«Imparammo abbastanza presto che nel nostro giro eravamo gli unici ad apprezzare, per esempio, i classici del cinema europeo.
Perché ci piacevano? E' difficile dirlo...Perché erano strambi e spesso violenti, come noi.
E talvolta confusi e apparentemente senza senso, come la vita. Insomma, tale era la passione che diventammo cineasti anche noi.
L'idea era ispirarci ai film che ci erano piaciuti, facendo la parodia dei titoli e poi girare delle storie coerenti con i nuovi titoli.
Erano venute fuori delle cagate pazzesche, ma per qualche strana ragione continuavamo...»
Parola di Greg Gaines, alias Thomas Mann, il protagonista di «Me and Earl and the diyng girl», un film che adoro e che fu proiettato al Torino Film Festival del 2015. In quel film (qui recensione di diomede917 e qui recensione di tex61) i due amici, anzi «colleghi», Greg e Earl si divertivano a rifare a modo loro i grandi classici del cinema mondiale e tra i tanti grandi autori omaggiati, apparivano in più scene anche Michael Powell e Emeric Pressburger, con la loro inconfondibile sigla fatta di frecce scagliate su un bersaglio. Come a ribadire, casomai ce ne fosse ancora bisogno, l’importanza del cinema tutto, anche del passato, soprattutto per le nuove generazioni.
Tre fotogrammi da "Me and Earl and the dying girl" che omaggiano Powell e Pressburger
Tre anni dopo, il 36° Torino Film Festival mette al proprio centro i due “archers”, dedicando la retrospettiva principale (assieme all'altra su Jean Eustache) alla "strana coppia" di cineasti, due grandi della settima arte mai troppo conosciuti o celebrati anche se autori di film eccezionali: regista inglese uno e sceneggiatore ungherese l'altro, che firmavano le loro opere col nome di entrambi (e ringrazio l'amico spopola per aver speso accorate parole su di loro, facendomeli conoscere anni fa). Sarà una ghiotta occasione per riscoprire sul grande schermo tanti loro capolavori, a partire dal loro esordio insieme «Duello a Berlino», lasciarsi stregare dalle fantastiche atmosfere di «A matter of life and death», farsi ammaliare dalle suore di un torbido e infuocato mélo come «Black Narcissus», (ri)vedere un cult maledetto qual è «Peeping Tom» firmato dal solo Powell, volteggiare con uno dei loro film più celebri come «The red shoes», volare con la fantasia con una delle più belle fiabe avventurose di ogni tempo con «The thief of Baghdad» (la loro è la più nota delle varie versioni cinematografiche) e tantissimi altri della loro lunga e fortunata carriera.
Anche di Jean Eustache, regista francese prematuramente scomparso a 43 anni, verranno proposte tutte le opere, dai suoi titoli più noti «La maman et la putain» e «Mes petites amoreuses» ai suoi corti e mediometraggi e il Gran Premio Torino verrà assegnato al mitico Jean-Pierre Léaud, attore che oltre che con Eustache lavorò per altri grandissimi nomi come Truffaut , Godard, Rivette, Skolimowski, Tsai Ming-liang, Bertolucci e più recentemente con Assayas, Bonello e Kaurismaki.
Sono tante le frecce all'arco del TFF, che omaggia il passato pur restando attento a un cinema del presente e dei giovani autori che ci proietta verso il futuro: nella sezione competitiva più importante, Torino 36 (qui il programma completo dei film in gara), si contenderanno il primo premio opere prime, seconde o terze provenienti da Polonia, Austria, Lussemburgo, Germania, Francia, Belgio, Grecia, Italia, Ungheria, Danimarca, Islanda, Brasile, Filippine, Stati Uniti, Canada. A rappresentare l'Italia l'esordio dietro la macchina da presa di Valerio Mastandrea con «Ride», mentre i film fuori concorso di apertura e chiusura del festival sono: «The front runner» di Jason Reitman, sullo scandalo sessuale che colpì il candidato alle presidenziali USA nel 1987, Gary Hart. Nel cast Hugh Jackman, Vera Farmiga, J.K. Simmons e Alfred Molina; «Santiago, Italia» di Nanni Moretti, documentario che, partendo dal colpo di stato del Generale Pinochet nel 1973 in Cile per rovesciare il governo di Salvador Allende, ci racconta quei drammatici giorni attraverso l'operato dell'ambasciata italiana, che accolse e aiutò tantissime persone destinate a finire imprigionate o a sparire per sempre.
La giuria che decreterà il vincitore è presieduta dal regista cinese Jia Zhangke ("Still Life", "Il tocco del peccato", "Al di là delle montagne") che presenterà in anteprima il suo nuovo film, "Ash is purest white", sontuoso affresco storico che racconta la Cina degli ultimi vent'anni attraverso le vicende di una indomita protagonista, interpretata dalla musa e moglie del regista, Zhao Tao.
