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"Bruno, lo sai a quanto sta ormai il CPM? Dobbiamo per forza tagliare."

"Avete rotto le palle con questa pubblicità. Il sito non è più fruibile in maniera decente"



Le due frasi qui sopra mi sono state dette (una mi è invero stata scritta) nel corso di questa settimana. Il loro insieme è un paradosso paralizzante che riguarda me, voi e la rete tutta.
La prima rappresenta una sintesi di quanto mi è stato detto in un colloquio con i vertici dell'azienda: per i non addetti il CPM è il costo per mille, ovvero quanto paga un inserzionista per mille letture del suo annuncio. Un indicatore importante del valore pubblicitario.
La seconda è arrivata via mail alla posta del sito ed è solo una delle voci che ogni tanto si levano per dirci che la pubblicità sul sito dà noia. Direi che finora è anche una delle più garbate.

Rispondere a queste voci è molto difficile. In primo luogo perché chi dovrebbe rispondere si vede passare tutto sulla testa. La strategia pubblicitaria la decide l'editore, mica noi. Però, essendo pagati da quello stesso editore, viene difficile tirarsene fuori, fingere innocenza. E al tempo stesso veder scappare gli utenti non è quel che uno si augura. Senza contare che naturalmente il nostro unico metro di successo è il gradimento degli utenti stessi, non la loro vessazione. Un bel nodo: da una parte non si guadagna, dall'altra parte si ritiene di pagar troppo (anche sottostare ai banner è un tipo di pagamento).

 

Leonardo DiCaprio

The Wolf of Wall Street (2013): Leonardo DiCaprio



In sostanza questo quadro riguarda non solo FilmTV.it, ma la rete tutta per come la conosciamo. Il modello di business dei media digitali, basato sulla pubblicità, traballa da sempre: se pensiamo che la rete in Italia ha circa vent'anni (ne ha di più ovviamente, ma escludiamo i tempi del pionerismo), è almeno da dieci che sento ragionare gli osservatori sulla non sostenibilità di questo unico modello. Eppure al tempo stesso non si sa cosa succederà e come venirne fuori.
Potrei scrivere molto su questo, ma non qui e ora. Fermiamoci a quelle due frasi. La loro unione ci dice che un sito come il nostro, il cui bacino di utenza è cresciuto negli ultimi dieci anni quasi sempre a doppia cifra ogni anno e che ora è nelle mani del più grande editore italiano non offre ricavi nonostante affligga i propri utenti con tutta la pubblicità (a basso prezzo) che può, al punto da farli scappare. Poi, naturalmente, essendo un grande editore questa perdita viene contenuta, anche imponendoci dei tagli: non è che FilmTv.it finisca qui, eh. Ma uno delle domande se le deve fare. 
E allora io ne faccio una a voi, a bruciapelo. Quanto sareste disponibili a pagare ogni anno per avere il sito libero dalla pubblicità? Un bel sito silenzioso e chiaro, che vi offre i servizi attuali e magari qualcosa in più? 
Sia chiaro: nessuno sta propriamente ora pensando a questo, ma la formula a sottoscrizione sta arrivando sulla rete. I grandi siti di informazione - per esempio Repubblica.it e Corriere.it - ci stanno provando con una certa convinzione. Il primo ha messo i suoi contenuti migliori dentro a Rep e ha lasciato libero l'accesso alla cronaca, il secondo ti blocca dopo un certo (esiguo) numero di pagine viste al mese. Ma un conto è pagare un grande sito nazionale di informazione, un conto pagare un sito su film e serie tv.

E allora provate a rispondere e a ragionare con me, per davvero. Paghereste qualcosa? E quanto? E se non paghereste mai, perché? Ci vorrebbe sul piatto qualcosa in più (informazioni, servizi) perché il nostro sito potesse avere un prezzo o basterebbe semplicemente l'agognato, definitivo, meraviglioso silenzio dei banner?

