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OLTRECONFINE: SPECIALE CANNES 72 - La Carrosse d'Or a JOHN CARPENTER.
di alan smithee ultimo aggiornamento
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"Sono sempre stato l'anti-Spielberg." La Cosa" (1982) uscì al cinema lo stesso anno di ET. Spielberg ricercava di unire la famiglia con buoni sentimenti. Io, al contrario, ho sempre cercato di terrorizzarla, la famiglia".

Arriva tutto vestito di nero, stempiato ma con il solito codino argentato con cui raccoglie quel che rimane della propria capigliatura, vezzo opportuno seppur non indispensabile, che fa molto personaggio. Avanza un po' frastornato, tra il corridoio di poltrone del Palais Croisette gremito, con un passo che tradisce una certa incertezza e ci fa pensare a quanto si è parlato circa le sue controverse condizioni di salute.

Ma poi si riprende e raggiunge il palco con una falcata sicura, sguardo fiero e deciso che taglia l'orizzonte, e tradisce una certa soddisfazione di essere tra qualche migliaio di persone che lo adorano e lo considerano una leggenda.

Ritira il premio "La Carrosse d'or", citazione da Renoir e premio che la sezione indipendente della Quinzaine dal 2002 assegna ad un nome di cinema per premiarlo delle qualità innovatrici del suo cinema, per la sua audacia e la sua indipendenza. Tutti aggettivi che si addicono molto a Carpenter.

Giunto sul palco, da uomo "che non deve chiedere", fa in modo che i fari accecanti puntati sul suo volto vengano spostati verso altre direzioni.

Ogni desiderio è un ordine per il re dell'horror, lo specialista del sentimento della paura, che ha sempre considerato nella sua purezza come uno delle sensazioni umane più genuine e meritevoli di trattazione, di "svisceramento".... appunto... Fisico asciutto che tuttavia tradisce un certo evidente gonfiore di ventre, forse un frutto di una passione speciale per qualche distillato o prodotto a discreto contenuto alcolico, John dopo i primi convenevoli spiazza i due giovani intervistatori un po' intimiditi, ma certo preparati, della Quinzaine, dicendo loro di non perdere tempo con domande noiose, anche per non tediare il suo pubblico. Scroscio di applausi.

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E gli piace parlare invece, lo notiamo dal ghigno che gli si forma in viso, della sua scelta di portare al festival il suo primo vero film prodotto con larghezza di mezzi da uno studios. La Cosa, appunto. Gli piace ricordare quanto questo suo film fu incompreso, criticato, denigrato. E portarlo ora al festival che intende onorarlo ed incensarlo, gli pare l'atteggiamento più consono al proprio carattere insofferente e schietto, da sempre poco avvezzo al compromesso e ai facili accomodamenti.

Parla di Halloween, del successo incredibile che il film maturò con gli anni, non certo nell'immediato.

Parla della necessità per un regista di detenere il final cut, circostanza forse scontata in terra di Francia, molto meno oltreoceano, presso le majors da cui continuò a fuggire (e poi tornare) per tutta la sua carriera.

Parla pure di due italiani illustri: dell'invidia che provò nei confronti dell'amico Dario Argento quando vide quel folle guazzabuglio meraviglioso che è Inferno, invidiandone la libertà di licenza narrativa, di cui egli non ha mai potuto godere a quei livelli (ma forse, aggiungo io, nel suo capolavoro Il seme del male, una buona rivincita il nostro Carpenter se l'è presa).

E parla del maestro Morricone, che ha musicato La Cosa con una musica che pare davvero quella composta da Carpenter negli altri suoi gioielli. 

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"Con Morricone non ci capivano come lingua, e ci parlammo attraverso la musica, attuando in tal modo una simbiosi perfetta"  

Più lo ascoltiamo, più ci tornano i conti: ci rendiamo conto di quanto sia intransigente e orgoglioso il nostro splendido cineasta, anche quando confessa che, pur tenendosi piuttosto aggiornato con le nuove uscite cinematografiche, soprattutto in materia di horror, egli non frequenti una sala cinematografica da anni, per timore che il suo carattere burbero gli faccia commettere azioni sconsiderate ai danni di chi disturba la visione, ad esempio attraverso utilizzi molesti di cellulari, e con rumori di cibo consumato durante lo spettacolo.

"In America funziona cosi. Anche da voi esiste questo malcostume?" - domanda il maestro, trovando una risposta puntuale nelle espressioni di conferma del pubblico in sala.

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La proiezione sullo schermo generoso e in dolby stereo del teatro Croisette, del gran fanta-horror La Cosa, costituisce un ulteriore regalo al pubblico prima che la presenza del regista infiammi totalmente la sala.

Chi, come me, non lo vedeva da oltre un trentennio, ha provato nuovamente i brividi della prima visione giovanile, soprattutto quando i terrificanti effetti meccanici che all'epoca iniziavano ad approdare al cinema e qui descrivono la complessa caratteristica del mostro alieno mutante e facilmente adattabile ai differenti contesti, si mettono in azione per tracciare uno dei più inquietanti e sin eccessivi ritratti di malvagità ed aggressività mai rappresentati, in cui l'efferatezza riesce ad andare a braccetto con una ironia che si spinge fino a valicare i confini di una comicità nera e scorretta, di fatto irresistibile.

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Grazie di esserci stato in questi ultimi quarant'anni, maestro John! Ci rincuori quando dici di voler tornare a dirigere, ma ci rattristi quando tagli corto dicendo di non avere ancora uno script come si deve pronto per tornare in pista come senz'altro meriti. 

Noi ti troviamo in gran forma, e per questo aspettiamo, fiduciosi di ritrovarti impegnato a dirigere altri capitoli della tua opera unica e preziosa.

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