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Interesse privato in atti d’ufficio
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Io domattina parto per il mare, resto là sino a domenica.
Se vuoi/volete venire a favi un giro venite quando volete, 
mi fa molto piacere.



Ciao amico mio. Non commentare questo testo questa volta, anche se magari la tentazione sarà forte: resta misterioso, anonimo. Sto per fare una cosa che non si fa: usare una cosa pubblica - questa newsletter - per scrivere una lettera proprio a te, che alle volte ti sei chiesto se nelle newsletter passate c’era qualche messaggio cifrato nascosto e diretto a te. Ora c’è, senza maschera.
Del resto, io e te non siamo davvero sui social, ci siamo senza esserci, senza usarli. Con funzioni di controllo: io della pagina del sito, tu dei tuoi figlioli.
Ci fossimo stati avrei scritto lì. Avrei postato una foto, magari. 

 


Ma io non scrivo sui social: il mio social è questo, è FilmTv.it. È qui che lancio messaggi nel "vuoto", che spero pieno di gente che ragiona. Certo in genere le cose che scrivo qui non sono cose personali: ma cosa lo è davvero? E cosa no?
Prendi la politica ad esempio: le poche volte che nella newsletter abbiamo toccato argomenti politici c’è stato chi è insorto. “Ma come!” ci hanno detto. “ Qui si parla di cinema, che c’entra la politica?”. Come se il cinema - abbiamo risposto noi - non parlasse di politica di continuo. Anche le commedie lo fanno, costantemente. Finanza. Disoccupazione. Crisi. Giovani che si inventano rapine perché non hanno lavoro. E migranti, naturalmente.
Il cinema sta parlando costantemente di migranti. Lo so, anche se i film non li vedo tutti, perché li presento comunque tutti ogni giovedì, passandoli in rassegna. Non sono andato a vedere Sposami, stupido! la commedia uscita settimana scorsa con un sans papier marocchino che architetta un finto matrimonio gay per riuscire a restare in Francia. Non sono andato a vedere Sea Sorrow - anche quello uscito settimana scorsa - di Vanessa Redgrave: un documentario (dell’anno scorso, tirato fuori con tempismo) sulle migrazioni via mare.
Però sono andato a vedere un film che all’inizio mi pareva lento e poi ho trovato dolcissimo, bellissimo. Un film di Guédiguian, il regista marsigliese che da sempre parla della sua città, della sua gente, sempre con gli stessi attori. Si chiama La casa sul mare. È la storia di tre fratelli - proprio come te e i tuoi fratelli - che si incontrano nella casa di famiglia, sul mare, proprio come la tua. Solo che quella è in un calanco fuori Marsiglia. Il padre ha avuto un ictus, è rimasto imbambolato. E loro - accorsi per sistemare le cose - ripensano alla loro infanzia, alle loro relazioni, fanno scelte, cambiano.
Cosa c’entrano i migranti? C’entrano, perché a un certo punto del film, uno dei fratelli trova tre bambini nei boschi, naufragati e rimasti soli. E li porta nella casa, dove vengono accuditi, rifocillati, nascosti dalla polizia che li sta cercando e li manderebbe chissà dove. Guédiguian è un regista bravo, parco, asciutto: non tematizza nulla direttamente, la storia centrale resta quella dei tre fratelli, ma si capisce che in qualche modo quei tre bambini raccattati nel bosco sono il futuro, l’unico futuro possibile di quella famiglia borghese.
Sono stato molto bene nella tua casa sul mare, amico mio. Grazie per avermi invitato. Ma guardavo il mare spuntare tra gli alberi e pensavo al film. E pensavo che quel mare è lo stesso mare, solo un po’ più a nord, dove altri bambini naufragano. E noi non li vogliamo. 
Dice Guédiguian, nelle notte di regia, che "nonostante possa sembrare esagerato, non riesco a realizzare oggi un lungometraggio senza parlare della condizione dei rifugiati". 
Parafrasandolo dico che non posso scrivere questa newsletter senza parlare anche io di loro. Restare in silenzio mi è impossibile: interesse privato? O semmai pubblico? Non lo so. Dico solo, ora, forte, qui, che quei bambini - e le loro madri e i loro padri - sono il nostro futuro. Proprio come nel film. Da come la vedono gli italiani, manipolati da chi ha interesse ad alimentarne le paure, sembra che questa newsletter potrebbe essere la più impopolare sinora scritta. Pazienza: la mando lo stesso. Perché stare zitti non si può: e se non lo faccio adesso credo che me ne pentirei molto.
Vallo a vedere quel film, se ci riesci: ormai sarà in pochissime sale, ma chissà… magari in qualche rassegna. 
E grazie ancora. Ciao.

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