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. Utente rimosso (Donganagungatula
    di Utente rimosso (Donganagungatula

    concordo un pò con tutti: pagare ci sta, ma sarebbero sempre meno le persone disposte a farlo (soprattutto pensando al fatto che per ogni sito a pagamento, ci sono almeno 10 siti aggratis che nascono). Il problema è considerare come questa degli abbonamenti stia diventando una pratica: film, giornali, serie tv, oramai pure podcast e canali youtube son "a pagamento", con questa formula del a furia di abbonarsi a questo e quello si finisce per lasciare mezzo stipendio in abbonamenti. Questo porta incredibilmente verso i grossi gruppi (non appena amazon farà un servizio musicale decente, oltre a quello per i pacchi e prime video, la massa si sposterà lì: allo stesso prezzo hai le spedizioni gratis da amazon, alcune esclusive a prezzi scontati, i film, le serie e la musica, che senso ha spendere 5 volte per avere 5 account?)
    Detto questo trovo davvero di cattivo gusto pensare ad un pagamento, anche perché immagino sapranno i vari "capoccia" del sito (non ho idea di chi siano) che quelli disposti a pagare son anche quelli che quotidianamente e gratuitamente mettono a disposizione le proprie passioni e le proprie doti, oltre al proprio tempo, per permettere a questo sito di crescere.

  3. marco bi
    di marco bi

    L'affare vero lo ha fatto chi ha venduto il sito!

  4. maghella
    di maghella

    In questo sito mi sono sempre sentita ospite di una grande casa, con usufrutto di una spaziosa camera molto comoda. Penso che quando si è ospiti di qualcuno si debbano accettare le regole della casa, quando invece si comincia a pagare un affitto si iniziano a pretendere cose che indubbiamente in una situazione come quella del sito siano impossibili da accontentare. La pubblicità (che comunque non trovo così invadente, ma più o meno nella norma della gran maggioranza dei siti di un certo livello) è necessaria per la sopravvivenza di un sito come questo, e credo che pagare per ridurla (non credo che sia veramente possibile eliminarla) sia poco utile, e che anzi allontanerebbe molti utenti che si affacciano sporadicamente per scrivere o leggere qualcosa. Filmtv.it, così come lo conosciamo ora, non è una testata giornalistica, si avvale dei contributi (gratuiti) degli utenti e di un enorme database di schede di film e foto che chiunque può consultare gratuitamente (GRATUITAMENTE), pegno unico quello di sbuffare qualche istante per delle pubblicità poco gradite… (o meno). Sinceramente non mi piace "pagare" per il silenzio, preferisco il rumore a gratis (come si dice dalle mie parti). Oltretutto per quanto mi riguarda come utente scrittrice e non solo lettrice, mentre scrivo e pubblico le pubblicità non danno alcun fastidio, quindi non vedo la necessità del "silenzio a pagamento". Se devo chiedere qualcosa al sito sarà sempre qualcosa che mi aiuti a migliorare i miei contributi, ad arricchire le schede presenti, a cercare di avere nuovi servizi...non mi sognerei di chiedergli di cambiare metodo per tenere i battenti aperti, cosa di cui non mi sento competente.

    1. pippus
      di pippus

      Esattamente maghella, le tue parole avallano quanto da me espresso poco più sopra. Preso atto della scarsa fattibilità oggettiva di avere un sito "asettico" ed immune da ogni invadenza pubblicitaria ( in molti accetteremmo, ma quanti? Probabilmente una esigua minoranza degli attuali utenti ) non rimane che accettarne la contropartita, ovvero il "ticket" che qualcuno deve pagare affinché il tutto funzioni. Non vogliamo essere noi a pagare? Bene, considerato che internet non è gratuito ( come invece in molti credono), ci sono i costi dell'software, dell'hardware e delle risorse umane! Se a livello "amatoriale" ( ad es. un blog ) posso accollarmi i primi due sacrificandomi personalmente per il terzo rinunciando allo stipendio (che dovrei pagarmi da solo:-), su altri livelli questi costi sono tutt'altro che indifferenti e sovente, come nel nostro caso, l'editore gestisce il tutto in maniera imprenditoriale dove tra i fini primari raramente è compresa la beneficenza ( al massimo possiamo sperare in una passione cinefila che lo induca a leggere qualcuna delle nostre produzioni:-).
      Se non vogliamo essere noi a metter mano al portafogli, credo proprio non ci siano alternative diverse dall'accettare il "ticket" consolandoci di poterlo pagare senza moneta!

