Domani esce in contemporanea in 190 paesi del mondo un film italiano. Non è la prima volta che succede ed è una cosa che accadrà sempre più spesso come conseguenza dello sviluppo di un paio di piattaforme streaming (Netflix e Prime Video) che da semplici distributori hanno definitivamente compiuto il passaggio a produttori. A differenza di come ha sempre funzionato l'industria dell'audiovisivo nel mondo, il fatto che a produrre film siano società che propongono prodotti da consumare in streaming invece che nelle sale cinematografiche, implica che i prodotti siano resi disponibili su tutti i mercati in cui queste industrie sono presenti, contemporaneamente. Nel caso di Netflix i paesi sono 190 e quindi le produzioni esclusive di Netflix finiscono in pasto agli abbonati di tutto il mondo, Cina, Corea del Nord e Siria esclusi. Come i più attenti di voi ricorderanno, la stessa cosa accadde, a maggio di quest'anno con Rimetti a noi i nostri debiti (Giallini e Santamaria), a settembre con Sulla mia pelle, film sul caso Cucchi che uscì in contemporanea anche in un piccolo numero di sale oltre che ovviamente su Netflix. Ma in quei casi la storia era diversa, i film esistevano già, prodotti con soldi diversi da quelli di Netflix. Oggi/domani invece esce un film che è stato prodotto per esplicita volontà da Netflix e si tratta di... Natale a 5 stelle, regia di Marco Risi, sceneggiatura di Enrico Vanzina (con la mano di Carlo fino quando è stato in vita).
A leggere in giro un po' di storia su questa produzione sembra che a dissuadere i distributori tradizionali italiani abbia inciso soprattutto il fatto che si tratti di un cinepanettone marcatamente politico e contemporaneo. La figura del premier, per dire, è ricalcata esattamente su quella di Giuseppe Conte, le figure di contorno sembrano prese direttamente dall'attualità politica dei giorni nostri, i riferimenti all'Italia gialloverde si sprecano. Insomma, pare che nessuno lo volesse questo cinepanettone, tratto da una pièce teatrale inglese, e quindi Netflix, dando ascolto alla sua anima più commerciale, se lo è accaparrato. E adesso lo spara nel mondo. Ne sono contrariato. Prima di tutto mi chiedo perché con tutti i giovani autori italiani che soffrono di mancanza di visibilità, cioè lavoro, Netflix abbia deciso di produrre direttamente proprio un film di questo tipo, legato ad un concetto che sembrava agonizzare da anni e che pareva deceduto nel 2017 con la ignobile operazione De Laurentis del super mashup (Super vacanze di Natale). In seconda battuta sono contrariato anche perché i soldi di Netflix sono principalmente quelli dei suoi abbonati e di conseguenza le produzioni alle quali vengono destinati finiscono per determinare il mio livello di adesione in qualità di abbonato. Lo so che il prodotto non è stato realizzato pensando esattamente al tipo di spettatore che sono e che non sono questi i prodotti sui quali devo basare il mio grado di fedeltà alla visione di Netflix, eppure l'osservazione non mi basta per evitare di fare un paio di conti, per quanto azzardati ed ipotetici: un lungometraggio come Natale a 5 stelle non sarà costato meno di 5/6 milioni di euro, gli abbonati italiani a Netflix dovrebbero essere circa 1.000.000, a 13 euro ciascuno fanno 13 milioni di euro. Quindi, in sostanza, quasi la metà dei soldi ricavati dagli abbonamenti italiani di un intero mese sono stati utilizzati per produrre il film. E questo è un pensiero che, pur preso con tutte le cautele necessarie, non mi rilascia alcuna sensazione positiva.
Se aggiungiamo al piatto anche la recente uscita (30 novembre) della serie tv Baby - incentrata sulla vicenda di cronaca delle giovanissime squillo dei Parioli che, sebbene abbia ricevuto parecchie lodi per l'accurata regia di Andrea De Sica (I figli della notte), ha alla fine deluso molto le aspettative di chi si aspettava qualcosa di realmente innovativo sul fronte delle inquietudini adolescenziali - il fatto che i prodotti audiovisivi italiani prodotti direttamente da Netflix vengano visti in 190 paesi diventa poco gratificante. Se non frustrante. Guardo a Netflix e a Prime Video non solo in funzione del mio status di spettatore, ma anche in funzione del ruolo che possono svolgere nello sviluppo di un'industria che cerca di svincolarsi dalle difficoltà della distribuzione in sala e dalle pastoie delle raccomandazioni televisive. Entusiasmato dalla lettura del libro "Bokack Horseman - Tutto quello che avreste sempre voluto sapere" in cui viene raccontato nei dettagli tutto il processo creativo prima e produttivo poi che ha portato due completi outsider (Lisa Hanawalt e Raphael Bob-Waksberg) a realizzare il progetto della vita proprio grazie a Netflix, penso a tutti gli outsider italiani lì fuori e vorrei che sapessero che i soldi del mio abbonamento sono con loro, con i loro utopistici progetti nel cassetto. Se Lisa e Raphael sono riusciti a realizzare l'idea di un uomo-cavallo parlante alcolizzato e depresso, beh, insomma, forse Natale a 5 stelle e Baby rappresentano solo una parte della missione industriale di Netflix nel nostro paese, quella più popolare e in un certo senso economicamente sicura, di certo non l'unica. E se volete farvi un vero regalo di Natale (molto poco italiano), cominciate dal libro sulla creazione di Bojack. Forza, aprite quei cassetti e mettetevi in movimento, av(r)ete molto da fare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta