Il 6 giugno il Sicilia Queer ha definitivamente chiuso i battenti, con il solito pieno di cinema internazionale del contemporaneo.
Si comincia con Coelho Mau, un breve film dall'impostazione classica ma ricco di tensione (di vario genere, soprattutto erotica ma anche affettiva), capace di utilizzare la macchina da presa in una maniera invidiabile per molti autori contemporanei. Peccato che ci sia, fisicamente, poco materiale: il film avrebbe dovuto durare di più, poiché le atmosfere sospese rimangono troppo sospese e l'atmosfera fiabesca si interrompe troppo bruscamente lasciando lo spettatore con un pugno di mosche.
Voto: **1/2
Ab ovo di Luca Ferri è un'arida e affascinante operazione sperimentale che ci riporta all'archetipo filmico ed esistenziale del Super8 e di Adamo ed Eva. Efficace la scelta di destrutturare del tutto il ritmo, quasi in un impeto anticinematografico, per rendere conto di uno sguardo quasi divino, eppure fisico e coi piedi per terra, sempre distante dai suoi personaggi mitologici e sempre disinteressato a qualsiasi costrutto filmico normalmente inteso.
Voto: **1/2
Poco c'è da dire a proposito di Wait For Me di Juan Castaneda: un'operetta che strizza l'occhio al cinema hollywoodiano con un coup de théatre impossibile da credere efficace in un corto di 9 minuti. Regia anonima e plastica.
Voto: *1/2
Al Berto di Vicente Alves de O è un'insipida e sfiancante pellicola di ambientazione storica anni '70, che vorrebbe raccontare anni di ideali e di ribellione finiti in fumo perché troppo in anticipo sui tempi. La regia è talmente anonima da risultare detestabile, e i rari momenti genuinamente contemplativi sono demoliti dall'antipatia del personaggio protagonista e da un impianto narrativo stucchevole che ha l'alibi del pessimismo per risultare maturo e consapevole. Zero tagliato.
Voto: *1/2
E' stato dunque il momento delle premiazioni. Fatta eccezione per il lungometraggio in concorso che non si è fatto in tempo a vedere, Abu di Arshad Khan, ecco la classifica delle New Visions in ordine di personale apprezzamento:
- A discrétion di Cédric Venail (8/10)
- Les garçons sauvages di Bertrand Mandico (7/10)
- Team Hurricane di Annika Berg (7/10)
- El silencio es un cuerpo que cae di Agustina Comedi (6/10)
- Occidental di Neil Beloufa (5/10)
- Blue My Mind di Lisa Bruhlmann (4/10)
- As Boas Maneiras di Juliana Rojas e Marco Dutra (3/10)
Per i cortometraggi invece abbiamo
- Kyo-Netsu di Yuji Mitsuhashi (6/10)
- Pre-Drink di Marc-Antoine Lemire (5/10)
- Dances di Ramon Watkins (5/10)
- Rouge amoureuse di Laura Garcia (5/10)
- Slabberts di Jurg Slabbert (5/10)
- Just Past Noon on a Tuesday di Travis Mathews (4/10)
- Pedro di André Santos e Marco Leao (4/10)
- Coeurs sourds di Arnaud Khayadjanian (4/10)
- Rafael Last Time Seen di Rafael Valério (4/10)
- Dawn of the Deaf di Rob Savage (4/10)
- Namoro à distancia di Carolina Markowicz (4/10)
- Ceux qui peuvent mourir di Charlotte Cayeux (4/10)
- 1st DAY & NEXT MINUTE di Sara Koppel (4/10)
- Ha'rav di Uriya Hertz (4/10)
- For a change di Keren Nir (3/10)
- The Decision of Riley di Yue Xia (3/10)
La giuria internazionale ha premiato come miglior lungometraggio Les garçons sauvages di Bertrand Mandico, e ha conferito una menzione speciale a A discrétion di Cédric Venail; il premio per il miglior cortometraggio è andato a Just Past Noon on a Tuesday di Travis Mathews.
La giuria dei 100 Autori ha premiato Les garçons sauvages di Bertrand Mandico e ha conferito il premio al miglior cortometraggio anche qui a Just Past Noon on a Tuesday.
La giuria del Coordinamento Palermo Pride ha premiato El silencio es un cuerpo que cae di Agustina Comedi con una menzione speciale a Les garçons sauvages di Bertrand Mandico; e come miglior cortometraggio ha premiato ex aequo Dances di Ramon Watkins e Pre-Drink di Marc-Antoine Lemire, con una menzione speciale a Namoro à distancia.
Si è dunque giunti al termine della serata con la proiezione del film di chiusura, direttamente da Cannes Un couteau dans le coeur di Yann Gonzalez. Un film problematico poiché adeso alle problematiche contemporanee più urgenti (il lavoro iconografico ed estetico come viatico di pura interpretazione dell'immagine) ma che sente la necessità di dare un contrappeso contenutistico a una forma che sarebbe bastata per dare senso all'operazione. Dopo i primi 20 minuti di puro ammiccamento depalmiano e non solo, anche ai maestri Argento/Fulci/Bava del cinema nostrano anni '60 e '70, il film sembra prendere una piega molto intelligente poiché il Cinema diventa il filtro per rivedere la realtà in tutti i suoi aspetti grotteschi e tragici, come un giocattolo di puri segni, da rielaborare e riutilizzare al fine ultimo, cinico, dello spettacolo. Il discorso morale, escluso fino a quel punto, diventa però troppo pregnante quando la protagonista, interpretata da Vanessa Paradis, scopre che è sulla stessa pellicola da lei girata che si consuma la motivazione dello psicopatico serial killer, uomo mascherato quasi à la Bertrando Bonello che uccide con un coltello a serramanico col manico a forma di gigantesco dildo per rappresentare l'inevitabile binomio Eros e Thanatos. E quando il film sforna lo spiegone finale, non si capisce se sia puramente ingenuo o se abbia voluto essere coerente con il suo Cinema di riferimento anche a livello di tempi scenici e narrativi anche al costo del buon gusto. Non è andata bene in ogni caso.
Voto: **1/2
Ci si rivede l'anno prossimo!
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