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Il vocabolario dei sentimenti - Ira (4)
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“Un fast food. Potrò finalmente farmi una colazione come Cristo comanda!” pensò William Foster.

La giornata era iniziata nel peggiore dei modi. Bloccato in auto dal solito stressante traffico cittadino. Un rumore continuo ed insopportabile di veicoli accesi, di clacson strombazzati ripetutamente e senza sosta illudendosi di poter sortire qualche effetto positivo, di urla starnazzanti di bimbi stanchi di stare fermi ma anche di automobilisti dannatamente incazzati dalla situazione. Un’auto vecchia, senza aria condizionata e nella quale non si poteva nemmeno abbassare il finestrino (si era rotta la manopola). L’unica decisione che a William era sembrata logica era stata abbandonare la vettura per strada e muoversi per la città a piedi.

Non l’avesse mai fatto.

L’acquisto di una lattina di coca cola in un negozietto da quattro soldi di un cinese o coreano si era trasformata in una rissa. William, enormemente infastidito dall’atteggiamento di quell’ometto insulso che doveva solo ringraziarlo per essere nel suo paese a lavorare e guadagnare, gli aveva quasi distrutto il locale.

Poi quei due messicani o ispanici del cazzo. Avevano voluto cacciarlo dal loro merdoso spiazzo, dove si stava semplicemente riposando. Aveva comunque sistemato anche loro, facendoli scappare a gambe levate, minacciandoli con una mazza da baseball.

Ora aveva proprio bisogno di rilassarsi. Il fast food era pieno, ma relativamente tranquillo. Avvicinatosi alla cassa, con gentilezza chiese alla ragazza una semplice omelette con formaggio e prosciutto. Non aveva ancora finito la prenotazione che quella ragazzina dal sorriso telecomandato lo interruppe dicendogli che a quell’ora non servivano più le colazioni. William sorprendentemente mantenne la calma. Fece chiamare dalla ragazza il direttore. Gli si presentò un uomo con la faccia da ebete e una ridicola fessura tra i denti che lo faceva sembrare ancor più deficiente. Anche Rick, questo il nome del direttore, gli confermò che nel locale si serviva colazione fino alle 11,30.

Erano le 11,33.

William posò la sua borsa nera sul balcone e ricordò a Rick che il cliente ha sempre ragione. Rick però rispose che non era nella loro politica agire in questo modo e che poteva avere solo quello che era contenuto nel menù del pranzo.

L’istinto di base di William fu di mandarli a fan culo. Ma durò un frammento di secondo.

Il suo sguardo si fece furibondo ed accesso, il tono di voce divenne improvvisamente sostenuto, l’ira di quella pesantissima mezza giornata si riacutizzò ed esplose, portandolo ad estrarre dalla borsa nera una mitragliatrice.

William volle calmare la clientela, ma alcuni spari partiti per caso contro il soffitto, incrementarono il terrore. Chiese quindi a Rick di servirgli il pranzo.

L’hamburger offertogli era ben diverso da quello allettante presentato sulle pubblicità sopra le casse: insignificante, flaccido, davvero poco invitante a vedersi. William lo mostrò al resto dei clienti del locale, come per avere complicità, ma non ottenne risposte: “Questa è la merda che ci fanno mangiare” pensò.

Ma aveva già preso troppa rabbia in quel locale, non valeva la pena insistere. Ora era meglio andarsene.

La giornata per lui sarebbe stata ancora molto lunga.

 

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