intreccio fatto di molti silenzi.

È un film di genere anche quello del regista rumeno (la cui opera sin qui più riuscita è stata probabilmente il suo film d'esordio, la commedia A Est di Bucarest). Si tratta di un thriller incentrato sulla figura di un poliziotto corrotto che gioca sporco in un mondo ancor più sporco di lui. Una pellicola che sembra non essere piaciuta un granché al nostro primo recensore... "Il film ha in effetti pochissimo da dire: regia anonima, soggetto poco affascinante che arranca per un'ora e mezza e un protagonista che tenta di diventare in qualche modo iconico senza riuscirci mai, volendo risultare ridicolo per un motivo e risultandolo per un altro, imprevisto. Benché la trama risulti imprevedibile, e Porumboiu sappia gestire qualche tempo comico qui e lì, di rado ci ritroviamo coinvolti in una narrazione singhiozzante e moscia, incapace di conciliare le parti - leggasi i generi, commedia e action - e incapace di divertire quando gli eventi si fanno più concitati e il sangue anche più abbondante." (recensione di EightAnd Half).

 

Portrait of a Lady on Fire (2019): Clip 1 Originale - Cannes 2019

 

Ultima giornata qui presa in esame è domenica 19 maggio. Ieri sono andati in scena due titoli drammatici: Portrait of a Lady on Fire, di Celine Sciamma e A Hidden Life, di Terrence Malick. 

Il film della regista francese, proiettata sulla scena internazionale grazie al buon successo di Tomboy (2011), è in costume: ambientato nella Bretagna della fine del '700, racconta di una relazione tra due donne che, come dicono i cinesi, non è una pentola d'acqua bollente messa su un suo fuoco spento, ma il suo contrario: acqua fredda messa a scaldare su un fuoco vivo e destinata all'ebollizione. Fedele alla linea sin qui tenuta - raccontare l'universo dell'omosessualità femminile - la Sciamma scrittura accanto alla sua ex-compagna Adèle Haenel (già protagonista del suo primo film) e a Noémie Merlant, anche la nostra Valeria Golino. 

Rinuncia invece ai cast faraonici cui ci aveva abituati negli ultimi tempi Terrence Malick, ma non alla qualità: tra i film in concorso sul nostro sito, insieme a Dolor y Gloria (che però come dicevamo è già passato per le sale e conta su valore statistico più ampio) è quello che ha il punteggio più alto. La storia che racconta è tutta europea: quella, vera, di un contadino austriaco obiettore di coscienza che rifiutò la chiamata alle armi dell'esercito nazista e fu per questo giustiziato. Un film quindi che torna a parlare della Storia collettiva, come già fu in La sottile linea rossa

 

Valerie Pachner, August Diehl

A Hidden Life (2019): Valerie Pachner, August Diehl

 

Nonostante le ultime prove del regista americano non siano state molto apprezzate, questa sembra aver centrato il segno anche rinunciando a una certa complessità stutturale senza abdicare al respiro ampio e alla potenza delle immagini che hanno fatto la fortuna di Malick, oltre a quella particolare modalità dell'incedere narrativo del regista americano che, per usare le belle parole presenti in questa recensione, sembra "fatto della costante sensazione di percepire cose e situazioni come se fossero argomento di una preghiera sussurrata."

 

 

Siamo così arrivati a 11 film: un titolo oltre la metà dei 21 di cui si compone questo concorso. Oggi è il giorno dei Dardenne, con Il giovane Ahmed, e di Frankie, di Ira Sachs, mentre domani arriveranno l'ovviamente molto atteso lavoro di Tarantino e Parasite del coreano Joon-ho Bong. La sensazione (o forse la speranza) è che le cartucce migliori di un concorso che sin qui non ha mostrato molti momenti di stupore debbano ancora essere sparate...

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