  5. Enrique
    di Enrique

    Aggiungo solo poche considerazioni a caldo fatte senza aver letto tutti i commenti precedenti (quindi mi si perdonerà se risulto ripetitivo).
    Occorre distinguere 3 categorie di utenti:
    a) quelli prevalentemente (se non esclusivamente) fruitori (di contenuti altrui);
    b) quelli contributori e fruitori in egual misura (in quanto il valore dei propri contributi è grosso modo equiparabile al valore dei contributi altrui “consumati”);
    c) quelli prevalentemente contributori;
    Precisazione pleonastica; ovviamente la valutazione del contributo espresso deve guardare alla qualità più che alla quantità (cosa molto più facile a dirsi che a farsi).
    Ebbene, mi sembra evidente che gli utenti della categoria c) costituiscono il valore aggiunto del sito; essi sono una risorsa fondamentale, su cui il sito si regge e vanno “salvaguardati” il più possibile; fra le altre cose (ma non solo) mediante una sottoscrizione, diciamo, “premium” (adverts free) assolutamente gratuita.
    Diverso è il caso delle altre 2 categorie di utenti.
    Peraltro, poiché penso sia molto difficile distinguerle fra loro (salvo per il caso limite di coloro che non sono neanche iscritti al sito e davvero ci navigano magari occasionalmente solo per consultazione ecc.), io li tratterei alla medesima maniera, ovvero:
    in partenza, offrirei a tutti quanti l’opzione della sottoscrizione “premium” contro un determinato corrispettivo annuo, salvo però offrire al contempo la prospettiva (allettante) di uno sconto / riduzione (l’anno successivo) in funzione del tasso (e soprattutto del tipo) di utilizzo che, del sito, venga fatto nel corso dell’anno; per cui, alla conclusione del periodo, post valutazione consuntiva assolutamente individualizzata, all’utente che abbia modificato le proprie abitudini di utilizzo (con, ad es., un incremento di produzione, da misurarsi sempre in termini qualitativi) dovrà essere offerto il rinnovo della sottoscrizione “premium” a condizioni economiche più favorevoli.
    In tal modo verrà innescato un ciclo virtuoso che, non si sa mai, potrebbe addirittura portare l’utente medio a (ambire a) divenire un utente della categoria c).
    Detto ciò, urge solo più un’ultima precisazione. Le predette considerazioni sono del tutto asettiche e non tengono conto della componente psicologica. Porto il caso concreto che riguarda il sottoscritto.
    Per me attualmente la pubblicità sul sito è estremamente invadente e fastidiosa; dunque, in linea teorica, vedrei di buon occhio un sistema di eliminazione totale della stessa.
    Al contempo, però, l’idea di un sito che ne sia libero in cambio di un prezzo ha un non so che (percezione tutta personale) di ricattatorio (per quanto, a livello razionale e teorico – lo ribadisco - la logica economica di fondo mi pare chiara, comprensibile e, tutto sommato, corretta).
    Quindi l’invito è a muoversi con estrema cautela su questo terreno insidioso, perché il rischio di ottenere l’effetto inverso a quello voluto mi pare estremamente concreto.
    Un saluto a tutti.

  6. gac
    di gac

    Ma cos'è tutta questa foga contro la pubblicità, davvero non capisco, mi sembra un prezzo ragionevole per fruire di contenuti gratuiti, certo "in medio stat virtus" quindi un eccesso di pubblicità porta a ridurre l'accessibilità ai contenuti stessi, ma qua si entra nel buonsenso e non occorre farne una questione di principio.

    Per quanto riguarda il pagamento in moneta sonante mi trovo in accordo con l'intervento di "maghella" se pago passo da utente di una comunità collaborativa a cliente di un servizio quindi divento più esigente.
    In particolar modo tende ad irritarmi l'appropriazione da parte di terzi dei miei contenuti a fini commerciali e qua si ne faccio una questione di principio (e non sono il solo, vedi l'intervento di "marco bi"); ma forse sono così sensibile perché in passato sono già stato scottato in quanto mi ritengo vittima di scippo perché feci un database per un traduttore che in origine era free, poi diventò a pagamento.

    In fondo il pagamento distingue la prestazione professionale da quella amatoriale, quindi qualora fossi obbligato a pagare esigerei un servizio con contenuti di tipo asimmetrico (modello enciclopedia Treccani -che peraltro online è incredibilmente ancora gratuita-) e non di tipo partecipativo (tipo Wikipedia).

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