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I viaggiatori della Serotonina
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Parto per Fuerteventura e Lanzarote, dopo aver riempito con quattro stracci una nuova borsa regalatami dalle mie due figlie in occasione del mio recente 53mo compleanno, con Serotonina, il nuovo libro di Michel Houellebecq, sotto il braccio e due film visti recentemente e molto amati ambientati a Lanzarote negli occhi. Neanche il tempo di decollare e sono già immerso nella scrittura di Houellebecq, ed è subito come ritrovare quel tipo di conoscente che dice sempre quel che pensa anche a costo di risultare antipatico, anzi nella speranza di risultare antipatico per metterti alla prova e verificare fin da subito la tua resistenza allo smantellamento progressivo dei luoghi comuni buonisti o progressisti. Alzo gli occhi dal libro giusto per verificare che sto atterrando a Fuerteventura e con un terzo di romanzo già stampato nel cranio. Grazie Michel per avermi fin da subito deliziato e proiettato nel tuo abituale cocktail micidiale di disillusione, depressione, vecchiaia, sesso e senso di morte. Fortunatamente non hai smarrito il tuo laconico senso dell'umorismo grazie al quale riesci a rendere sopportabile anche la più feroce misantropia.

Guido sulla superficie arida e desertica di Fuerteventura - lasciando le strade asfaltate per quelle meno battute che spesso finiscono nel nulla o diventano improvvisamente impraticabili - alla ricerca di uno squarcio di mare ignorato dal turismo di massa, di un paesino dimenticato, di un rudere mezzo seppellito dalla sabbia e passato sotto il trattamento di un graffitaro particolarmente ispirato, ma neanche il costante vento a 100 chilometri all'ora riesce a scollarmi dalla pelle Florent, evidente alter ego dello scrittore, che a soli 46 anni si considera già vecchio e finito. Le disillusioni collezionate, la pressione di modelli di riferimento irraggiungibili, la sensazione costante di avere tradito i propri ideali, lo hanno gettato in una depressione senza via di uscita che tiene sotto controllo grazie ad un farmaco che incentiva la produzione di serotonina ma che purtroppo inibisce definitivamente la sua sessualità, unica fonte di piacere, per quanto palesemente vacuo e transitorio.

Lascio Fuerteventura con un piccolo traghetto e nel tragitto che mi separa da Lanzarote, torno, dopo una sospensione di tre giorni, alla lettura e ritrovo Houellebecq che dopo aver rievocato per il lettore i fantasmi di Florent (non è il futuro ad ucciderti bensì il passato che torna, ti tormenta, ti scava ed effettivamente finisce per ucciderti) si avvicina a grandi passi al nucleo fondamentale del racconto piazzando uno snodo cruciale in un improbabile bungalow situato sulla costa della Normandia, mettendo le basi per un finale a spirale che si preannuncia tragico e al quale voglio arrivare con lentezza nei prossimi giorni (e che comunque non avrei mai svelato). In Gli abbracci spezzati di Pedro Almodovar, che si svolge per una parte sostanziale a Lanzarote, in un bungalow di Playa Famara, invece, il vecchio Mateo Blanco vive una passione rigenerante con una meravigliosa Penelope Cruz, passione che finirà brutalmente in seguito ad un incidente in una rotonda proprio sotto ad una scultura dell'artista César Manrique intitolata simbolicamente Fobos (paura, in greco). Nei bungalow utopistici e architettonicamente azzardati di La Santa, sempre a Lanzarote, in I viaggiatori della sera, una delle poche regie di Ugo Tognazzi, i coniugi Orso, Ugo Tognazzi, e Niky, Ornella Vanoni, vengono mandati per legge al compimento dei 50 anni, a passare quella che dovrebbe essere la loro ultima vacanza, quella definitiva. Un film ingiustamente dimenticato, che è anche una riflessione distopica e amarissima, per quanto smussata dal potenziale comico di Tognazzi, sulla vecchiaia, sul controllo e sul potere.

Lanzarote con il suo territorio contrastato, con le sue sterminate colate laviche e le bianche case splendenti, con quei terreni assurdamente fertili sebbene marchiati dalla distruzione, con quei sistemi di coltivazione della vite che replicano, in scala, tanti crateri in cui proteggere la crescita della pianta, in una sorta di yin e yang, rappresenta uno scenario perfetto per riinventare il futuro, per rappresentare il passato. Forse perché il tempo, in un luogo che ha subito un'eruzione durata sei anni che ha ricoperto di lava il 25% del territorio, si deve essere fermato e può essere raccontato da un'altra prospettiva.
Per questo Stanley Kubrick ha scelto di ambientare le sequenze iniziali di 2001: odissea nello spazio proprio a Lanzarote, nel parco naturale del Timanfaya, in una sconfinata colata lavica che è rimasta intatta negli ultimi tre secoli, monumento pietrificato alla transitorietà della specie umana e luogo perfetto per mettere le basi della più famosa ellissi della storia del cinema.

L'ultima sera, vagando senza meta proprio ai margini del parco del Timanfaya, ci siamo fermati per prendere un caffè in una Sociedad, un locale in cui i vecchi del paese hanno la possibilità di incontrarsi, bere un rum al miele, giocare a bocce. Dentro c'erano tre o quattro vecchi, uno di loro era seduto su una sedia e fissava il campo da bocce vuoto da dietro ai suoi spessi occhiali, fumando un lungo sigaro canario. Dopo mezz'ora era ancora nella stessa posizione: fumando, imperturbabile, immobile.

Se Lanzarote è stato il luogo perfetto per riflettere sul tempo e sul suo scorrere, per inseguire le location melò di Almodovar, quelle distopiche di Tognazzi, quelle ancestrali di Kubrick e per farsi irretire dalle spirali mortifere di Houellebecq, la frase che più mi ha illuminato e che è riuscita a mettere insieme tutto è stata quella pitturata da un graffitaro su un rudere nascosto alla vista, ai margini di una di quelle strade sterrate di Fuerteventura che tanto mi è piaciuto percorrere: Freedom is not defined by safety.

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