Stan, l’Uomo, Lee è deceduto il 12 novembre a Los Angeles.
Aveva 95 anni. Per tutti, era il creatore marvelliano dell’Uomo Ragno.
Per me, che la prima volta che m’imbattei in questo nome avevo sei anni, era solo uno sceneggiatore, che si occupava di fumetti.
Oggi è difficile dare per davvero una definizione di Stan Lee: i tempi araldici della Marvel in quanto Casa editrice specializzata in storie a strisce sono lontanissimi; negli ultimi venticinque anni, infatti, il suo ruolo era ormai quello di produttore, a tutti gli effetti.
Nei primi anni ’70, in Italia, il mercato del fumetto si reggeva sostanzialmente su tre pilastri: la casa editrice “Astorina”, cui faceva riferimento “Diabolik”, il criminale creato dalle sorelle Giussani; il “Corriere dei Piccoli”, edito da Rizzoli; infine, ma bisogna dire soprattutto,la “Bonelli” (che ebbe, tra gli altri, anche le denominazioni di "Araldica" e "Cepim"), che spopolava, con “Tex” ,oltre a rinverdire i fasti di “Capitan Miki” e “Il grande Blek Macigno”, con le pubblicazioni del “Comandante Mark” e di “Zagor”. C’erano, in verità, pure le riviste specializzate in strisce pornografiche con tanti nomi femminili che servivano per solleticare gli appetiti maschili, ma erano, ovviamente, destinate ad un limbo circoscritto di soli uomini e non ragazzini o adolescenti. All’epoca, infatti, gli stessi giornalai esercitavano una sorta di controllo su chi acquistasse le riviste.
Nel maggio del 1970, mi fu consegnato tra le mani questo albo, il quarto di una serie destinata a durare diversi anni, ed a contrastare la popolarità dei fumetti nostrani: “L’uomo ragno”, che affrontava “L’uomo sabbia”. La pagina era riempita a dismisura di baloon - che in italiano avremmo poi chiamato con un diminutivo, "nuvolette"-, e in ognuno di quelli si alternavano descrizioni di azioni, pensieri dei protagonisti, dialoghi dei personaggi e, nei momenti di combattimento, frasi ad effetto tra i contendenti. Il più avanti popolare Spidey era chiaramente il vincitore, e lo sarebbe stato, nonostante i suoi super problemi, negli anni a venire.
Accanto al nome di Stan Lee, ne campeggiava un altro: Steve Ditko, che si occupava dei disegni, e che era il creatore del Dottor Strange. Per me, in fondo erano solo due nomi: ma, come quasi tutti i bambini che leggevano quelle storie, erano due idoli. Spesso, i due si erano rappresentati in storie parodiche sulle loro origini; ma, appunto perché auto-canzonatorie, nascondevano molte verità. In quei tempi, in assoluta mancanza di internet, con la tv che trasmetteva solo dopo le 17 – e non fu mai mia compagna…-, si potevano immaginare tutte le possibili “facce” che avessero, sia Lee che Ditko: ovviamente, quella più logica, era che il primo fosse un brillante scrittore in giacca e cravatta, smilzo, magari somigliante a Sean Connery, che in fondo era l’unico “eroe-super” quando indossava i panni dello 007, mentre il secondo un occhialuto nerd in maniche di camicie, data la sua attività. Per Stan, che scelse il suo secondo soprannome acuendo questa ipotesi: “il sorridente”, ciò poteva essere possibile; per il secondo, invece, le cui origini e la cui vicenda nebulosa, compresa la rottura con la Marvel, avvenuta poco dopo aver illustrato una ventina di numeri e molti “speciali”, non aiutano a far luce sul personaggio, “doveva” essere proprio così.
Quando riuscii a vedere dal vivo l’Uomo, però, fui avvolto dalla delusione: un pensionato, mi dissi, con i baffi spioventi e mal vestito!
