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Cannes 2018 - Capitolo 1
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Il 71mo Festival di Cannes ha ieri sera aperto i battenti. Le reazioni al primo film, l'opera spagnola, di Farhadi sono state contrastanti: i nostri stessi critici hanno proposto giudizi differenti passando da giudizi mediocri ad altri più caldi. 

In questi giorni, cercheremo di seguire da vicino la rassegna proponendovi la presentazione dei film in concorso, lasciando parlare i registi stessi. Le dichiarazioni spesso aiutano a capire meglio le trame e i temi trattati dai singoli film. Troverete dunque degli estratti, spesso in anteprima esclusiva, delle note di produzione (ulteriori approfondimenti, ove possibile, sono disponibili come al solito nelle singole schede dei film). Seguiremo come ordine, quello di presentazione dei film sulla Croisette.

 

1. EVERYBODY KNOWS (Asghar Farhadi)

Diretto e sceneggiato da Asghar Farhardi, Everybody Knows racconta la storia di Laura che, in occasione del matrimonio della sorella, fa ritorno insieme ai figli nella sua città natale nel cuore di un vigneto spagnolo. Eventi inaspettati (il rapimento della figlia Irene, ndr) arrivano però a disturbare la sua permanenza e fanno riemergere un passato che per troppo tempo si è cercato di lasciare sepolto.

«Quindici anni fa sono stato nel sud della Spagna. Durante quel viaggio, un una città, ho visto diverse foto di un bambino appese sui muri. Ho chiesto chi fosse e mi è stato detto che era un bambino scomparso che la sua famiglia stava ricercando. In quell'istante, ho avuto la prima idea su una trama da scrivere e l'ho tenuta a mente per anni. Ho poi buttato giù una piccola storia e solo quattro anni fa, subito dopo le riprese di Il passato, ho cominciato a considerarla come il mio nuovo progetto da portare avanti e sviluppare, dedicandomi finalmente alla sceneggiatura. Posso dunque affermare che è nato tutto allora, da quel viaggio. Due cose, per la verità, mi hanno allora colpito particolarmente: in primo luogo, l'atmosfera e la cultura della Spagna; in secondo luogo, la vicenda del bambino, che poi mi ha dato il là». 

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2. YOMEDDINE (A.B. Shawky)

Diretto e sceneggiato da A.B. Shawky, Yomeddine racconta la storia di Beshay, un uomo che, sebbene sia guarito dalla lebbra, non ha mai lasciato la colonia di lebbrosi nel deserto egiziano in cui vive sin dall'infanzia. A seguito della morte della moglie, Beshay decide finalmente di partire alla ricerca delle proprie radici. Con le sue poche cose ammassate su un carro trainato da un asino, Beshay inizia il suo viaggio e viene presto raggiunto da Obama, il piccolo nubiano orfano preso sotto la sua ala protettiva. Insieme, i due attraverseranno l'Egitto e si confronteranno con il mondo e con i suoi dolori, disagi e momenti di grazia, andando alla ricerca di una famiglia, di un posto di cui sentirsi parte integrante e di un po' di umanità. 

«Attraverso Yomeddine, volevo raccontare la storia di un perdente, di un outsider, che etichettato come "nessuno" cresce capendo come funziona quel mondo che rifiuta di accettarlo. L'idea di Yomeddine mi è venuta in mente mentre stavo girando un breve documentario (The Colony) sulle storie dei residenti della colonia per lebbrosi di Abu Zaabal, a nord del Cairo. Mi sono reso conto che la lebbra è più un problema sociale che medico e che la deturpazione che causa ha spinto gli abitanti della colonia a vivere isolati dal resto dell'umanità. Abu Zaabal conta su circa 1500 abitanti: sono stati tutti curati e con la loro morte la malattia sarà del tutto estinta. Chi vi vive è consapevole di ciò. La comunità inoltre rappresenta una sorta di microcosmo e restituisce un'immagine lontana da quella turistica delle piramidi, del Nilo o del Cairo».

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3. SUMMER (Kirill Serebrennikov) - EXCL.

Diretto da Kirill Serebrennikov e sceneggiato dallo stesso con Mikhail Idov e Lily Idova, Summer è amnientato a Leningrado durante un'estate dei primi anni Ottanta quando i dischi di Lou Reed e David Bowie arrivano di contrabbando e la scena rock underground sta letteralmente esplodendo, nonostante la Perestroika incomba. In tale contesto, Mike e la bellissima moglie Natasha incontrano il giovane Viktor Tsoï. Insieme ai loro amici, i tre cambieranno il destino del rock'n'roll nell'Unione Sovietica.

«Il mio obiettivo era quello di fare un film su persone che sono felici, che godono di una libertà artistica totatle nonostante l'oppressione del governo. Viktor, morto tragicamente nel 1990, e Mike facevano musica e non potevano immaginare altre forme di creazione o altre attività: qualcosa di diverso per loro sarebbe stato contro natura. Riesco facilmente a identificarmi con loro, ne capisco le motivazioni e conosco gli ostacoli che si possono incontare. Io stesso, al Gogol Center, cerco di creare un teatro moderno, contro l'establishment e le regole dettate, che può sembrare un movimento. Ma ciò che conta è quanto si è vivi: respiriamo un clima di cultura inaccettabile stabilito dal potere locale, che segue le direttive culturali del governo, proprio come accadeva nella Leningrado del 1983 dove non c'era spazio e modo di dedicarsi alla cultura rock. Summer è dedicato a tutti coloro che vedono la libertà come unica scelta personale possibile. Il mio obiettivo era quello di evidenziare il vero valore di questa libertà».

Serebrennikov è attualmente agli arresti domiciliari: il provvedimento lo ha raggiunto nel 2017, rendendogli complicata la postproduzione del film. La colpa? Ha ideali e standard troppo liberali.

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4. SORRY ANGEL (Christophe Honoré)

Diretto e sceneggiato da Christophe Honoré, Sorry Angel racconta la storia di Arthur, un ventenne che nel 1990 studia a Rennes. La vita di Arthur cambia il giorno in cui incontra Jacques, uno scrittore che vive a Parigi con il figlio. Durante il corso dell'estate, Arthur e Jacques si piaceranno e si ameranno. Ma Jacques sa che il loro amore deve essere vissuto velocemente.

«Sorry Angel racconta di un primo amore, che allo stesso tempo è un ultimo amore. Racconta dell'inizio di una vita e della fine di una vita attraverso un'unica relazione sentimentale, quella del giovane provinciale Arthur e dello scrittore, prossimo alla morte, Jacques. Sorry Angel dunque combina tra loro due sentimenti agli antipodi: lo slancio e la rinuncia. Quindi, la storia d'amore non è altro che un mezzo per raccontare gli inizi della vita da adulto di Arthur e gli ultimi giorni dell'esistenza di Jacques. È possibile che senza questo amore Jacques sarebbe vissuto più a lungo, perché si è convinto che la sua malattia, l'AIDS, lo renda inadatto a questo sentimento e che non sia più in grado di viverlo. Credo che il vero argomento del film stia proprio lì, negli effetti opposti dell'amore. Potremmo definire Sorry Angel un melodramma ma non tanto su un amore impossibile quanto su una vita impossibile».

 

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5. THE IMAGE BOOK (Jean-Luc Godard) - EXCL.

Scritto e diretto da Jean-Luc Godard, The Image Book è l'oggetto più misterioso del festival. Una tagline recita: "Nient'altro che silenzio. Nient'altro che una canzone rivoluzionaria. Una storia in cinque capitoli come le cinque dita di una mano". Ancora più criptiche le parole del regista: «Ti ricordi ancora quanto tempo fa si sono formati i nostri pensieri e come? La maggior parte delle volte partiamo da un sogno. Ci stupiamo come, nel buio più totale, si formano dentro di noi colori di forte intensità. Con una voce flebile diciamo grandi cose, ci poniamo domande sorprendenti e ci preoccupiamo di argomenti profondi. Come un brutto sogno scritto durante una notte di tempesta, sotto i nostri occhi occidentali, paradisi perduti prendono piede.... la guerra è qui».

Le note di produzione, assenti, riportano l'estratto di una lettera del critico cinematografico Bernard Eisenschitz a Godard: «Caro Jean-Luc, grazie per avermi invitato a vedere il tuo film. Hai creato un percorso pittorico con varie fonti e formati... deformato, ricolorato, sgranato e ancora ricomposto. Il tutto con immagini seducenti e testi di varia natura. Nel flusso di interruzioni, si rimane colpiti tra ciò che è rappresentato e il lavoro del regista con il suo dislocamento, le sue perforazioni, le sue decomposizioni... Ciò significa riscoprire la discontinuità grazie al digitale e alle opportunità che offre: la definizione, bella ed accurata, fa da contrappunto e offre una chiave di lettura. Onde, fiamme, bombardamenti, esercito, storia e mondo si mischiano come in uno spettacolo fiammeggiante à la Dovzhenko o Vidor.

Una grande onda sinfonica. Ma non raccontata come una storia, non più come abbiamo inteso il cinema. Come ebbe a dire il primo lettore di fronte a Moby Dick: "Questo non è un libro". Il tuo non è un film come si intende oggi: è qualcos'altro. Questo non è qualcosa che ti renderà popolare: il digitale mostra tutto e non nasconde nulla. Ciò che dici è sentito e ciò rende il tutto sconvolgente. Era necessario che si ponesse l'attenzione su qualcosa che non è stato mai mostrato, su quello che per Hugo era il governo delle beste selvagge. La Storia tende a ripetersi: gli errori morali si confondono con i crimini di Stato. Ci sono criminali che esistono solo a causa della guerra: l'umanità sta distruggendo se stessa. Per anni, ovunque ci sono stati conflitti e guerre e tutti abbiamo fatto l'abitudine a ciò. Dire che il tuo film è un atto di coraggio è riduttivo ma è il pensiero che continua a tornarmi in mente. Sei sempre stato "dentro la Storia" e questo è quello a cui dovrebbe servire il cinema, prima di tutto. Questo non significa che ti stai allontanando dal cinema per fare altro, hai semplicemente cambiato priorità». 

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1. CONTINUA

 

*Si ringrazia per i materiali Memento Film International, WildBunch Film Sales, Charades, Ad Vitam Distribution.

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