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Loving memories of forties
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Quanto scrivo dovrebbe entrare nella rubrica SENTIMENTI, ma forse un posticino potrei trovarglielo qui, fra i tanti post che parlano di un po' di tutto. Volevo parlare un pochino degli Anni Quaranta, non solo di cinema, ma di tutto un decennio per tanti versi terribile e per altri straordinario.

Mi riferisco in particolare al dopoguerra, a quel periodo incredibilmente pieno di promesse, speranze, illusioni. Mi riferisco allo sbocciare di tendenze, di orientamenti artistici, culturali, sociali e politici che segnarono quegli anni e che sembravano essere l'alba di un mondo nuovo, fatto di democrazie, di solidarietà, di nuovo entusiasmo per quello che sarebbe dovuto essere un mondo veramente nuovo.

L'America, per noi italiani, incarnava la possibilità reale di diventare un Paese finalmente in grado di riscattare secoli di fame, miseria, oscurantismo,autoritarismo e affacciarci verso un possibile Eden di prosperità, libertà e pace.

 

Anche nella mia terra, accarezzata dal Po, arrivarono colonne di soldati americani. Sfilarono lungo la via principale del mio paese in due file, come si vede nei film. Raccontano le donne sopravvissute che approntarono un campo e che la domenica organizzavano balli per fraternizzare con la gioventù locale.

Restarono poco tempo e se ne andarono. Lasciarono alcuni ricordi che tanti giovani d'allora non hanno più dimenticato, come la cioccolata, la musica swing, Jimmy Dorsey, Glenn Miller, Moonlight Serenade, In the Mood e Chattanooga chu chu.

Cominciarono ad arrivare film mai visti prima e che il fascismo aveva proibito. Arrivarono soprattutto i milioni di dollari  del Piano Marshall che gli americani ci avevano promesso a condizione che le elezioni del 1948 non le vincessero i comunisti. Con i motorini di avviamento degli aerei da guerra americani dismessi, un industriale creò la VESPA che motorizzò finalmente gli italiani. 

Io sono nato in quegli anni ma non ricordo quasi nulla se non il lento cammino verso la prosperità, la crescita graduale  anche se a volte tumultuosa di un intero Paese. Tempi lontani, lo so. Tempi definitivamente tramontati, è vero. Eppure, ancora oggi, quando ascolti un pezzo di Gershwin o di Miller o quando vedi un film di quegli anni, in bianco e nero, ti viene un groppo alla gola e ti disperi per quanto abbiamo disperso, per le occasioni gettate al vento, per i tesori di valori che non abbiamo saputo cogliere. Abbiamo costruito un Paese che è un pallido simulacro di quello che i nostri padri avrebbero voluto.

Per questo motivo, quando vedo od ascolto qualche cosa di quegli anni mi assale un doppio sentimento: piacere e rimpianto. Il piacere di constatare la passione e l'entusiasmo con cui si scriveva di cinema, di letteratura o si componevano pezzi indimenticabili. Rimpianto di ritrovarci oggi con poche speranze e nessuna illusione di un futuro migliore. 

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