La sezione «Festa Mobile» è la più corposa e varia e presenta oltre 40 film, tra cui molti in anteprima italiana o internazionale, suddivisi tra quella principale e varie altre sottosezioni che comprendono anche i film prodotti da TorinoFilmLab e una giornata dedicata al ricordo di Ermanno Olmi attraverso una serie di suoi corti e mediometraggi e il lungo «Il mestiere delle armi». Essendo qui impossibile stilarne l'elenco completo (per quello vi rimando al link in fondo al post) ne elenco giusto alcuni: oltre al già citato film del presidente di giuria sempre dall’oriente abbiamo “First Night Nerves” di Stanley Kwan, melodramma che narra le vicissitudini di una compagnia teatrale che sta mettendo in scena uno spettacolo; “Colette” di Wash Westmoreland con Keira Knightley, sulla vita della ribelle e anticonformista artista e scrittrice che scandalizzò la Francia dei primi del novecento; “The man who stole Banksy”, di Marco Proserpio, ricostruzione dei motivi alla base del furto di un’opera del misterioso artista e writer inglese da un muro palestinese; “Juliet, naked” di Jesse Peretz, commedia con un cantante scomparso a far da sfondo alla storia di vita di una coppia in crisi, tratto dal romanzo di Nick Hornby “Tutta un’altra musica”; il nuovo film corale di Ben Wheatley ambientato durante l’ultimo giorno dell’anno, “Happy New Year, Colin Burstead"; il restauro di un bel film tra i meno conosciuti di Ettore Scola, “Trevico – Torino”, sul viaggio di un emigrante campano alla ricerca di un lavoro alla FIAT nella Torino dei primi anni ’70.
Una delle sezioni più amate dagli spettatori del TFF è «After Hours»: qui vi si ritrovano spesso stuzzicanti film di genere, che spaziano dalla commedia, al thriller, al fantastico e all'horror (al suo interno anche un omaggio al regista iberico Amando De Ossorio, con la sua serie di film dedicata ai «resuscitati ciechi»). Due dei titoli di questa sezione, assieme a uno della retrospettiva su Powell e Pressburger (introdotti alle 21,30 da «Mandy», di Panos Cosmatos con uno scatenato Nicolas Cage, definito «sorprendente e sanguinoso: uno dei film dell'anno.» Vedremo...), formano il trittico della sempre molto attesa Notte Horror, quest'anno intitolata Maniac! A partire dalla mezzanotte e fino all'alba o quasi e al costo di un solo biglietto verranno proiettati in sequenza «Incident in a Ghostland», nuovo film di Pascal Laugier (regista del controverso, discusso e disturbante «Martyrs»), «Peeping Tom» di Michael Powell, «Piercing» di Nicolas Pesce, tratto da un romanzo di Ryu Murakami. Paura, eh?
In totale la sezione comprende 18 titoli, ve ne segnalo alcuni dei più curiosi: il fantascientifico "High Life" di Claire Denis; "Heavy Trip", surreale commedia su una band (gli «Impaled Rectum») che suona il symphonic post-apocalyptic reindeer-grinding Christ-abusing extreme war pagan fenno-scandinavian metal; il nuovo poliziesco metropolitano di Brillante Mendoza «Alpha, the right to kill» ambientato tra i narcotrafficanti di Manila; «Catharsys or the Afina tales of the lost world» esordio di un regista italo-marocchino che narra un'apocalittica e orwelliana storia ambientata tra il deserto del Marocco e il Friuli; «L'ultima notte» di Francesco Barozzi, che partendo da un fatto di cronaca nera «costruisce una storia malsana che guarda agli horror padani di Avati».
E proprio Pupi Avati è il guest director di quest'anno. Il grande regista emiliano, al pari dei suoi predecessori degli anni passati, cura una sua piccola e personale rassegna, "Unforgettables", dedicata a uno dei suoi grandi amori oltre al cinema: la musica. In particolare quella jazz, ma non solo, di cui ha scelto quattro titoli classici di altri autori: "The Glenn Miller Story", "The Benny Goodman Story", "Bird", "Thirty two short films about Glenn Gould", a cui il direttore del festival Emanuela Martini ha aggiunto il suo "Bix".
Completano il festival varie altre sezioni dedicate ai corti italiani, "TFFDoc" sui documentari, la più autoriale "Onde" e una serie di eventi collaterali come il premio a Matteo Garrone e una serata in ricordo del produttore musicale torinese scomparso qualche anno fa Carlo U. Rossi, con un premio a lui intitolato e presentata da Rocco Papaleo che vedrà salire sul palcoscenico del conservatorio Giuseppe Verdi artisti come Paola Turci, Caparezza, Subsonica, Africa Unite, Statuto, Baustelle, Giuliano Palma.
Un evento che si riallaccia idealmente all'imperdibile mostra al Museo Nazionale del Cinema (visitabile fino a gennaio 2019) "Sound Frames" sull'indissolubile rapporto tra cinema e musica. Insomma, il sempre ricco e vario cartellone del Torino Film Festival (qui il link al sito ufficiale dove troverete tutto) offre un ventaglio di proposte in grado di soddisfare chiunque, dal semplice spettatore al cinefilo più incallito, coraggioso o folle, basti pensare alla fluviale proiezione di La Flor, film della durata di quasi 14 ore, spalmato in più parti durante tutto il festival. Tra le sue tante nascoste e interessanti pieghe saprà sorprendere i suoi spettatori centrando il bersaglio? Andiamo a scoprirlo!
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