Il 6 ottobre (domani per me che scrivo) andrà in onda… ops, pardon in linea, su Netflix, Suburra, la serie. Non so come sarà, non sono qui a caldeggiarne la visione: proverò certo a dare un’occhiata, più per cultura che per reale interesse. Però la cosa una certa importanza ce l’ha, perché Suburra, la serie, tratta dal romanzo di De Cataldo come il film di Sollima di due anni fa, di cui è il prequel, è la prima serie prodotta in Italia da Netflix.
È una prassi abbastanza consolidata per Netflix quella di produrre serie (o altri contenuti) nei Paesi in cui il servizio è presente: non in tutti, è chiaro, solo nei maggiori. Noi arriviamo ultimi, ma solo perché siamo anche tra gli ultimi dove Netflix è arrivato, due anni fa
Anche non avendo ancora visto Suburra, la serie, è ben chiaro di cosa si tratterà: come il film e il romanzo che la precedono, al centro della vicenda - che poi ovviamente darà molto più spazio ai personaggi di quanto non potesse/volesse fare il film - lo sfondo è quello dell’intreccio malato e perverso di criminalità, politica e finanza nella Capitale. Nihil sub sole novum, direte voi. Ed è proprio così: non solo per la cronaca. Il cinema italiano si è affezionato a questo tipo di narrazione: Romanzo Criminale prima (romanzo, film e serie), poi Gomorra (romanzo, film e serie). Mettiamoci anche 1992 e 1993 (1994 deve ancora arrivare), le due stagioni della serie che racconta i fatti da Tangentopoli in poi: non siamo lontani. Ma anche altri hanno abbracciato il filone (che mescola Scorsese e il poliziottesco anni ’70 con tocchi pulp alla Tarantino e pennellate di polar): penso all’ultimo Faenza, ad esempio, La verità sta in cielo. Al film di Placido su Vallanzasca (altri anni, stessa mano). O al recente Il contagio. E anche - ma qui il discorso è più complesso e sfumato - a opere come Non essere cattivo o Anime nere.
Insomma, la delinquenza e il malaffare vanno forte da noi, nella realtà e al cinema. E Netflix - che sa bene quanto ad esempio Gomorra (la serie) sia piaciuta in tutto il mondo - ha scelto di salire sul carro dei vincitori per la sua prima serie italiana. È il marketing che domina, non si sbaglia.
Per curiosità allora ho provato a ripassare di cosa parlino le altre serie prodotte in lingua straniera (cioè non in inglese) da Netflix. Avete presente le barzellette dove ci sono un inglese, un francese, un italiano, ecc.? Be’ gli stereotipi non sono assenti nemmeno qui: in Gran Bretagna, ovviamente, abbiamo The Crown (serie biografica e storica sulla Royal Family); in Brasile 3% (distopia su una sorta di “talent show” estremo che permette a pochi eletti del popolo delle favelas di passare all’esegua minoranza dei privilegiati), in Francia Marseiile (intrighi di potere à la House of Cards in salsa marsigliese); In Giappone si sprecano le serie sul cibo e i cuochi (Samurai Gourmet, MIdnight Diners); in Messico ecco Ingovernabile (ancora sul potere, ma più orientato al pueblo, in piana tradizione sudamericana). Esce un po’ dal coro Le ragazze del centralino, la serie prodotta in Spagna, ambientata negli anni ’30 e centrata sulla questione dell’emancipazione femminile. Forse è la necessaria reazione al machismo che in Spagna non arretra (vedi alla voce Rajoy).
Gli stereotipi non mentono. Ma vedono il mondo da lontano. E non colgono le differenze. Ovviamente chi vuol aver successo, degli stereotipi un po’ si nutre. Tuttavia - pur capendo la necessità e anche un po’ la verità di tutto ciò - qualcosa in me si ribella. Sarà che non vivo a Roma, che qui il malaffare veste bene, che faccio fatica a elidere le consonanti, che nella periferia in cui vivo si parla ormai più lo spagnolo (stile Narcos eh, mica madrileno) che l’italiano, ma se dovessi raccontare con una serie - una sola - l’Italia oggi e ora, non avrei scelto di calcare ancora sul quel tasto e su quel registro. Forse perché mi ha anche un po’ stufato questo cliché.
Il soggetto di una serie in mente io ce l’ho, e non ve lo dico. Però chiedo se a voi sta bene così, se sentite che questa rappresentazione sia corretta e coerente, se avete una fanta-proposta da fare e suggerire a Netflix. Questa ormai è andata, ma la prossima, chissà…
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