E….qui sta il mistero. Italia e Usa non sono mai andati a braccetto: ciò che accadeva di là, non avveniva in contemporanea in casa nostra! I personaggi della Marvel erano stati creati almeno un decennio prima, e quelle storie cui noi davamo un’impronta quotidiana raccontavano un mondo che non esisteva più. Il “Daily Bugle”, il giornale dove lavorava Peter Parker aveva una sua forza negli anni ’60, molto meno nel decennio successivo; il Vietnam; il femminismo; le proteste in strada e i sit-in….tutto era accaduto molto prima. Il nostro ritardo, però, fu la forza di vendita di quel prodotto: dietro la distribuzione, infatti, si ergeva l’”Editoriale Corno”, una piccolissima casa editrice fondata e diretta da Luciano Secchi, che, con il nome d’arte Max Bunker ed in coppia con il celeberrimo Magnus (alias Roberto Raviola) aveva creato “Kriminal” e “Satanik” prima, ed il gruppo “TNT – Alan Ford”, poi, anche se con tirature non eccelse, ma che avevano indovinato l’importazione dei supereroi in terra nostrana.
Nel tempo, Stan Lee, il cui nome si accoppia a quello della Marvel, data la sua fedeltà ad essa, ha progressivamente abbandonato la vena narrativa, della quale molti esprimono dubbi, per ricoprire il ruolo di “Uomo- immagine” della fortunata azienda newyorchese.
Fortunata ?
Negli anni settanta gli albi a fumetti persero progressivamente interesse: intanto, perché si faceva largo il mercato delle strisce d’autore. “Corto Maltese”, di Hugo Pratt, la scuola argentina, i francesi (preceduti dal belga Hergè) con la linea chiara (di cui Moebius - Jean Giraud - sarebbe stato il leader), impostarono un fumetto più adulto, che potesse essere fruito a vari strati dal pubblico.
Non c’era più tempo per le storie di pupazzi in calzamaglia; l’Editoriale Corno smise la distribuzione delle fanzine a marchio Marvel nel 1979, per chiudere completamente i battenti nel 1984, anno nero per cinema, fumetti e libri. La televisione del Biscione era arrivata, almeno in Italia, ad imporre nuovi modelli, consumi, tendenze. Ma questa è un’altra storia.
Il primo tentativo di portare "L'uomo ragno" al cinema, nel 1978 e poi di ripeterlo ("L'uomo ragno sfida il drago"), nel 1981, fu piuttosto indecente: il personaggio non era quello dei fumetti; i trucchi orripilanti, gli interpreti inadatti. Nel ventennio successivo, e dopo aver rischiato la bancarotta e numerose elaborazioni progettuali, però, il primo film dell'era Marvel Cinema vide finalmente la luce: era "Spiderman", di Sam Raimi.
Da allora, la storia è diventata cronaca.
In fondo, però, chi è stato davvero Stan Lee ?
Ben nota è la querelle che fu impostata da Jack Kirby (co-creatore de "I fantastici quattro", tra gli altri, e grande disegnatore iconico) e prima ancora l’attacco di Steve Ditko, sul ruolo marginale che egli avrebbe avuto nella creazione di personaggi, in molti casi limitandosi a suggerire un nome, secondo le malevoli voci dell’establishment statunitense; sicuramente, però, il suo ruolo fu fondamentale nel traghettare le pagine sul grande schermo: oggi, senza la Marvel, probabilmente ad Hollywood si produrrebbe meno del 50 per cento di ciò che vediamo.
Per tutti, quindi, resta l'immagine del capo divisione della più importante case editrice di fumetti americana, capace di detronizzare la D.C. Comics, padrona dei diritti di Superman e Batman, e di costringere il celeberrimo patron della stessa, il mitico Carmine Infantino, ad uno stroco cross-over DC-Marvel, nel 1976, Superman vs. the Amazing Spider-Man - albo peraltro ancora in mio possesso - per combattere l'emorragia di lettori, ormai passati stabilmente alla "Casa delle Idee" (come tra gli affezionati chiamano la Marvel.).
Per me, però, resta un nome, scritto sulla prima pagina del mio primo albo Marvel, pardon, editoriale Corno. Insieme a Steve Ditko.
Ironia della sorte, Ditko é morto proprio pochi mesi fa, a 90 anni, dopo essersi recluso a vita nel suo appartamento a New York.
Chissà, da quella parte, adesso, staranno entrambi litigando ancora…
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