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In Serie (56) : Russian Doll (stag. 1), un Carnevale di Anime.
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Never Ending Night, ovvero: un baco nell'algoritmo sorgente del flusso spaziotemporale: “Russian Doll” (la cui atmosfera è riconducibile, puttosto che a "Groundhog Day" di Harold Ramis, ad alcune diramazioni emozionali in parte assimilabili al losangelino “InTo the Night” di John Landis e al newyorkese “After Hours” di Martin Scorsese) è un “Black Mirror: BanderSnatch” in carne ed ossa, fattosi umano.  

- “Non è un bene o un male. È solo uno sbaglio, come quando un programma continua a bloccarsi. Il crash è solo un sintomo di un bug nel codice. Se l'arresto di sistema è la nostra morte, allora l'errore è lì, e dobbiamo correggerlo.”
- “Ma, se dobbiamo aiutarci a vicenda e non l'abbiamo fatto, come può non essere una questione morale?”
- “Cos'hanno in comune il tempo e la moralità? La relatività. Sono entrambi relativi alla nostra esperienza.”  

Tra working e middle class la macchina da presa, spesso gestita camera a mano, si aggira pedinando (precedendo, aspettando e seguendo) i protagonisti per le avenue e le street di Manhattan alla fine di un inverno newyorkese: uno scenario di sicure solide certezze: mattoni rossi a riscaldare le facciate di seminterrati e piani rialzati, balaustrate scale antincendio esterne in ferro, marciapiedi squadrettati in sanpietrini di porfido 10 cm x 10 cm e lastricati in quadrettoni di cemento 1 mt x 1 mt, e “un pompino in cambio di favori con rabbino incluso”...  

Un twist iniziale (im)portante, ripetuto al fin d'ingenerare il contesto della storia, un grande twist precipitevolissimevolmente binario a metà narrazione, e un grandioso twist sdoppiante verso il termine, che sfocerà in un'immagine finale potente e satoshikoniana, e, in parte, “convergente”, tutto ciò mentre la combriccola di barboni, clochard e homeless organizza, sullo sfondo e dietro le quinte del racconto, una colletta – elemosina, accattonaggio, appropriazione indebita colposa – al fine di organizzare un'epifanica, carnascialesca fiera della benevolenza contro la mostra delle atrocità quotidiane...  

Russian Doll” (8 ep. da ca. 25' l'uno) è anche - e finalmente! - l'One Woman Show di e per Natasha Lyonne (“Orange Is the New Black”, “AntiBirth”), che la crea (con Leslye Headland e Amy Poehler), scrive (oltre che con Headland e Phoeler, con la collaborazione per alcuni episodi, quelli centrali, di Allison Silverman, Cirocco Dunlap, Jocelyn Bioh e Flora Birnbaum) e dirige (oltre che con Headland, ep. 1-2-3-7, con Jamie Babbit, ep. 4-5-6, mentre lei si riserva l'ep. 8, ovvero il finale di stagione).  

Al suo fianco le amiche Greta Lee e Rebecca Henderson. La psicologa e “zia” Elizabeth Ashley (rivista recentemente in “Treme”). Il doppelgänger del destino Alan (Charlie Barnett). L'ex (Yul Vazquez), la botta e via (Jeremy Bobb) e il senzatetto barbiere/parrucchiere Horse (Brendan Sexton III). E ancora: Ritesh Rajan, l'amico di Alan, e Dascha Polanco (OitNB), l'ex di Alan.
Piccole parti, cesellate in corpi filmici esperienziali, per Chloë Sevigny (la madre, in un frammento analeptico dal 1991) e Burt Young (un vicino di casa di Alan), ambedue indimenticabili.  

Fotografia di Chris Teague. Montaggio di Todd Downing e Laura Weinberg. Musiche di Joe Wong.

* * * ¾ (****)       

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